NUORO | Museo MAN | 13 settembre – 3 novembre 2013
Intervista ad ALESSANDRO BIGGIO di Ilaria Bignotti
La relazione tra ideatore e esecutore è un tema ricorrente e dibattuto nella storia dell’arte, non solo contemporanea. Affascinante dunque il progetto Braccia di Alessandro Biggio (1974) che ha coinvolto sei artisti internazionali – Alexandra Bircken (Colonia, Germania 1967), Michael Höpfner (Krems, Austria 1972), Luca Francesconi (Mantova, Italia 1979), J. Parker Valentine (Austin, Usa 1980), Ian Pedigo (Anchorage, Usa 1973) e Luca Trevisani (Verona, Italia 1979). A ciascuno di loro è stato chiesto di elaborare un progetto per la realizzazione di un’opera inedita a partire da alcune informazioni generali, diverse di volta in volta, e dallo scambio che ne è conseguito. Una volta definito il progetto, Biggio si è fatto carico della sua realizzazione tenendo fede alle indicazioni ricevute. Tutti i lavori sono stati realizzati in Sardegna, dove Biggio, originario di Cagliari, risiede, lontano dai loro autori intellettuali.
Da qui il titolo dell’esposizione: Biggio è stato “il braccio”, anzi, le braccia, di opere realizzate idealmente da altri.
Un progetto che suscita diverse domande, apre un dibattito ampio, e solletica più di una curiosità.
Come è avvenuta la scelta degli artisti da te coinvolti per questo progetto?
Sono artisti che da tempo osservo da lontano, artisti che ho cercato e incontrato nei miei viaggi altri che non ho mai incontrato. Artisti di cui ricordo un’opera in particolare che avrei voluto pensare o “fare” o a cui mi sono avvicinato nella mia ricerca, senza saperlo, scoprendo la vicinanza e la somiglianza a posteriori.
Hai creato le opere ideate dagli altri artisti “a distanza”, realizzandole nel tuo studio in Sardegna: quali sono state le principali re-azioni scaturite da questa tua scelta negli artisti coinvolti, quali i confronti più pregnanti da ricordare?
Le reazioni a questa condizione del progetto, la distanza, sono state molto diverse: curiosità, frustrazione, entusiasmo, ma alla base di tutte c’è stata la volontà di sperimentare una strada diversa per arrivare all’ideazione e alla realizzazione del lavoro. La distanza è diventata un’opportunità e non un limite.
Davvero non riesco a trovare un confronto più pregnante di altri. Con tutti è stato estremamente diverso, intenso, difficile, bello per ragioni molto diverse.
Hai scelto di sviluppare le opere restando in Sardegna e con questa scelta hai affrontato il tema della insularità e della relazione. Quali le influenze di questa scelta geo-culturale sulle opere create?
Il fatto che durante il progetto la distanza separasse gli artisti che vivono in diverse parti d’Italia e del mondo da un’isola, una terra ricca di suggestioni come la Sardegna, ha avuto un significato particolare.
All’insularità e all’isolamento è possibile dare un senso che permette di superare i limiti evidenti che da queste condizioni derivano. Il fatto che Braccia avesse qui il suo centro ha avuto un peso notevole sulla maggior parte dei processi di elaborazione dei progetti.
In alcuni lavori la relazione con la Sardegna è più evidente ed esplicita per la scelta di alcuni materiali: l’ossidiana di Pau nel lavoro realizzato con Luca Francesconi; o per altri fattori: il lavoro con Alexandra Bircken realizzato grazie agli strumenti e alla guida di un bravissimo artigiano di Sedilo.
In altri lavori non c’è alcun riferimento evidente o esplicito alla Sardegna eppure anche quelli in qualche modo ne sono stati influenzati.
I temi sviluppati sono quelli dei materiali locali (Luca Francesconi), del confine e della durata dell’opera (Luca Trevisani) della distanza e del percorso (Michael Höpfner), delle relazioni tra corpo e architettura attraverso l’arte (Ian Pedigo) e ancora, della corporeità tra umano, trascendente e animale (J. Parker Valentine, Alexandra Bircken). E cosa e quanto è invece stato trasferito in questi lavori della tua ricerca e del tuo linguaggio?
Non è semplice dire quanto di mio sia presente in questi lavori. Braccia ha implicato una scelta radicale da parte mia, quella di mettere da parte, per la durata del progetto, la mia ricerca e di mettermi al servizio della ricerca di qualcun altro, nella convinzione che anche in questo vi fosse un potenziale espressivo. E così è. In alcuni casi la mia presenza è più evidente perché l’autore del progetto mi ha lasciato un maggiore margine di scelta (nella scelta di un materiale, nella disposizione di alcuni elementi, etc) altre volte è stato più difficile capire quale potesse essere il mio spazio nell’opera; magari si trovava in piccoli dettagli o in quelle che a prima vista potrebbero sembrare imperfezioni o difetti se fatti da un artigiano o da un tecnico.
É possibile, anche, intravvedere in questo tuo progetto una certa vis polemica nei confronti del mercato dell’arte e del tema dell’autorialità artistica?
Il tema dell’autorialità e alcuni aspetti legati al mercato sono determinanti in questo progetto. Quanto e in che modo mente e braccia interagiscano e in che misura separare i due momenti generativi dell’opera possa influire sulla paternità dell’opera stessa è un elemento chiave di Braccia. Il fatto che si sia scelto di ricondurre la paternità delle opere a entrambi i soggetti, autore intellettuale e autore materiale, è dato dalla convinzione che in entrambi i momenti vi sia o vi possa essere una componente creativa.
Non c’è però un’intenzione polemica in questa riflessione così come nel fatto che le opere prodotte debbano essere inalienabili.
Braccia #1
progetto di Alessandro Biggio con Alexandra Bircken, Michael Höpfner, Luca Francesconi, J.Parker Valentine, Ian Pedigo e Luca Trevisani
13 settembre – 3 novembre 2013
MAN Museo d’Arte provincia di Nuoro
via Sebastiano Satta 27, Nuoro
Orari: tutti i giorni 10.00-13.00 e 15.00-19.00, chiuso il lunedì chiuso
Ingresso intero Euro 3,00; ridotto dai 18 ai 25 anni Euro 2,00; gratuito under 18, over 60 e ultime domeniche del mese
Info: +39 0784 252110
www.museoman.it