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Intervista a MATTEO NOVARESE di Leonardo Regano

Giovane e con le idee molto chiare: parliamo del nuovo ospite di CloseUp, Matteo Novarese, tra i collezionisti italiani under 40 più interessanti e riconosciuti anche sulla scena internazionale. A dirlo è proprio Larry’s List, voce autorevole nel settore, che ha da poco pubblicato la sua “Next Gen Art Collectors 2021”, elenco delle nuove leve del collezionismo mondiale. Tra questi nomi, pochissimi gli italiani menzionati. Assieme a Matteo Novarese, troviamo Edoardo Monti, Eugenio Sandretto Re Rebaudengo, Sveva e Francesco Taurisano (leggi l’intervista qui), Lorenzo Perini Natali e Bruno Bolfo. Ma come nasce una collezione così importante in così poco tempo? Dai primi interessi per la Street Art fino al recente progetto espositivo Sof:Art, Matteo Novarese ci racconta la sua ricerca e la sua instancabile curiosità per le nuove proposte del mercato dell’arte.

In pochi anni hai costruito una collezione decisamente ricca e articolata, in cui alterni l’interesse per giovani artisti e mid-career, prevalentemente europei e statunitensi. Ma com’è nata questa tua passione per l’arte?
Ammetto che ho sempre avuto una certa inclinazione al riguardo, per l’arte e per il disegno in particolare che ho praticato fin da piccolo. Poi all’università ho seguito le scelte più in linea con l’attività della mia famiglia e ho studiato Economia e Marketing. Ma intanto mi guardavo attorno. Vivendo a Bologna ero letteralmente immerso nella grande stagione della street art degli anni Novanta e Duemila e tornando a casa cercavo di replicare le tag che vedevo in giro. Tra tutti i miei punti di riferimento c’erano senza dubbio Cuoghi & Corsello e Blu. Viaggiando poi, ho avuto modo di approfondire questa mia ricerca e mi sono convinto anche a comprare la mia prima opera, un lavoro dello street artist francese C215 acquistata in una galleria a Parigi.

Questa prima opera è ancora presente nella tua collezione?
Assolutamente sì.

Oggi però nella tua collezione di street art se ne trova poca. Come è avvenuto questo passaggio di gusto verso nuove forme espressive?
Ho continuato a seguire e collezionare opere di street art per quasi cinque anni. Ero spesso a Londra e a Parigi in cerca di novità. Ad un certo punto, però, ho avvertito una certa stagnazione nelle ricerche degli artisti che seguivo, mi sembravano quasi incapaci di quel rinnovamento profondo che invece osservavo in altri media. Ed in quel momento ho iniziato ad approfondire la mia conoscenza del mercato dell’arte in generale e a frequentare con regolarità alcune gallerie. Fondamentale per me è stato l’incontro con David Kordansky. Nella sua galleria ho letteralmente allargato i miei orizzonti. Il primo grande interesse è stato per Jonas Wood che ha portato la mia attenzione anche verso questa nuova generazione di artisti, esponenti di quella che è stata definita ultra contemporary art. Era il 2017.

Sayre Gomez, Olympic Donuts, 2021 Courtesy François Ghebaly. Photo credit Irene Michelini

Con Jonas Wood possiamo dire quindi che inizia il tuo nuovo interesse per l’arte contemporanea e per la pittura in particolare?
Sì, hai detto bene, la pittura è senza dubbio il medium che sento più vicino a me anche se non è l’unico che seguo.

Dal 2017 ad oggi, hai maturato un’esperienza nel collezionismo riconosciuta anche a livello internazionale, confermata anche dalla tua presenza nell’elenco stilato quest’anno da Larry’s List. La domanda, quindi, viene da sé: quali pensi possano essere le strategie giuste per approcciarsi a questa ricerca?
I primi tempi, lavorando molto nell’azienda di famiglia, la maggior parte delle mie pause in ufficio le trascorrevo a guardare i siti delle gallerie e a studiare l’andamento del mercato. Però una ricerca seria non può essere solo un atto fugace e solitario. C’è bisogno di dedicare del tempo e di avere una guida e un confronto nelle proprie scelte. In altre parole, c’è bisogno di instaurare un dialogo con un gallerista – figura preziosa e irrinunciabile per il mondo dell’arte – che si costruisce partendo da una ricerca che sia affine al proprio gusto personale.
Nel mio caso l’incontro con David Kordansky, di cui già ti dicevo, è stato fondamentale.  E questo mi ha portato a confrontarmi sin dagli inizi con nomi importanti e artisti mid-career. Il mio interesse per le nuove generazioni si è formato seguendo le proposte di gallerie quali T293, Luce Gallery e poi ancora Annarumma e Massimo De Carlo. Altre due realtà di Los Angeles, come Kordansky, con cui sono in contatto sono M+B e François Ghebaly. Loro oggi mi tengono costantemente aggiornato sulle nuove proposte e sugli artisti che ho collezionato così che posso dedicarmi a delle ricerche più mirate.

Matteo Novarese e Marco Scarpi in comversazione. Sullo sfondo: Marco Scarpi, Overcome 2021 Courtesy F2T gallery and Spazio Amanita. Photo credit Irene Michelini

Quali artisti consigli di seguire?
Chi seguire oggi? Una domanda facile (sorride, nda). Per me sono molto valide le ricerche di Ludovic Nkoth ed Elizabeth Glaessner. Un altro artista che seguo – e che non ho ancora in collezione però – è Lenz Geerk.

Nessun artista italiano?
La scena italiana sta iniziando a catturare il mio interesse ma non per forza con la pittura. Penso a Giulia Cenci e Arcangelo Sassolino, in particolare. Arcangelo con questo suo immaginario che lega tecnologia, meccanica e numeri mi riconnette alle mie origini, alle mie esperienze nell’azienda di famiglia che opera proprio nel settore della meccanica. Seguo poi con interesse anche Alessandro Fogo, Siro Cugusi e Marco Scarpi, e qui ci riconnettiamo con la pittura. Di recente ho anche comprato un lavoro di Patrizio Di Massimo.

Matteo Novarese e Irene Michelini. In primo piano: David Altmejd, Enter, 2020 Courtesy Sof:Art and David Kordansky. Sullo fondo: Anna Park, This Is America, 2020 Courtesy Sof:Art and T293 gallery; Jamian Juliano Villani, Samantha #2, 2019 Courtesy Sof:Art and Massimo De Carlo gallery Photo credit Salvo Lucchese

In pieno lockdown sei andato controcorrente e hai scelto di aprire nel cuore di Bologna, nella centralissima Corte Isolani, un tuo spazio espositivo, Sof:Art. Che cosa ha mosso questa tua scelta?
Sof:Art è uno spazio che non ha fini commerciali che ho aperto per condividere con un pubblico ampio la mia passione collezionistica e dove con regolarità espongo opere sia della mia collezione che di progetti condivisi con altre realtà, come l’ultimo in cui ho presentato per la prima volta in Europa il duo di artisti newyorkesi 502 Bad Gateway in collaborazione con la galleria T293.
Il nome scelto, Sof:Art, è legato a quello di mia figlia Sofia. Con lei e con mia moglie Irene condivido la mia passione per l’arte. E non potrei fare altrimenti, dato che a casa non abbiamo più un muro bianco! Ci troviamo spesso a discutere tra noi di opere e artisti, a volte siamo in sintonia altre invece ci troviamo su posizioni diverse.

502 Bad Gateway, The Long Story, installation view, Sof:Art

502 Bad Getaway, The Long Story, 2021 Courtesy Sof:Art and T293 gallery
Photo credit Irene Michelini

Art Basel, MiArt, Frieze, Fiac, Artissima, Art Basel Miami: quali sono le tue impressioni su questa ripartenza?
In generale penso che abbia vinto l’ottimismo, con una grande partecipazione in termini di pubblico anche se più in Europa che in Italia. Sono stato quest’anno per la prima volta a Basel, ma se dovessi scegliere la fiera in cui si è colta di più questa voglia di ripartire è Parigi, dove ho visto un’affluenza incredibile di pubblico, soprattutto internazionale.

Sullo sfondo: Kohshin Finley, Woman in Scarf, 2021; Delfin, Two Sides of the Same Coin, 2021. 
Immagine dalla mostra “Shattered Glass” da Jeffrey Deitch, Miami, a cura di Melahn Frierson & AJ Girard (featured in the pic)

Basel Miami Beach è stata la consacrazione che stavo aspettando da anni. L’energia che si respirava a Miami era tangibile: devo ammettere che è stata per il momento l’esperienza più bella che ho fatto. Innumerevoli gli appuntamenti, quasi impossibile vedere tutto… Tra gli show e fiere che ho più gradito “Shattered Glasses” da Jeffrey Deitch, curato dal mio amico Antoine J. Girard (da tenere d’occhio Bernadette Despujols), gli show museali impressionanti all’ICA Miami e Rubell Museum, e dulcis in fundo la fiera NADA, dove mi sono sentito come un bambino al parco giochi: molte realtà che non conoscevo che hanno portato artisti che hanno catturato immediatamente la mia attenzione, e che ho di conseguenza acquistato, come Rob Ober da Shrine, Hannah Whitaker da Marinaro, Kiyan Williams da Lyles and King e per finire una simpatica scultura di Narumi Nekpenekpen dagli amici di Soft opening.

CloseUp è un appuntamento mensile con il collezionismo, a cura di Leonardo Regano, realizzato in collaborazione con Art Defender.

Leggi gli altri episodi di #CloseUpwww.espoarte.net/tag/closeup/

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