Intervista ad ANTONIO MENON di Leonardo Regano
È il grande amore per la pittura ad animare il collezionismo di Antonio Menon, ospite del nuovo appuntamento di CloseUp. Un coinvolgimento, il suo, che negli anni si è fatto sempre più intenso fino alla decisione di dare vita al progetto THE BANKETS, ovvero una Fondazione in un vecchio edificio bancario che, a Bassano del Grappa, oggi ospita oltre mille dipinti scelti come base per il costituendo Museo della Pittura Contemporanea. L’obiettivo di Menon è di istituire un centro di ricerca e formazione specialistica che avvicini la giovane arte italiana a un pubblico sempre più vasto e di natura internazionale. Sono circa 180 gli artisti presenti in collezione, tra le voci più significative della pluralità delle ricerche pittoriche dagli anni Ottanta a oggi in Italia. Tra questi ci sono Giovanni Frangi, Luca Pignatelli, Guglielmo Castelli, Andrea Martinelli, Nicola Verlato, Ettore Frani, Marco Petrus, Andrea Mastrovito, Alessandro Papetti, Giovanni Iudice, Agostino Arrivabene, Sergio Padovani, Giovanni Gasparro, Federico Guida, Ariel Cabrera Montejo, Santiago Ydanez, Alfio Giurato, Chiara Sorgato, Romina Bassu, Greta Frau, Nicola Caredda, Federico Lombardo, Cristiano Tassinari, Enrico Robusti, Daniele Galliano, Maurizio Bottoni e Marco Fantini.
La pittura oggi vive un rinnovato interesse collezionistico: quale rapporto intercorre tra le sue scelte e il mercato attuale?
Fin dagli inizi, il mio approccio all’arte non è stato mediato da scelte di mercato o di investimento. Il mio collezionismo nasce da un’esigenza che è quella di avere un rapporto diretto con l’opera d’arte che ho trovato nello specifico nella pittura figurativa, che è l’oggetto della mia ricerca.
Qual è stata la prima opera e/o l’artista che hanno dato avvio a questa passione?
Ho sempre paragonato il mio primo acquisto all’oltrepassare una linea rossa, oltre la quale non si torna più indietro. È stato un evento molto importante perché, in un certo senso, mi ha cambiato. Non ho comprato la mia prima opera in una galleria ma in una mostra allestita in un locale qui a Bassano. Si tratta di due opere molto intense che raccontano della guerra nei Balcani. Da quel momento ho iniziato ad avere i primi rapporti diretti con gli artisti e questo mi ha letteralmente aperto un mondo nuovo. Frequentando le prime fiere d’arte contemporanea mi sono accorto di come la pittura figurativa italiana venisse quasi tenuta in disparte rispetto ad altre forme espressive, considerata quasi come una scelta di second’ordine. Mi sono fidato del mio gusto, facendo esattamente l’opposto di quello che consiglio di fare ai miei clienti normalmente: non mi sono focalizzato su un progetto concreto di accumulo e di investimento ma ho puntato tutto su un bisogno che definirei quasi “spirituale” e utopico che ha al centro la pittura e il valore “salvifico”. Nessuna speculazione, ma la mia idea è quella di consolidare oggi un progetto solido di collezione che si fonda sul rapporto diretto con l’artista. Ho dato avvio a un vero e proprio osservatorio sulla nuova figurazione italiana.
Quando prende corpo l’idea di costituire la collezione come una Fondazione?
Qualche anno fa, sono stato invitato da Cesare Biasini Selvaggi a partecipare ad un talk, durante una fiera a Milano, per parlare di collezionismo. In quella occasione mi sono reso conto di quanto differente fosse il mio approccio rispetto a quello degli altri collezionisti invitati. Parlavamo lingue diverse, perché, ammetto, non ho mai ragionato in termini di investimenti e di mercato. Non credo che questa scelta di investire in arte sia una visione scorretta rispetto alla mia, anzi, le scelte economiche sono fondamentali perché mantengono vivo il sistema dell’arte.
Non ha quindi mai comprato un’opera solo per investimento?
No, non è mai stato quello l’impulso iniziale del mio collezionismo. Quando compro un’opera, il mio obiettivo è di collezionare artisti che siano testimoni del proprio tempo storico, oltre il valore meramente economico.
Frequenta abitualmente fiere d’arte contemporanea?
Sì, quelle più in linea con la mia ricerca, che sono senza dubbio ArtVerona e Arte Fiera. A Bologna, nell’ultima edizione, ho trovato una parte dedicata al Contemporaneo molto ridotta. Tra i padiglioni si percepiva una mancanza di ricerca da parte di alcune gallerie che rendeva l’offerta più monotona rispetto alla sezione dedicata al Moderno.
Ha mai comprato un’opera in asta?
Sì, e l’ho fatto con una precisa volontà di protezione nei confronti degli artisti che seguo e che vedevo passare in asta sottostimati e senza alcun rispetto del loro lavoro.
Nel 2019, con il progetto The Bank inizia ufficialmente un preciso percorso di condivisione della Collezione con il pubblico, che trova una sede nei locali di una ex filiale della Banca Commerciale Italiana, a Bassano del Grappa; e nell’agosto del 2023 è istituita la Fondazione. Qual è la più grande responsabilità che sente di avere oggi come collezionista in funzione di questa scelta?
La prima responsabilità che sento di avere riguarda proprio la qualità delle opere condivise con il pubblico. Ho imparato negli anni a conoscere la pittura e il suo linguaggio, avendo avuto una formazione diversa. L’aver voluto focalizzarsi su un preciso genere, qual è il figurativo – tra i più “bistrattati” in questi anni – rende l’attività di valorizzazione e promozione della Fondazione ancora più necessaria. Sento il bisogno di dare un aiuto concreto agli artisti, non solo dal punto di vista economico. Oltre il dato qualitativo, inoltre, ho una volontà precisa di documentare anche quantitativamente il nostro momento storico, partendo dagli anni Ottanta e arrivando fino a oggi. Per questo motivo, collezionare diventa per me anche un sacrificio che richiede fondi anche oltre la mia disponibilità. Ma le mie intenzioni non sono mosse solo dal senso di responsabilità nei confronti del pubblico e del sistema dell’arte. Ammetto che questo luogo è per me molto intimo, per certi versi, lo considero privato. Qui, appena posso, trovo rifugio dal caos del quotidiano.
Trovarsi in provincia, è un aiuto o un limite per questa scelta di condivisione?
Rispondo in maniera molto, molto semplice. Non è stata una scelta voluta. Qualche anno fa cercavo uno spazio dove poter conservare le mie opere, ormai tante. Il caso ha voluto che a poco più di 50 metri dal mio studio ho trovato una vecchia filiale di banca libera, perfetta per quello che avevo in mente. Essere in provincia presenta tante difficoltà, è evidente, ma ha anche aspetti positivi come il rapporto diretto con chi visita questo luogo. ll prossimo obiettivo è quello di continuare sempre di più ad aprire la collezione con una serie di eventi itineranti, quindi non per forza qui a Bassano, ma in giro per l’Italia e non solo. Per esempio, il 5 maggio si è conclusa a Modena, al Complesso di San Paolo, la mostra personale di Sergio Padovani, a cura di Cesare Biasini Selvaggi con Francesca Baboni e Stefano Taddei, evento promosso dalla Fondazione The Bank che poi abbiamo portato a Parigi. Attualmente ho in collezione 180 artisti ma continuo a guardare oltre, a fare scouting. Mi sto sempre più interessando al confronto con la giovane creatività presente nelle Accademie di Belle Arti, per esempio in quella di Venezia dove con Paolo Zanatta, conservatore della Collezione, stiamo seguendo il lavoro di alcuni giovani artisti.
È in fase di costituzione il Museo della Pittura Contemporanea, quale sarà la sua mission?
La costituzione del Museo della Pittura Contemporanea è uno dei progetti dichiarati della Fondazione, per la cui realizzazione cercheremo di coinvolgere le Istituzioni locali, a partire dal Comune di Bassano del Grappa. La volontà è di dar vita ad un luogo che possa essere testimonianza del movimento pittorico italiano contemporaneo, che sia quindi un contenitore culturale ma anche scientifico, in continua evoluzione così come è la pittura in Italia.
Anche in riferimento alle attività del Museo della Pittura Contemporanea, come si rapporta l’esperienza di The Bank con le istituzioni pubbliche presenti sul territorio?
Noi abbiamo fin da subito cercato un dialogo, che c’è stato anche per molto tempo, per esempio, con i Musei Civici di Bassano, con il quale stiamo riattivando la collaborazione. In generale, con le Istituzioni pubbliche il problema più evidente che abbiamo riscontrato è nella continuità dei rapporti, che dipendono molto dai singoli direttori. Non si può nascondere una certa diffidenza che alcune istituzioni pubbliche mostrano nei riguardi delle realtà private che vengono spesso viste come opportuniste in cerca di legittimazione. In realtà sono molti i casi in cui il mecenatismo privato è essenziale per la sopravvivenza degli enti pubblici.
Un artista (o più) da seguire oggi e perché?
Ho sempre dichiarato il mio immenso amore per l’opera di Sergio Padovani, artista che reputo una delle massime figure del contemporaneo italiano e che ho la fortuna di conoscere personalmente, così come tanti altri artisti che sono nella mia collezione.
Quale consiglio si potrebbe dare a un giovane che inizia oggi il suo percorso collezionistico?
Gli consiglierei di acquistare il primo quadro ascoltando il cuore, così che il primo acquisto diventi un vero e proprio imprinting nel suo percorso da collezionista. Fatto il primo acquisto, gli consiglierei di visitare le fiere, le gallerie, di sentire ciò che i galleristi hanno da dire, di seguire i social per immergersi nelle mille opere che vengono pubblicate quotidianamente, di cercare il contatto diretto con gli artisti, frequentando i loro studi ed ascoltare cosa vuol dire per loro dipingere, di apprendere la pittura con occhi propri, di sentire il parere di tutti ma ascoltare solo se stessi, possibilmente la parte più irrazionale ed emotiva, senza aver paura di sbagliare perché normalmente se acquisti per e con passione è il quadro che ti sceglie, non viceversa.
CloseUp è un appuntamento mensile con il collezionismo, a cura di Leonardo Regano.
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