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JOHAN & LEVI EDITORE

Intervista a CLAUDIA LOSI di Ilaria Bignotti

Esce per le stampe di Johan & Levi il libro di Claudia Losi, THE WHALE THEORY. Un immaginario animale, un progetto editoriale che racconta e riflette su un tema da molti anni al centro della ricerca artistica di Claudia Losi, la balena: il più imponente e misterioso tra i mammiferi, collettore di narrazioni grandiose e geografie lontane, di antichi miti e cronache del presente.
Questo libro d’artista è una calamita di strane e segrete meraviglie, ma è anche una bussola che accompagna il lettore in un viaggio poetico attraverso un ricco apparato di illustrazioni, fotografie e testi firmati da studiosi di performance artistica e scienze naturali, antropologia, zoologia, ecologia: parole e visioni che hanno nutrito il mistero della balena tanto nell’immaginario privato dell’artista quanto in quello collettivo. Ne abbiamo parlato con Claudia Losi.

Balena montata in occasione di “Balena Project e altre storie”, a cura di Gabi Scardi, piazza Garibaldi, Lerici (SP), 2004

Eccoci Claudia a parlare del Libro della tua Balena. Una storia fatta di memorie e di visioni che è diventata un viaggio di una forma e che ha dato vita, negli anni, ad altre forme ancora. Qualcosa che si è generato e che si rigenera e che oggi è finito in un libro dove hai voluto chiamare tantissime voci per potergli dare nuova forma. Ma per prima cosa ti chiedo: è la “tua” balena o la balena di tutti?
Ho trovato la mia forma “balena”, la mia personale, attraverso la quale mettermi alla prova. Ho attinto a un archetipo animale che molti, in luoghi diversi del mondo, con modalità molto distanti talvolta, ospitavano. Perché questi archetipi ci abitano, sono parte di noi come narrazione e ancora più in profondità, come materia vivente, DNA condiviso di un tempo fossile. Ho intrapreso un viaggio, reale e immaginario, verso un arcipelago dai contorni molto vaghi, la cui rotta si definiva giorno dopo giorno attraverso incontri con uomini e donne che si facevano coinvolgere, luoghi da esplorare. La sorpresa è stata quella di scoprire che questo viaggio esisteva solo nella condivisione con altri, nel chiedere ad altri di essere parte, in vari modi, in tempi diversi, della costruzione di questo “racconto-balena” condiviso. Ho lanciato la prima parola a cui di volta in volta se ne sono aggiunte altre: parole dette dai tanti che hanno voluto navigare con me in questo arcipelago. Mi piace pensare a una macro-narrazione a cui ho dato l’abbrivio e per cui ho impostato una grammatica, le cui parole, le frasi e i pensieri sono stati condivisi con altri.

8. 10 a.m., foto della performance di ventiquattr’ore “Les Funérailles de la Baleine” scattate da Dario Lasagni, una per ogni ora. Fondo Bruno, Cossila San Giovanni (Biella), 2010

Hai portato, come una cantastorie, la tua balena nelle piazze, nei musei, tra le persone. Un viaggio performativo di incontri e attese, relazioni e dialoghi. Una messa in scena dell’immaginario: nel libro non ci sono riferimenti alla storia dell’arte ma a me non può non venire in mente, anche per assonanza nominale, il progetto dello Zoo di Pistoletto, teatro di strada che lavorava sull’immaginario popolare e collettivo alla fine degli anni Sessanta; l’artista stesso alla fine del novembre 1967 sulle pagine di una rivista teatrale descriveva il suo progetto quale risposta alle gabbie nelle quali la “cosiddetta civiltà” ha relegato gli uomini: “i meno pericolosi, più docili e sottomessi li ha messi in grandi recinti comuni: le fabbriche, le case popolari, gli stadi sportivi […] Gli artisti sono isolati nelle Biennali di Venezia, nei teatri, nei musei e nelle manifestazioni organizzate […] sappiamo di essere Lo Zoo. Noi non lavoriamo più per gli spettatori, siamo noi stessi attori e spettatori, fabbricanti e consumatori. Tra noi che si riesce a lavorare insieme c’è un rapporto diretto, chiaro, percettivo e istantaneo […] quello che voi credete di capire sarà solo la corteccia, l’involucro, ma non saprete mai cosa è successo finché non sarete attori e spettatori al di qua delle sbarre” . Ecco, mi chiedo, se c’è qualcosa di politico in questo tuo progetto.
Interessante parallelo quello che mi proponi. Anni ed esperienze molto diverse e di cui sento l’eco, ma alle quali non ho pensato in riferimento al mio progetto. Il termine politico è qualcosa che prende la forma delle mani che lo trattengono, lo offrono o lo lanciano. Sicuramente Balena Project ha trattenuto tra le sue pieghe una valenza fortemente politica ma non dichiarata palesemente, poiché una delle sue prerogative è stata quella di accogliere in sé molteplici voci, punti di vista a volte conflittuali… un’esistenza insomma. Nel libro The Whale Theory si parla di mammiferi marini e della tutela degli oceani, tema fondamentale anche per la nostra sopravvivenza e benessere; del rapporto tra immaginario e animalità e di come l’essere umano perfezioni la sua umanità solo specchiandosi nella (sua) animalità; di quanto il nostro immaginario sia sotto attacco, per intaccarne la carica libertaria che lo accende, nel profondo. Insomma mi viene da dire che ogni parola spesa è politica. Ogni vivente è un’asserzione politica.

“Les Funérailles de la Baleine”, Fondo Bruno, Cossila San Giovanni (Biella), 2010

A un certo punto, la grande balena è stata fatta a pezzi ed è diventata altro: piccole balene-borse, grazie a una collaborazione con Antonio Marras. Come hai vissuto questo passaggio? Hai fatto a pezzi o hai generato parti della grande balena?
“Non si butta via niente. Neanche un pensiero”. Dopo circa sei anni dalla sua nascita, nel 2010, e dopo tanti viaggi, incontri, esperienze e fatiche era giunto il momento che il grande corpo della balena, rammendato come una pelle che porta le sue cicatrici, cambiasse forma. Assumerne una nuova, sperdendosi nel molteplice. Anche grazie all’aiuto di Antonio, che ha disegnato le giacche realizzate col tessuto grigio della balena. Nelle ventiquattro ore di Les Funérailles de la Baleine si è dato vita a una sorta di rito collettivo, da mattino a mattino: una macellazione rituale da cui sono nati molteplici oggetti-forma-pensiero. Non s’è buttato via niente, appunto. Ogni parte è stata trasformata e ha cominciato una vita propria. Nutrimento che si trasforma in energia, in nuove forme, in altre storie a venire.

9. 10 p.m., foto della performance di ventiquattr’ore “Les Funérailles de la Baleine” scattate da Dario Lasagni, una per ogni ora. Fondo Bruno, Cossila San Giovanni (Biella), 2010

La balena viene dal mare: che rapporto hai con l’acqua e come questo altro enorme immaginario ha influito – se influisce – sulla tua ricerca?
L’acqua porta una narrazione che esiste da quando esiste il mondo. Noi siamo acqua. Ogni vivente è parte di questo flusso ininterrotto. Ho sempre sognato il mare: nata nella pianura attraversata da un grande fiume, che vedevo di rado malgrado avessi antenati pescatori, mi rimaneva un’impressione di sperdimento quando salivano le nebbie dense dalle terre umide. Dalla nebbia emergevano bastimenti che erano case, occhi luminosi che erano fari, voci e fischi che erano canti di esseri non identificati. I calanchi di sabbia lambiti dai vigneti erano scogliere di isole di un mare antico. Il fondale marino pliocenico che torna ad esserlo grazie ai sogni di una bambina.

Tessuto stampato con la storia e i viaggi della Balena usato per l’interno delle giacche

La caccia alla balena è un’altra narrazione primordiale, enorme, mito-poietica e mito-politica. Tu la fai uscire dall’acqua e la porti in giro sulla terra: l’hai salvata?
È una balena di terra la mia, o d’aria, come la grande balena dipinta da Buzzati per un suo ex voto: protegge il casolare dalla pioggia e dall’inondazione che ne segue. Le balene vere muoiono soffocate dal loro stesso peso quando si arenano. Eppure respirano ossigeno.
Oppure le trovavi, le balene, preservate con migliaia di litri di formaldeide, a viaggiare come attrazione circense, come Goliath.
Direi che non ho salvato nulla, piuttosto sono stata io a essere salvata. Archetipi animali che salvano, se li si ascolta.

“Les Funérailles de la Baleine”, Fondo Bruno, Cossila San Giovanni (Biella), 2010. Foto di Francesca Dainotto

La balena ti ha inghiottito e protetto a lungo, lo dici tu stessa: ora cosa sta facendo? Ne sei uscita?
Diciamo che sono ancora nella sua ombra, sono ancora sotto la sua tutela. La sua storia, quella raccontata da me e dalle tante voci raccolte, va accompagnata ancora per un po’. Vorrei infatti dedicare, quando sarà possibile, una presentazione della ventina di “Letter Jackets” che sono state realizzate dopo Les Funérailles e spedite in giro per il mondo, chiedendo a chi le riceveva di restituirmele aggiungendo una propria storia: un nuovo personale capitolo sul tessuto, nelle tasche, al posto dei bottoni, ovunque sentissero il bisogno di intervenire. Le ho tenute da parte proprio per restituirle pubblicamente per questo ultimo atto conclusivo.
Molti altri progetti continuano e chissà fino a quando o sono stati appena lanciati. Altre forme-balena. Altri paesaggi in cui perdersi e ritrovarsi, forse, tra qualche tempo.

Whalebone Arch, Palazzo Ducale di Presicce (LE), 2020. Foto di Pierpaolo Luca


THE WHALE THEORY. Un immaginario animale.

Titolo: THE WHALE THEORY. Un immaginario animale.
Autore: Claudia Losi
Testi di: Christopher Collins, Matteo Meschiari, Vinicio Capossela, Jean Rezzonico, Jean
D’Yvoire, Gianni Pavan, Silvia Bottani, Tore Teglbjaerg, Mauro Sargiani, Petra Aprile, Sunaura
Taylor, Gioia Laura Iannilli, Jurg Slabbert, Kate Pocklington, Philip Hoare.
Editore: Johan & Levi
Anno: 2021

Info: www.johanandlevi.com


 

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