VENEZIA | Galleria Alberta Pane | 21 aprile – 27 agosto 2022
di FRANCESCO FABRIS
Per la prima volta, a Venezia, la Galleria Alberta Pane utilizza il suo felice contenitore per rivolgere lo sguardo verso un’artista storicizzata. La scelta, di indubbio gusto, contesto e contenuto, è caduta su Claude Cahun (Nantes, 1894-Saint Helier 1954) fotografa e scrittrice surrealista, impegnata politicamente, colta, raffinata e purtroppo misconosciuta ai più.
L’attività di riscoperta della galleria, a quanto pare destinata a durare nel tempo, è mirabilmente compendiata dal connubio tra titolo dell’esposizione e la chiosa di un testo della stessa Alberta Pane, a corredo del catalogo anch’esso di rara qualità.
I Owe You – Claude Cahun / Marcel Moore è una chiara ammissione di debito morale che l’esposizione, curata da Silvia Mazzucchelli, intende rivolgere alle artiste coinvolte.
La dedica finale della mostra, emotivamente penetrante, è “…a tutte le persone coraggiose, ma soprattutto a Claude Cahun e Marcel Moore: we owe you”.
Nel mezzo, la storia di due persone che hanno fatto dell’arte non solo via di fuga dalla loro difficile vita, ma una ragione stessa di vita, azzerando il binomio arte/rappresentazione sino ad elevare la prima a vessillo dell’ambiguità, dell’identità disvelata, nascosta, delle scelte di genere private, intime, indistinguibili e perciò irrilevanti.
Un pensiero epigono del gender fluid, oggi concetto onnipresente, abusato, pop, vuoto e spogliato com’è della sua storia di battaglie e conquiste, emarginazione e desolazione, fonte di sofferenza e lirica ispirazione.
Di famiglia ebrea, figlia di intellettuali facoltosi, Claude Cahun (nata Lucy Renée Mathilde Schwob) sperimenta sulla sua fragile pelle le più severe esperienze emarginanti, dalla malattia mentale della madre alla persecuzione razziale, dalla discriminazione sessuale alla prigionia, sopportata con l’ardore di una appartenente alla Resistenza francese.
Vicina ed amica dei surrealisti più teorici, da André Breton a Benjamin Pèret e Meret Oppenheim, Claude si lega sentimentalmente alla figlia della propria matrigna, quella Suzanne Malherbe (nota in fotografia come Marcel Moore) con la quale dà vita ad un connubio di ideali, amore, arte e pensiero che si riattiva con energia nel percorso espositivo.
Artista complessa, misteriosa ed affascinante, in bilico tra diversi media (fotografia, scrittura, collage e scultura) si dedica alla trasformazione, al travestimento, alla trasfigurazione di una essenza di genere che ripudia, gettando le basi non solo del pensiero artistico di Cindy Sherman e Nan Goldin, ma anche della nostra attuale condizione di individui liberi di esprimere il proprio corpo, e con esso la sessualità e l’identità che ne sono connesse.
Anticonformista, dedita all’autoritratto come negazione del sé e della cristallizzazione dell’apparire, il suo occhio di fotografa ci consegna ritratti in cui la femminilità viene esaltata, negata, celata e riattivata, in un cortocircuito di riflessioni che conduce dritto all’essenza delle cose, al fondo dei suoi occhi, all’irrilevanza del contesto, volutamente spiazzante per creare preconcetti e reazioni di stile.
Il corpo come un libro, bianco, denso di possibilità in attesa di espressione, si fa mero contenitore di uno sguardo pesante che quasi colpevolizza chi lo osserva, di pose articolate, di capigliature rigorosamente maschili o vanitosamente femminili.
I collage, i libri e le foto in mostra (alcune ristampate per l’occasione) nella loro indovinata collocazione inducono ad una riflessione sui molti campi e controcampi di cui si compone un’opera surrealista. Seppur nelle limitate dimensioni dovute alla tecnica della stampa “a contatto”, ogni fotografia compendia in sé i cardini del pensiero surrealista, lo impasta con una delicata distanza dal genere sessuale, lo riempie con ombre testimoni della presenza della compagna, non solo musa.
Trasferitesi nell’isola di Jersey per sfuggire alla persecuzione nazista la coppia, che si faceva chiamare “soldato senza nome”, ci regala una testimonianza di fusione di attitudini, competenze, capacità e prerogative – anche diverse – che non possono che condurre al reale concetto di amore.
Sulla parete che si mantiene alle spalle nell’apertura allo spazio, un disegno su carta del 1909 compendia una scarpa molto femminile su cui poggia un occhio, sormontato da labbra di donna e da una mano tesa verso l’alto. In cima, le lettere LSM, le loro iniziali, i nomi di un connubio di vita che ha saputo fondere linguaggio e visione, femminilità e manualità, ambiguità e segreto, resistenza e devozione, anche ad un principio.
Tre lettere che si fanno acronimo di vita e d’amore, in quel “elles s’aiment” che ci troviamo ad invidiare per solidità, anticonformismo, coraggio e complementarietà.
Da qui il ringraziamento al quale ci uniamo, davanti ad artisti che a proprie spese hanno collocato un po’ più in alto l’asticella del mondo, del senso civile, dell’arte e forse prima ancora dell’amore. Yes, We Owe You!
A ricordare la natura contemporanea del lavoro della galleria, nei giorni dell’inaugurazione Marcos Lutyens (Londra, 1964) con la sua Cahun Introduction Score ha coinvolto gli spettatori, appositamente mascherati, in operazioni di ipnosi indotta, per rimuovere la superficie ed accarezzare gli stati più profondi dell’essere, agevolando così l’operazione di simbiosi con le opere di Claude.
I Owe You – Claude Cahun / Marcel Moore
Selezione delle opere a cura di Silvia Mazzucchelli
21 aprile 2022 – 27 agosto 2022
Galleria Alberta Pane
Dorsoduro 2403, Calle dei Guardiani 30123, Venezia
Orari: martedì – sabato, 10.30 – 18.30
Info: +39 041 564848
martina@albertapane.com
albertapane.com