BRESCIA | C.AR.M.E | 1 giugno – 3 settembre 2023
di ALICE VANGELISTI
CHINA NOW è una storia d’amore: quella tra un collezionista – Uli Sigg – e una terra lontana, la Cina. È la storia di una viscerale fascinazione che nasce per un paese e per la sua cultura che sono in grado di far scattare la scintilla negli occhi e nel cuore di chi ha l’ardire di incontrarli e conoscerli veramente.
Così è stato per Uli Sigg e questa bellissima storia d’amore è magistralmente raccontata grazie alla sua straordinaria collezione, di cui la mostra da C.AR.M.E a Brescia rappresenta solo un piccolo – ma significativo – assaggio. Si tratta di una collezione unica nel suo genere in quanto è la prima e più completa collezione di arte cinese contemporanea. In particolare, attraverso questa, si manifesta la storia di un paese enorme e lontano come la Cina, descritta attraverso gli occhi dei suoi artisti, tutti appositamente scelti dall’illuminato collezionista, imprenditore e filantropo svizzero. Questa collezione rappresenta sicuramente un prezioso patrimonio culturale e artistico, offrendo un profondo sguardo sulle tendenze, le tematiche e le trasformazioni della società cinese, che la mostra bresciana delinea alla perfezione rendendo palese il vivace clima artistico che domina quella scena.
Tutto questo sicuramente è stato possibile solo grazie all’attenta ricerca del collezionista svizzero, il quale negli Anni ‘80 inizia a lavorare come ambasciatore in Cina e Hong Kong: un’opportunità unica che gli ha permesso di immergersi letteralmente nella scena artistica locale, spostandosi liberamente sul territorio cinese. In questo modo ha potuto scoprire e conoscere anche artisti emergenti che diversamente magari non sarebbero mai diventati noti nella scena occidentale. Infatti, nella logica occidentale del sistema dell’arte contemporanea, spesso, restano esclusi artisti provenienti da aree geografiche decentralizzate, i quali potrebbero invece offrire comunque nuovi spunti e punti di vista alla ricerca attuale.
Per questo, il lavoro di Sigg diventa ancora più significativo: attraverso la sua collezione riesce a portare l’attenzione del sistema anche su questi artisti, permettendo a loro e alla loro arte di diventare una boccata d’aria fresca, in costante bilico tra novità e tradizione. Molti di questi lavori, infatti, hanno ancora molto a che fare con l’affascinante storia millenaria di questo paese dell’Estremo Oriente, con la quale devono pesantemente confrontarsi e, spesso, anche scontrarsi. Ma sta proprio qui tutto il fascino orientale: un misto tra tradizione e contemporaneità, tra passato e presente, che solo così sottolinea la complessità di un paese e di una cultura che solamente negli ultimi anni noi occidentali stiamo imparando a scoprire.
All’interno della mostra bresciana soffia così una leggera brezza dall’Oriente, facendoci immergere nei diversi aspetti di questa tradizione artistica che ci viene man mano svelata attraverso alcuni dei suoi interpreti più interessanti. E la mostra non smette mai di stupirci per l’allestimento puntuale all’interno di uno spazio sicuramente non semplice: l’enorme sala dell’ex chiesa viene così abitata da un’atmosfera di silenziosa meditazione, con le opere distribuite come parole in una preziosa e perfetta poesia, andando a creare un ritmo visivo che cattura di volta in volta l’attenzione, focalizzandola sui piccoli nuclei che descrivono magnificamente i tanti piccoli tasselli che compongono questa tradizione – e innovazione – artistica.
A introdurre la mostra troviamo subito due grandissime tele orizzontali dominate da colori caldi e avvolgenti di Wei Liu, Eastward e Westward, attraverso le quali l’artista mette a confronto Oriente e Occidente. Se in Westward l’allusione è allo sguardo della Cina – e dell’Oriente più in generale – rivolto verso l’Occidente, il quale ormai si sta già immergendo allegoricamente nel suo crepuscolo, in Eastward la logica è speculare e la tela si mostra come simbolo di crescente apertura e rinascita della nazione cinese.
Ecco che, però, il nostro sguardo è catturato dall’opera al centro della sala realizzata da Xiangyu He, il quale lavora con idee e materiali tipici del consumismo occidentale: per Coca-Cola Project infatti fa bollire 127 tonnellate di Coca Cola creando una metafora visiva di come l’Occidente stia influenzando e irrimediabilmente intaccando la società cinese. Ad accompagnare questa installazione dal grande impatto visivo e di significato ci sono le varie nicchie della sala centrale e della balconata che si schiudono davanti ai nostri occhi come i petali di un unico grande fiore. Tra queste opere esposte spiccano sicuramente quelle di Fan Shao e Wenda Gu, i quali lavorano entrambi con pittura a inchiostro, tecnica millenaria tipica della tradizione cinese, che viene riproposta in chiave moderna raccontandoci però quanto il passato sia ancora forte e determinante anche nella creazione di uno stile contemporaneo.
Seguendo questa linea troviamo anche il lavoro del più grande e conosciuto maestro dell’arte contemporanea cinese: Ai Wei Wei, il quale è presente in mostra con un’opera che gioca provocatoriamente con un tavolo della dinastia Qing, il quale viene smontato e riassemblato, seppur mantenendo forti i richiami alle sue forme originarie. In questo modo, l’artista interpreta la tendenza tutta cinese di preservare la propria storia attraverso degli oggetti che vengono rivisti e riapplicati alla logica contemporanea. E inoltre, sottraendo un oggetto dal mercato internazionale di antichità, lo rimette cinicamente in circolo come un oggetto inutile nel mercato dell’arte internazionale, criticando così la distruttiva modernizzazione in Cina a spese dei modi tradizionali di vivere.
Suggestive sono anche le fotografie di Changwei Gu, il quale ingrandisce i dettagli di una banconota da 100 Yuan facendola diventare a tutti gli effetti una composizione astratta che crea un cortocircuito negli occhi di chi guarda, che si trova così intrappolato in uno spaesamento visivo e percettivo.
Sempre su questa linea troviamo i grandi dipinti allestiti in balconata e realizzati da Wei Tian. Questi sembrano rappresentare delle parole in un alfabeto sconosciuto che spiccano su dei fondi monocromi. A un’attenta osservazione, però, vengono svelati una serie di termini che restano dapprima celati sotto lo strato ingannevole del colore.
Oppure ancora, nella saletta ricavata in quello che un tempo era lo spazio dedicato all’altare, si trova allestita una meravigliosa installazione video-ambientale di Kin-Wah Tsang dal titolo Il secondo sigillo. Questa fa parte di un ciclo basato sull’ultimo capitolo apocalittico della Bibbia, che l’artista collega a temi quali violenza, morte, lotte di potere, classismo e comunismo. In questo modo, con un linguaggio fortemente universale, riesce a intrecciare due culture diverse e distanti come quella Orientale e quella Occidentale con una video installazione che avvolge il nostro sguardo in uno stormo di parole, che si sommano via via fino a opprimerci e schiacciarci con il loro colore dominante – il rosso. Così frasi animate e brevi accenni biblici appaiono in cicli continui, si muovono, fluttuano e si accumulano nello spazio espositivo senza un’apparente inizio o fine.
E alla fine, riempiti da tutte queste suggestioni e stimoli, lasciamo la mostra, infatuati di questa bellissima storia d’amore.
CHINA NOW. Arte contemporanea dalla Sigg Collection
da un’idea di BELLEARTI e C.AR.M.E
catalogo con testi di Maurizio Bortolotti, Didi Bozzini, Bernard Fibicher, Massimo Minini e Demetrio Paparoni
Artisti in mostra: Gabriele Di Matteo, Changwei Gu, Wenda Gu, Xiangyu He, Shan Jin, Wei Liu, Ke Ma, Madein Company, Fan Shao, Wei Tian, Kin-Wah Tsang, Ai Wei Wei
1 giugno – 3 settembre 2023
Spazio C.AR.M.E
Ex chiesa SS. Filippo e Giacomo
Via delle Battaglie 61/1, Brescia
Orari: da martedì a venerdì 15.00-19.00; sabato e domenica 10.00-19.00
Info: info@carmebrescia.it
www.carmebrescia.it