SANSEPOLCRO (AR)
Intervista ad ILARIA MARGUTTI e LAURA CARUSO di Livia Savorelli
L’occasione di questa intervista è la partnership che l’Associazione Culturale Arteam ha sancito, in occasione di Arteam Cup 2017, con CasermArcheologica, associazione che dà il nome ad un omonimo spazio sito nel cuore di Sansepolcro, nella provincia di Arezzo. Passato, presente e futuro dialogano incessantemente in luogo sorto riportando a nuova vita gli spazi inutilizzati dagli anni ’90 dell’Ex Caserma dei Carabinieri di Via Aggiunti. La prima spinta a “darle un nuova voce” si ha nel 2013 quando un gruppo di studenti del Liceo Città di Piero, guidati dalla loro insegnante Ilaria Margutti, entrano in questo luogo dall’atmosfera decadente e ne ripuliscono le stanze rimaste chiuse per trent’anni. Da lì passi da gigante sono stati fatti, moltissimi artisti si sono innamorati delle sue atmosfere e la comunità, avvertendo un forte senso di appartenenza al luogo, ha sostenuto con tutte le proprie forze il progetto…
Lo spontaneo spirito comunitario ha alimentato sin dagli inizi la nascita e la crescita di CasermArcheologica. Dove rintracciare le ragioni del vostro successo? In Italia ci sono modelli assimilabili al vostro? Ci tracciate un vostro personale bilancio?
Quando abbiamo iniziato ad “abitare” Palazzo Muglioni, oggi CasermArcheologica, non potevamo immaginare che tutto questo avrebbe potuto avere uno sviluppo. Certamente c’era una visione, un desiderio, una direzione verso cui guardare, ma il luogo aveva e ha tutt’ora una influenza fondamentale sulle scelte che facciamo, perché tutto è partito dallo spazio e dalla storia invisibile che contiene. È impossibile non essere catturati dalla sua presenza, dal suo silenzio e dalle sue crepe, testimonianza di un passato vissuto profondamente e da un presente vitale, attraversato da un pensiero divergente. È un luogo che richiede di essere ascoltato e, in un certo senso, rispettato nelle sue cicatrici e nelle sue trasformazioni. Ci siamo sentiti di entrare in punta di piedi, esplorando le sue sale lentamente, perché era come scrutare tra le pieghe di una storia drammatica con molto ancora da scoprire. Quello che, in questi anni, si è creato tra noi e il luogo è un dialogo che nasce dall’ascolto. CasermArcheologica è un palazzo cinquecentesco che sorge al centro della città lungo una delle sue vie principali, a due passi dal Museo Civico che conserva la Resurrezione di Piero della Francesca e questo per noi ha un profondo significato. Borgo Sansepolcro è un piccolo paese con appena sedicimila abitanti, ma racchiude una densità culturale che attraversa tutta la storia italiana, dagli etruschi al rinascimento, fino a noi.
Una storia che da una parte lo immobilizza, proprio per la sua complessità e grandezza irripetibile, ma dall’altra pone basi solide per strutturare nuove prospettive, come Piero della Francesca ogni giorno ci suggerisce.
Crediamo che non si possa tanto parlare di successo, ma di un momento giusto della nostra epoca, che necessita della concreta presa di coscienza del nostro patrimonio storico/artistico, una concretezza che parte dal basso, dalle esigenze delle persone, che non sia solo conservativa, ma che ci possa dare l’opportunità di tracciare nuovi sentieri e di esplorarli. In un’epoca dove tutto freneticamente ci scorre addosso, dentro CasermArcheologica il tempo riprende il ritmo del respiro naturale; un respiro che molti artisti hanno saputo percepire e, grazie al loro contributo, abbiamo “resistito alle intemperie” e siamo andati avanti.
Fare rigenerazione urbana oggi è un po’ come essere pionieri di un nuovo territorio. Ciascun progetto inventa il proprio modello di sviluppo, condividendo fallimenti e buoni esiti, perché tutto deve essere ancora sperimentato e dipende da tanti fattori, in base alla necessità della comunità di riferimento, al territorio in cui nasce e dalle tradizioni culturali di coloro che si prendono cura di spazi abbandonati, che siano palazzi storici, archeologia industriale o luoghi pubblici dismessi. Grazie al coinvolgimento di tanti studenti di Ilaria Margutti (parla Laura Caruso, ndr), artista e insegnante, ogni anno arrivano nuovi ragazzi. A CasermArcheologica diventiamo tutti degli esploratori e impariamo a prenderci cura di un luogo che non è solo nostro, ma è un bene pubblico.
Un importante riconoscimento al percorso di rigenerazione urbana, da voi attivato, lo avete avuto con l’invito a partecipare ad Arcipelago Italia nell’ambito della Biennale di Architettura di Venezia. Cosa ha rappresentato per voi questa consacrazione nell’ambito dell’architettura contemporanea?
Abbiamo mandato la nostra proposta alla Call che l’Arch. Mario Cucinella, il direttore del Padiglione Italia, ha pubblicato a luglio 2017, per selezionare progetti di rigenerazione urbana attivi sulla fascia degli Appennini che rappresentassero esperienze di Architettura che crea Comunità. Noi al tempo avevamo appena inaugurato “Agibile” la mostra di riapertura dello spazio, dopo i lavori di ristrutturazione. Essere stati selezionati alla Biennale di Venezia è stato un grande riconoscimento per il lavoro iniziato nel 2013, con un movimento di grande energia che ha creato, intorno allo spazio e all’Arte Contemporanea, una comunità eterogenea fatta di ragazzi, artisti, cittadini di ogni età, in collaborazione anche con l’Amministrazione Comunale di Sansepolcro.
Poi nel 2015, dopo tre anni di attività culturali, a causa di un verbale d’inagibilità redatto dai Vigili del Fuoco della Provincia di Arezzo, abbiamo dovuto interrompere questo movimento spontaneo partito dal basso.
Nel 2016 grazie a Laura Caruso (parla Ilaria Margutti, ndr), project manager culturale, siamo riusciti a vincere dei fondi con il Bando Culturability (di Fondazione Unipolis) che ci hanno permesso di riportare lo spazio di nuovo fruibile al pubblico.
Il progetto Arcipelago Italia, al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, sottolinea la necessità di rivalutare le aree interne del nostro Paese. Diventa urgente spostare lo sguardo verso quei territori ancora non del tutto contaminati, nei quali il vero problema è l’abbandono da parte delle nuove generazioni che si spostano verso luoghi che offrono più possibilità di lavoro. Questi luoghi lontani dai centri, sono spesso paesi pieni di storia e di paesaggi naturali nei quali risiede un ritmo vitale ancora umanamente sostenibile, per questo si aprono concrete possibilità da cui ripartire per una rinascita, sia culturale sia di impresa. Luoghi in cui è possibile che accada una rigenerazione culturale che nasce dal basso, dalle persone, da coloro che lì vivono e sanno riconoscerne il valore.
CasermArcheologica rientra pienamente in queste caratteristiche ed è per questo che Mario Cucinella ha riconosciuto, nella nostra azione, la sua visione di territorio come parte di Arcipelago Italia.
Questo riconoscimento per noi è molto importante, perché ci indica che la direzione sulla quale stiamo lavorando è quella giusta, che non siamo soli ad aver maturato questa consapevolezza e soprattutto che è necessario iniziare da dove abbiamo iniziato noi, ovvero dalle persone.
Il concetto di riqualificazione è particolarmente legato alla processualità della vostra associazione. Ci raccontate del progetto di riqualificazione attraverso la street art del cavalcavia della superstrada E45, conclusosi nel mese di settembre?
CasermArcheologica è un processo che si sta sviluppando in dialogo con le Istituzioni, a partire dalle Amministrazioni Comunali. Proprio l’attuale Sindaco aveva già segnalato il Cavalcavia di Sansepolcro ad Anas come luogo per un intervento di Street Art. Anas sta infatti sviluppando interventi di riqualificazione attraverso opere su muro, come nel caso di GRAArt a cura di MURO sul Grande Raccordo Anulare di Roma. Su invito del Comune abbiamo quindi iniziato a lavorare con Anas e si sono create le condizioni per realizzare due opere sulle due grandi pareti (20 mt X 5mt.) del Cavalcavia che oggi sono il vero accesso alla Città, all’uscita della E45.
Abbiamo iniziato dialogando con alcuni ragazzi del Liceo, chiedendo loro: “Se tu potessi dire qualcosa ai tuoi concittadini attraverso una grande parete di 100 metri quadrati, come un messaggio da mandare a tutti coloro che arrivano a Sansepolcro, cosa vorresti dire?” Non abbiamo ricevuto risposte immediate, forse perché non capita spesso ai ragazzi che sia rivolta loro una domanda del genere. Riflettendo insieme è emerso il tema della natura. Ciascuno di loro ha raccontato di avere un percorso tra i sentieri intorno a Sansepolcro, rotte non troppo conosciute che per loro rappresentano il legame al territorio. Abbiamo dunque selezionato gli artisti a cui abbiamo posto questo tema, lasciando la libertà di interpretarlo secondo la propria poetica. Nicola Alessandrini e Lisa Gelli hanno realizzato la quinta opera della serie “Specie migranti”, uno stormo di uccelli autoctoni, caratterizzati ciascuno da una decorazione e da oggetti che hanno raccolto tra gli abitanti, distribuendo dei questionari e raccogliendo testimonianze. Ciascuna delle figure ha una propria identità, ci sono le storie di chi è nato e cresciuto in Valtiberina, dei ragazzi che magari dopo gli studi sono partiti per esperienze fuori e anche le storie di chi a un certo punto della propria vita è arrivato a Sansepolcro, magari da molto lontano, e ora ha scelto di vivere qui. Insieme sono uno stormo, volano nella stessa direzione.
L’altra parete è stata realizzata da una coppia di due artisti che non si conoscevano: Ivan Tresoldi, street artist e poeta che era già stato in residenza a Sansepolcro – nel 2017 ha realizzato “Pagina bianca”, una tela della dimensione di tutta Piazza Torre di Berta su cui i cittadini hanno lasciato un proprio segno. Ivan ha lavorato insieme a Mattia Chus Martini, un giovane artista di Sansepolcro che ora vive e lavora a Copenaghen. Insieme hanno riflettuto sulla vegetazione della Valtiberina, raffigurando una quercia e inscrivendo l’albero, la ghianda e la foglia in tre poliedri platonici. Le figure sono inserite in una trama di segni calligrafici, parole scritte da Ivan, una scrittura che dice e, allo stesso tempo, cela. Il lavoro trova un punto di armonia tra elementi naturali, geometrie, parole, tra ciò che è visibile e razionalmente comprensibile e ciò che invece è intangibile.
Nell’ambito di Arteam Cup 2017, CasermArcheologica ha scelto le artiste Silvia Noferi e Francesca Romana Pinzari per instaurare un dialogo attraverso una bi-personale. Cosa vi ha particolarmente colpito della poetica delle due artiste e come, a mostra allestita, avete percepito l’effettivo dialogo tra le opere?
Come sempre diciamo a tutti gli artisti che espongono da noi, Casermarcheologica non è solo uno spazio espositivo, non è un contenitore, ha precise caratteristiche, una storia e un suo presente fatto di una comunità di riferimento, in un contesto preciso, Sansepolcro. Le sue stanze, scrostate e decadenti, conservano ancora frammenti di stucchi, camini o rifacimenti in epoche moderne, del tutto in contrasto con lo sfarzo del suo passato. Questo crea una stratificazione di epoche così affascinante che già pone la sua estetica come fosse un’opera d’arte. Per questo è molto stimolate per un artista mettersi in dialogo con le sale di Caserma. In più di un’occasione, gli artisti che hanno esposto da noi, si sono cimentati nella realizzazione di opere ex-novo, sperimentando nuove forme di ricerca, rimettendosi in discussione, proprio perché si sentivano coinvolti profondamente dall’intensità del luogo. Abbiamo riconosciuto nelle opere di Francesca e Silvia, questa componente, il loro lavoro si sviluppa su più direzioni, entrambe operano su linguaggi che si affacciano a più livelli di lettura, la loro ricerca si apre a uno sguardo più ampio tenendo conto anche dello spazio.
Francesca Romana Pinzari, oltre che essere una brava e già conosciuta performer a livello nazionale, lavora con la scultura e la pittura attraverso l’uso di materiali diversi tra loro, introducendo una sperimentazione del tutto personale che esplora nuove modalità di percezione e di realizzazione. Silvia Noferi, pur prediligendo la fotografia come linguaggio principale, riesce a dialogare con lo spazio grazie all’inserimento di altri componenti installativi che lo occupano e lo trasformano secondo le direzioni che lei stessa vuol suggerire allo spettatore. Geometrie Celesti è il dialogo che le due artiste hanno aperto tra di loro, allo stesso tempo esplorano in maniera intima e profonda possibili relazioni tra noi e il cosmo; infine la mostra è anche una conversazione con le sale di CasermArcheologica che diventato lo spazio interattivo delle loro dinamiche artistiche. Le opere esposte invitano a volgere lo sguardo sulle forme della materia di cui è fatto il cosmo, dalle geometrie che fioriscono dai cristalli di Francesca Pinzari, alla polvere di stelle sottoforma di coriandoli o fuochi d’artificio di Silvia Noferi, affrontando, in modo originale, le domande fondamentali sull’esistenza. Il tema del cosmo, della dislocazione da un centro, la consapevolezza di poter leggere il mondo che ci circonda da infiniti punti di vista e dare una direzione altra e possibile, sono anche i temi che ci poniamo lungo il cammino che stiamo costruendo attraverso CasermArcheologica.
Tra i prossimi eventi che prenderanno vita, il 15 dicembre inaugurerà un progetto di Michele Dantini che vedrà coinvolti anche gli artisti Luca Bertolo e Flavio Favelli. Ci date qualche anticipazione?
Si tratta di un progetto sostenuto grazie al Bando Toscana Incontemporanea 2018, il bando che Regione Toscana dedica all’Arte Contemporanea. Siamo felici di aver vinto il bando nella Linea 1, quella dedicata alle proposte culturali per le quali sia dimostrato un consolidato impatto sul pubblico e sulla crescita culturale della società, oltreché una consolidata capacità gestionale. Lo sentiamo come un passaggio molto importante per CasermArcheologica. Per questo abbiamo desiderato lavorare con un curatore e un ricercatore rigoroso come Michele Dantini. Avevamo letto alcuni suoi libri, tra cui “Arte e sfera pubblica” (Donzelli Editore, 2016), ci piace il suo approccio scientifico che non concede alle opinioni ma che trova argomenti in ambiti diversi della conoscenza. Michele Dantini ha invitato gli artisti Luca Bertolo e Flavio Favelli a dialogare con Piero Della Francesca, o meglio ad ascoltare i silenzi di Piero, come ha scritto in un suo primo testo, tutto, in Piero, sembra ammantarsi di silenzio, svolgersi tra sguardi attoniti e rapiti nell’attimo decisivo e separato (…) E anche l’opera d’arte sembra trarre vantaggio dal silenzio: irrompe attraverso cortine di attesa. Gli artisti stanno lavorando a diversi interventi, alcuni si svolgeranno dentro CasermArcheologica, altri fuori, nello spazio pubblico, usando l’esterno dell’edificio della Ex Caserma e gli spazi di affissione pubblica. Il progetto coinvolgerà il pubblico e la cittadinanza anche in luoghi inusuali come i negozi e i supermercati della Città dove saranno distribuite buste stampate con alcuni interventi originali degli artisti. Il giorno d’inaugurazione, il 15 dicembre vedrà, oltre al vernissage, un workshop con studenti delle Scuole Superiori.
Info: www.casermarcheologica.it