TORINO | MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile | Fino al 12 gennaio 2025
Intervista a CRISTIAN CHIRONI di Eleonora Bianchi
A bordo della sua Fiat 127 Special, ribattezzata Camaleonte per le colorazioni cangianti adattate a ogni contesto, Cristian Chironi ha attraversato numerose città nel mondo. Nella mostra al MAUTO di Torino, la Camaleonte diventa il fulcro di un allestimento che raccoglie tracce dei suoi viaggi e delle sue numerose identità. Dal 31 ottobre al 3 novembre, durante la performance Torino Drive, il pubblico ha avuto l’occasione di salire a bordo per un breve tragitto insieme all’artista e lasciarsi coinvolgere in un dialogo su temi che spaziano dalla cultura alla memoria, dalla relazione con lo spazio urbano alla musica, anch’essa elemento fondamentale e in costante cambiamento. Chironi invita lo spettatore a vivere con lui quel tempo di mezzo – il tempo del viaggio – in cui l’auto diventa il mezzo attraverso cui esplorare lo spazio fisico e non solo.
Abbiamo incontrato Chironi, artista che è stato scelto dal Museo Nazionale dell’Automobile per la commissione della nuova Luce d’Artista per la collezione della Città di Torino, per questa breve intervista sul progetto torinese:
Il progetto Torino Stop fa parte di un percorso più ampio che ti ha portato in molte città del mondo. Cosa rappresenta per te l’approdo a Torino e come si differenzia questa tappa rispetto alle altre?
A Torino abbiamo presentato la diciassettesima versione della FIAT 127 Special (Camaleonte), movimentandola senza distinzione tra contesto urbano e Museo, in un’interpretazione dell’auto in rapporto con gli spazi e il contesto. Proprio qui, nel 1971 è nata la Fiat 127, disegnata da Pio Manzù, che non fece in tempo a vedere il compimento del suo lavoro, perché morì in un incidente automobilistico proprio mentre si recava a Torino per la presentazione ufficiale della maquette. I legami con la città si intrecciano anche con Le Corbusier, che la visitò tre volte considerando la sua architettura e il paesaggio circostante. Già queste sono connessioni significative tra città e progetto. Il lavoro cambia a seconda della città e del momento, per esempio a Marsiglia abbiamo discusso dei crolli abitativi; a Manhattan abbiamo usato il palazzo dell’ONU come punto deterritorializzato; a Milano abbiamo constatato la gentrificazione del quartiere Scalo di Porta Romana; mentre per Calasetta il focus è ricaduto sull’impatto paesaggistico delle energie rinnovabili; a Torino ci siamo chiesti, tra le varie cose, se la mobilità in città è al passo coi tempi e cosa rappresenta oggi FIAT rispetto al passato.
La Fiat 127 Special è un’auto iconica e ha un forte legame con la cultura italiana. Perché hai scelto proprio questo modello per il tuo progetto itinerante? Cosa rappresenta per te nel contesto della tua performance e del tuo viaggio?
Io non ho scelto il modello, piuttosto l’ho ereditato dalla storia da cui il progetto prende spunto. È vero, però, che questo veicolo è portatore rispetto ad altre vetture di valori significativi. È stata una delle auto più vendute al mondo e tutti hanno avuto qualcuno in famiglia che ne possedeva una. Mio zio negli anni settanta ne aveva una gialla, personalizzata con rimandi ai Pink Floyd, Björn Borg e simboli della sua generazione. Quest’auto ha sempre avuto per me una certa domesticità e vivo il suo abitacolo come fosse una casa. È entrata nell’immaginario collettivo e ha segnato la storia sociale del nostro paese. Quando la esporto all’estero rappresenta ancora oggi l’alta qualità del design italiano.
La Fiat 127 Special, ribattezzata Camaleonte, è il cuore pulsante del progetto. Come scegli le varie policromie in base al contesto?
Il colore della carrozzeria cambia in relazione ai luoghi in cui l’automobile si trova. La scelta cromatica si ispira alla palette delle abitazioni di Le Corbusier, una sorta di “tastiera architettonica” che segue regole precise di compresenza di colori, pensati e accostati come fossero dei suoni. Mi ispiro alla gamma cromatica del 1931, composta da 43 colori, che si possono combinare per creare fino a 288 versioni diverse della FIAT 127 Special, generando un vero e proprio arcobaleno scientifico di policromie. L’auto non si limita a percorrere luoghi, ma li assorbe, ne raccoglie l’anima e li porta con sé nei viaggi successivi.
Il mondo dell’automotive e quello dell’arte contemporanea sembrano appartenere a sfere molto diverse, ma nel tuo progetto questi due universi si incontrano. Come vedi il legame tra questi mondi? E in che modo il viaggio, la mobilità e il design dell’auto possono diventare parte integrante di un’esperienza artistica?
Non mi piace stabilire dei confini tra le tecniche o i linguaggi. Se ho bisogno di un’auto come strumento di lavoro per comunicare urgenze e necessità del mio tempo, allora la uso e ben venga l’incontro tra mondi diversi! Io non faccio altro che personalizzare il design di Pio Manzù, facendolo mio e posizionandolo in chiave contemporanea, con un approccio anti-souvenir che mira piuttosto a mantenere la funzionalità dell’oggetto, motivo per cui, durante i suoi spostamenti, l’auto viene sempre guidata in strada. Il viaggio e la mobilità poi, sono tematiche costanti nella mia ricerca: è dall’incrocio di geografie, culture, usi e costumi che si formano la mia poetica e il mio background personale. In passato, gli artisti non si facevano problemi a lavorare a stretto contatto con le aziende e se oggi le auto sono per la maggior parte brutte è dovuto anche all’incapacità di far dialogare mondi diversi.
La performance Torino Drive permette al pubblico di viaggiare con te per riflettere su tematiche contemporanee. Quali sono le questioni principali che emergono durante queste conversazioni?
I Drive sono un’esperienza condivisa che trasforma l’abitacolo in uno spazio di dialogo. Affrontiamo temi diversi: la migrazione, la memoria, la costruzione di una casa, l’ospitalità, l’accoglienza e il senso del luogo, riflettendo sulla mobilità in relazione alla stabilità economica e alla politica globale. Questo progetto, iniziato nel 2018, ha saputo anticipare alcune delle questioni che il lockdown della pandemia ha poi reso ancora più urgenti, come il movimento e il rapporto con l’altro. Non è una performance centrata su un ego individuale, ma trova il suo significato nella condivisione e nel dialogo con gli altri.
Le Corbusier e il concetto di “macchina da abitare” hanno ispirato il progetto. Come ha influito questo dialogo tra architettura e performance nella tua visione artistica, specialmente nel contesto del viaggio?
Drive e Camaleonte sono una conseguenza di My house is a Le Corbusier, progetto che nasce nel 2015 come residenza e opera work in progress. Questo progetto consiste nel vivere e creare nelle architetture di Le Corbusier in dodici paesi del mondo, costruendo una performance a lungo termine, dilatata nel tempo, casa dopo casa… Si tratta di abitazioni pellegrine legate imprescindibilmente al movimento e all’incrocio di geografie e culture diverse. Faccio di queste abitazioni postazioni di osservazione privilegiate, per capire in che condizioni si trova la casa degli uomini. La stessa cosa, seppur in maniera diversa, avviene con i Drive, dove l’auto è il termometro che misura lo stato delle cose.
Il legame con Orani e la storia di Costantino Nivola sono elementi chiave del progetto. In che modo queste radici influenzano la tua esplorazione del mondo attraverso l’arte?
Orani è il posto dove sono cresciuto e da dove l’auto, da sempre, parte seguendo il navigatore impazzito che la porta nelle diverse città, per poi far ritorno in paese con un bagaglio di esperienze nuove. Le storie che hanno ispirato il progetto, raccontatemi da Daniele Nivola – nipote di Costantino e padrino di mio padre e che considero il vero ispiratore di questo lavoro – sono per me ponti sull’immaginazione: partendo da una storia personale, la manipolo e la trasporto su valori universali, comprensibili a tutti.
Dopo Torino, la tua Fiat 127 partirà nuovamente per nuovi viaggi. Hai già in mente le prossime tappe o collaborazioni, e cosa ti aspetti di scoprire o esplorare con i prossimi spostamenti?
L’auto uscirà dal Mauto per altri viaggi e verrà riportata al Museo con la policromia mutata. Una delle prossime tappe è la Tunisia, a Cartagine lavorerò anche al nuovo step di My house is a Le Corbusier a Villa Baizeau grazie alla collaborazione e sinergia con La Boîte | Centre d’art contemporain e Art & Architecture center. Esplorerò, come mio solito, una nuova dimensione spazio-temporale. Ogni viaggio è un capitolo nuovo che rinnova il senso del progetto: ogni luogo, ogni incontro e ogni conversazione sono opportunità per aggiungere nuovi colori, prospettive e riflessioni, in un racconto che è in continua evoluzione.
Cristian Chironi. Torino Stop
29 ottobre 2024 – 12 gennaio 2025
Project Room
MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile
Corso Unità d’Italia 40, Torino
Orari: lunedì 10.00-14.00; da martedì a domenica 10.00-19.00
Info: www.museoauto.com