ROVERETO (TN) | MART | 21 ottobre 2021 – 13 febbraio 2022
di ILARIA BIGNOTTI
Per chi, come me, è appena uscito dalle sale del Mart di Rovereto che ha inaugurato la grande, mastodontica sarebbe da dire, mostra dedicata a Fortunato Depero, a cura di Nicoletta Boschiero, scriverne è davvero complicato: o meglio, frustrante.
Succede sempre così, quando le mostre sono, appunto, così belle – sì, belle – da vivere che tradurle in parole è sempre riduttivo (sia perdonata la banalità della frase); succede sempre così, quando le mostre non sono solo attenti percorsi espositivi che mettono in ordine opere d’arte, oggetti di design e installazioni, ricostruendo una storia, o tante storie, come nel caso di questo straordinario lavoro curatoriale e allestitivo che con circa 500 pezzi è dedicato a raccontare alcuni momenti, più che altri, della vita di un artista a 360 gradi del nostro XX secolo – tra i quali, indubbiamente cruciale, il viaggio a New York tra il 1920 e il 1930, e l’impatto-impulso che la Grande Mela ebbe su Depero, ma anche, viceversa – ma diventano, anche, cannocchiali ottici aperti sull’eredità che l’artista stesso ha saputo imprimere, indelebile e metamorfica, al linguaggio di artisti e mode a lui successivi.
Per questo la mostra si chiama Depero new Depero: new allude a New York, new dichiara la propulsione al nuovo e all’innovazione che, attraverso l’opera di Depero, l’arte della seconda metà del XX secolo, sino ad oggi, ha potuto accogliere e diversamente interpretare, tradurre, restituire. L’arte, o meglio, le arti: in mostra infatti si trovano le invenzioni di Ettore Sottsass e del gruppo Memphis, gli omaggi geniali e poetici di Alessandro Mendini al maestro, ma anche tutta l’influenza che Depero e le sue forme-colore-parole hanno esercitato sul fumetto, dagli anni Sessanta alla punk culture al post-modernismo, da Andrea Pazienza a Pablo Echaurren; e ancora, si trovano puntuali opere dei cosiddetti Nuovi Futuristi, da Ugo Nespolo a Umberto Postal, quel gruppo di artisti che, coordinati da Renato Barilli, rileggeranno negli anni Ottanta i linguaggi dell’avanguardia che voleva uccidere il chiaro di luna, o meglio annegarlo nel mare stridente e geniale delle sue invenzioni, tra colpi di scena e salti nel vuoto.
Ma non è tutto.
Il cannocchiale espositivo proietta lo sguardo del pubblico verso un’altra angolatura, verso tutti quei linguaggi di artigianato altissimo che a partire da Depero si sono sviluppati, mentre questi era in vita e anche all’indomani – più o meno in là nel tempo – della sua scomparsa: ecco allora i raffinati foulards prodotti nei primi anni Ottanta da Berlegi, che in mostra sono esposti in dialogo con i lavori, realizzati dallo stesso artista, con il buxus, nei primi anni Quaranta, quando la sua opera virava verso un ritorno alle iconografie regionali e al passatismo, adeguandosi senza soccombere alle richieste della politica (si vedano il Pannello con costumi popolari e il Pannello con decorazione floreale); vi si specchiano, in un altro tavolo, gli inediti torchi per la stampa dove si vedono le raffinate icone e forme che l’artista faceva intagliare, per diffonderli su svariati supporti.
E poi vi sono le grafiche e gli oggetti per la Campari, le copertine delle riviste, i tavoli con i poster, i libri – celebre quello imbullonato – e i cataloghi che sono stati nel tempo dedicati al suo genio, ognuno un racconto nel racconto, una mise en abime di come e quanto Depero sapesse influenzare la grafica e la comunicazione a lui stesso – e alla sua opera – dedicati.
Una specie di inno che diventa, anche, partitura architettonica in mostra: le pareti e le prima di oggi, bianchissime capriate degli ambienti espositivi, sono state armoniosamente dipinte di cromie che lo studio di architetti Baldessari e Baldessari, che ha coordinato il progetto allestitivo, ha saputo campionare direttamente dalle opere esposte. Tra le quali, una buona parte è rappresentata dalle monumentali tarsie in panno, prevalentemente provenienti dal Fondo Depero: esposte sapientemente qui in mostra, impattano con tutta la loro potenza icastica (Il corteo della gran bambola, la Festa della sedia, per esempio).
A questo teatro pieno di gioia e di energia, senza ridondare ma anzi arricchendo di visionarietà il percorso in mostra, si aggiungono le Marionette danzanti, ricostruzioni dei Balli plastici realizzati da Enzo Cogno nel 1980, la Flora magica, scenografia per Le Chant du Rossignol, che Depero progettava nel 1917 e che è stata ricostruita nel 2000, esposta assieme ai Bozzetti dei Costumi ancora a firma di Enzo Cogno nel 1981, alle scene e ai disegni di mano dell’artista; e poi i Costumi, i Giocattoli sintetici, i Martellatori, le sedute parimenti ricostruiti in vari momenti, ricostruzioni fedeli, dimostrazioni non solo della plastica meraviglia deperiana, ma anche exempla del felice rapporto di scambio e continuità tra conservazione e ricostruzione grazie al lavoro d’archivio e di catalogazione di un museo: una messa in scena moderna della messa in scena storicizzata che coinvolge e chiama a sé, in un caleidoscopio del tempo e del movimento.
E poi, appunto, New York: la collaborazione con l’Istituto Barlumen e la raffinatissima mano di Gaetano Cappa hanno prodotto Depero. 1929 Drama nel 2020, una visionaria maquette ispirata a sua volta a Grattacieli e tunnel e a Scenario plastico mobile del 1930, scenografie di Depero per lo spettacolo del New Babel: un plastico articolatissimo di torri e saliscendi, parole e personaggi, palloncini e frecce colorati, tram e rotaie, grattacieli e fumetti che culmina nella folle eccitazione di Coney Island. Vien voglia di stare ore a scrutarlo, scoprendone ad ogni angolo nuove prospettive e incalzanti sottigliezze, tra ironia e fantasia. E poi ci sono i video e i film che mettono in luce i prestiti e le citazioni deperiane, da Toys del 1992 a Pallottole su Broadway del 1994.
Se ne esce un po’ stralunati, con gli occhi pieni, con la voglia di giocare, come si fosse rimasti, per un poco, impigliati ai fiori e ai colori iridescenti del Maestro.
Mi è venuto da pensare, in chiusura, al Pianeta come Festival di Ettore Sottsass. Anche lui ha sognato un mondo caleidoscopico, anni dopo, dove ciascuno potesse avere la libertà di essere e fare, inventare e sognare.
Chissà quanto Depero c’era anche lì.
Depero new Depero
A cura di Nicoletta Boschiero
Mart di Rovereto
21 ottobre 2021 – 13 febbraio 2022
Depero e la sua casa d’arte da Rovereto a New York
Casa d’Arte Futurista Depero di Rovereto
A cura di Maurizio Scudiero
21 ottobre 2021 – 27 marzo 2022
MartRovereto
Corso Bettini 43, Rovereto (TN)
Orari mart-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00 lunedì chiuso
Info: 800 397760 | +39 0464 438887
info@mart.trento.it
www.mart.trento.it