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La Top List delle Partecipazioni Nazionali alla 58. Biennale di Venezia a cura della nostra Redazione: PARTE #1

Cile

Voluspa Jarpa, The Hegemonic Museum, Altered Views, 2019. Padiglione del Cile, 58. Biennale di Venezia. Ph. Felipe Lavin

In un momento storico così delicato, il Cile attraverso la progettualità del suo Padiglione invita a riflettere sulla costruzione del racconto storico, individuando nel razzismo, nel patriarcato e nel dominio attraverso l’economia altrettante forme di colonialismo.
Altered views è un progetto di Voluspa Jarpa, una delle donne artiste cilene più influenti nella scena artistica internazionale, che gode del supporto critico di Agustín Pérez Rubio (tra l’altro curatore della 11. Biennale di Berlino che si terrà nel 2020), la cui pratica curatoriale è connessa a progetti di tipo collaborativo, questioni legate alla tematica gender e prospettive post-coloniali. Come egli stesso afferma: «il progetto è un invito a riflettere su questioni che prevalgono e sono ancora visibili nella nostra società contempranea, come il razzismo, il patriarcato, gli interessi economici e diverse forme egememoniche, contemporanee vestigia della mentalità coloniale».
Il presupposto di partenza è la risposta ad una domanda: come si presenta lo sguardo modernista, eurocentrico e coloniale configurato, quello stesso che si impone in aree non egemoniche sotto forma di soggiogazione politica, culturale ed economica?
Il Padiglione – costituito da tre ambienti che rappresentano altrettanti modelli culturali contrapposti: The Hegemony Museum (Museo dell’Egemonia), The Subaltern Portrait Gallery (Galleria dei Ritratti Subalterni) e The Emancipating Opera (Opera di Emancipazione) – è un viaggio basato su uno sguardo decolonizzato.
[Livia Savorelli]

Padiglione Cile
Voluspa Jarpa. Altered Views
Curatore: Agustín Pérez Rubio
Sede: Arsenale

Israele

Aya Ben Ron. Field Hospital X, Padiglione di Israele, 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, MayYou Live In Interesting Times. Ph. Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Il Padiglione di Israele propone quest’anno un progetto partecipativo ed empatico, indagante come l’arte può agire nei confronti dei mali che affliggono la nostra società, come l’aumento delle forme di abuso sessuale e fisico, in particolare sui minori (in Israele vari studi dimostrano come l’85% dei casi di abuso in famiglia non siano denunciati, essendo considerati più come problema “privato” che come fenomeno sociale e collettivo). Field Hospital X (Ospedale da campo X) è un progetto itinerante dell’artista Aya Ben Ron, che ne è anche la fondatrice e direttrice, sviluppato insieme al curatore Avi Lubin e al produttore Miki Gov, presentato in anteprima a Venezia ma che continuerà a girare in varie parti del mondo, arricchendosi di nuove collaborazioni.
Quando il visitatore varca la soglia del Padiglione entra di fatto in un centro di cura e, diventando paziente, prende un numero ed attende il proprio numero nella Zona di Accoglienza, dove è proiettato il programma televisivo FHX (che recita “Siate pazienti, siate dei pazienti”). Quando il proprio turno sopraggiunge, al Banco di Accoglienza il paziente viene chiamato a scegliere un Braccialetto di Rischio. Successivamente è invitato ad entrare in una Safe – Unit (Unità di Sicurezza) per imparare come emettere un Urlo Contenuto in se stesso e accedere, al termine, all’ultima tappa: la visione, seduti su una Care – Chair (Poltrona di Cura), di un breve video realizzato da un artista invitato a partecipare da Aya Ben Ron e avente come tematica il confronto con un male sociale attraverso una storia personale, al termine del quale si può accedere a una Seconda Opinione per confrontare la propria percezione di quanto visto con quella di due esperti.
La nostra personale partecipazione attiva al progetto ci ha portato ad essere spettatori del video della stessa Ben Ron, No Body: il trauma infantile subito dalla stessa artista, taciuto per molto tempo, trova una delicata narrazione in un racconto autobiografico narrato dalla lei stessa che ha le sembianze di una figura animata.
Un’arte, quella messa in campo nel Padiglione Israele, che prende posizione, che mette le persone in condizione di descrivere con le proprie parole il proprio trauma e di essere spettatori partecipi di quel che accade sotto i nostri occhi, fuori dai linguaggi imposti dal sistema legale e dai mezzi di comunicazione.
[Livia Savorelli]

Padiglione Israele
Aya Ben Ron. Field Hospital X
Curatore: Avi Lubin
Promotore: Ministero della Cultura e dello Sport di Israele – Dipartimento Musei e Arti Visive; Ministero degli Affari Esteri di Israele – Divisione per gli Affari Culturali e Scientifici; Ambasciata di Israele, Roma
Sede: Giardini della Biennale
Info: www.fieldhospitalX.org

Russia

Padiglione Russia, Lc 15:11-32, 58. Esposizione Internazionale d’Arte –
La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times.
Ph. Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

La Russia per l’ennesima volta coglie nel segno e azzecca l’esposizione; fra i tanti padiglioni che espongono opere da salotto, la vera novità risiede nei protagonisti: la curatela infatti, per la prima volta nella storia della Biennale, è affidata ad una istituzione pubblica, l’Ermitage di San Pietroburgo, che si pone giustamente al centro della riflessione sdoppiando gli interventi sui due piani. Il primo, affidato ad un regista Alexander Sokurov che ricrea un vero e proprio atelier d’artista, con tanto di fascino ed atmosfera, ponendo al centro il capolavoro di Rembrandt, Il ritorno del Figliol prodigo, dipinto nel 1668 e star della collezione museale (da cui il titolo Lc. 15:11-32). Un dentro ed un fuori contrapposti così come si contrappongono passato e presente: dalle finestre del ricreato atelier infatti si mostrano le conseguenze della guerra e l’eco virtuale e silenziosa di perdono pietà e comprensione. Scendendo verso il basso l’atmosfera cambia, senza perdere in coerenza, e il visitatore ha la possibilità di addentrarsi nell’altra opera simbolo dell’Istituzione museale: Alexander Shishkin-Hokusai si ispira all’altrettanto famosa opera dell’Ermitage, l’Orologio del Pavone, grande automa meccanico costruito nella seconda metà del XVIII secolo, che fu poi di Caterina la Grande. L’artista riesce ad immergere il visitatore all’interno dell’opera annullando le distanze geografiche e temporali e mantenendosi coerente con una certa estetica horror chic tipica dell’epoca. Una camera inquietante e partecipativa in cui le macchine partono regolarmente a sottolineare l’influenza costante e potente che un museo universale può esercitare nell’era globale.
[Viviana Siviero]

Padiglione Russia
Alexander Sokurov e Alexander Shishkin-Hokusai. Luca 15: 11-32
Curatore: Mikhail Piotrovsky, The State Hermitage Museum
Commissario: Semyon Mikhailovsky
Sede: Giardini della Biennale
Info: www.ruspavilion.com

Albania

Veduta del Padiglione dell’Albania, Driant Zeneli. Maybe the cosmos is not so extraordinary. Ph. Atdhe Mulla

Maybe the cosmos is not so extraordinary (2019) di Driant Zeneli (1983, Shkoder, Albania, vive tra Milano e Tirana) è l’ultima tappa di una trilogia, nata nel 2015 con Beneath the surface there is just another surface, sviluppato al Metallurgjik, un complesso industriale distopico, ad Elbasan, Albania. L’opera, e il titolo, derivano dal racconto di fantascienza Sulla via per l’Epsilon Eridani (1983) dello scrittore e fisico albanese Arion Hysenbegas.
La cosmologia torna al centro dell’indagine di Zeneli come una metafora, una chiave di lettura non convenzionale tanto quanto le sue passate “imprese”: quando ha cercato di attraversare il sole o toccare la luna. Rispetto alla trilogia precedente Zeneli in questa installazione, che combina video e scultura, supera la centralità del suo io e coinvolge un gruppo di adolescenti di Bulqize alla scoperta di una capsula cosmica che segue il percorso del cromo, il minerale che dal 1918 viene estratto in questa città del Nord-Est del suo paese ed è alla radice di conflitti economici e politici. Il percorso dall’estrazione e lavorazione all’interno della fabbrica fino alla sua esportazione e utilizzo a livello globale si sviluppa in parallelo ad un piano “sotterraneo” della ricerca dell’artista che evidenzia la capacità di Zeneli di fondere spazio fisico e virtuale, realtà e immaginazione, verità e finzione, oppressione e liberazione, rispecchiando l’abilità, ed è questo che ci affascina del suo lavoro, di aprire varchi verso la dimensione dell’onirico mantenendo sempre un gancio con la realtà contingente, con la situazione geopolitica. Perché il personale è politico e viceversa.
[Francesca Di Giorgio]

Padiglione Albania
Driant Zeneli. Maybe the cosmos is not so extraordinary
Curatore: Alicia Knock
Commissario: Ministero della Cultura della Repubblica d’Albania
Sede: Arsenale
Info: driantzeneli.com/albanian-pavilion-2019/

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