INTERVISTA DI CHIARA SERRI
A due anni e mezzo dalla personale di Gianni Caravaggio, la Collezione Maramotti di Reggio Emilia ospita un nuovo progetto di Federico Ferrari, maturato insieme all’artista abruzzese e ad altri sette autori internazionali: Alice Cattaneo, Thea Djordjadze, Jason Dodge, Francesco Gennari, Ian Kiaer, Helen Mirra e Karla Black, che rappresenterà la Scozia alla prossima Biennale di Venezia. Artisti, pressoché coetanei, che negli ultimi dieci anni hanno tracciato una linea poetica comune, «spingendo l’opera verso una nudità in cui ogni forma di estetizzazione lascia il campo alla questione stessa dell’arte, al suo senso e alla sua etica». Arte essenziale, secondo la definizione di Ferrari che, dopo la mostra reggiana, sarà presentata alla Kunstverein di Francoforte, prima di entrare a far parte della collezione permanente, che raccoglie diverse centinaia di opere, tra cui Richter, Kiefer, la Transavanguardia e molto altro ancora…
Chiara Serri: La mostra s’intitola Arte essenziale, non senza alcuni rimandi all’Arte Povera e all’Arte Concettuale. In un momento in cui è particolarmente difficile definire cosa sia (o non sia) arte, dove si può rintracciare l’essenza del gesto artistico?
Federico Ferrari: L’essenza del gesto artistico è all’interno della prassi stessa dell’arte. È infatti l’arte, la sua pratica e la sua capacità di creare opere che definiscono, di volta in volta, cosa sia arte. L’essenza dell’arte non è un qualcosa di ideale e non è né in un futuro utopico né in un’età dell’oro. Non c’è quindi nessun nostalgico richiamo al passato né alcuna posa neo-avanguardista in arte essenziale. L’essenza dell’arte è in noi, nella nostra capacità di tornare sempre, qui e ora, come se fosse la prima volta, all’apparire dell’opera, al suo momento creatore. Ecco, arte essenziale è questa volontà, seria e senza vie di fuga, di aprirsi al momento della creazione.
Gli autori invitati sono otto: tre italiani e cinque stranieri, pressoché coetanei. Quali sono le principali analogie che si possono individuare all’interno dei differenti ambiti di ricerca?
Una risposta a questa domanda meriterebbe un lungo discorso per non cadere in una serie di cliché, come inevitabilmente farò anch’io… Non credo tanto ci siano delle analogie, ma delle consonanze e dissonanze tra singolarità forti. Karla Black, ad esempio, apre l’orizzonte di una creazione contemporanea e di una nuova cosmogonia (lei lo fa attraverso materiali come il pigmento e i prodotti cosmetici), ma lo stesso fanno, con materiali diversi, a volte “nobili” a volte quotidiani, Gianni Caravaggio e Francesco Gennari. Sono gesti che producono opere diverse ma egualmente potenti visivamente. Alice Cattaneo e Ian Kiaer lavorano su quella che potremmo chiamare un’anarchitettura (per parafrasare Gordon Matta-Clark), nel senso che ripensano l’arché, il principio, di un costruire che non ha delle basi prefissate. Helen Mirra cerca di pensare e di costruire immagini di un’altra modalità dello stare su questa terra, di percorrerla e di abitarla e compie il suo gesto artistico, tramite una forma di mappatura di viaggio. Thea Djordjadze e Jason Dodge ci invitano a riflettere sull’indissolubile legame tra la singolarità, la specificità e l’intimità di ogni esistenza, e l’universalità dell’immagine che l’arte inevitabilmente porta con sé. Questi artisti sono delle singolarità non omologabili, ognuno di loro indica una possibilità. Come ben sapevano i romani, singuli si può dire solo al plurale.
È un caso che molti di questi artisti, da Alice Cattaneo a Gianni Caravaggio, concepiscano il proprio gesto prevalentemente nella tridimensionalità?
Non tutti gli artisti possono essere definiti “scultori”, ma è vero che molti di loro lavorano anche nella tridimensionalità. Direi che tutti mostrano come la questione dell’arte sia la questione della percezione di tutti i sensi, non solo della vista. Tutti mostrano che il senso che l’arte espone è un senso “alla mano”, a portata di mano, già presente nella materia, nelle cose.
Nonostante Arte essenziale non sia né una mostra di gruppo, né una mostra a tema, ci sono stati momenti di confronto tra i diversi artisti?
Per alcuni di loro, ad esempio Gennari e Caravaggio, il confronto risale anche a prima della mostra. Per altri, è nato un dialogo a distanza o forme di collaborazione su progetti specifici. Molti di loro si incrociano in diversi musei del mondo, in mostre collettive. Ma il dialogo, nell’arte e nella cultura, non è fatto solo di parole, ma anche di intese silenziose. Ed è in questi silenzi che si creano i legami più forti.
Le opere esposte, realizzate appositamente per la mostra, saranno acquisite dalla Collezione Maramotti. Un importante progetto di produzione collettiva…
Sì, la Collezione è stata fondamentale per permettere che questa idea diventasse una realtà. Senza il confronto e il supporto, nel rispetto assoluto dei ruoli, di Luigi Maramotti e Marina Dacci, questa mostra probabilmente non avrebbe mai visto la luce. È raro, oggi, in Italia, trovare persone così profondamente attente, curiose e rispettose della cultura. Ed è bello pensare che tutto ciò non andrà disperso e perduto, ma entrerà a far parte di una memoria che, molto probabilmente, ci sopravviverà.
Dopo Reggio Emilia?
La mostra andrà alla Frankfurter Kunstverein, uno degli spazi più interessanti e importanti d’Europa dedicati all’arte contemporanea. Non è facile che una mostra “italiana” riesca a superare i confini nazionali e sia accolta con entusiasmo in uno spazio pubblico come la Kunstverein di Francoforte. Anche questo è per me e per gli artisti un segno importante che forse qualcosa sta cambiando nel panorama asfittico degli ultimi anni, in cui tutto si ripeteva più o meno in modo identico da una biennale all’altra, da un capo all’altro del mondo. La mia speranza è, però, che Arte Essenziale non diventi una corrente tra le altre ma dia inizio ad altro, a qualcosa che né io né gli artisti eravamo in grado di vedere e di pensare.
L’evento in breve:
Arte essenziale
a cura di Federico Ferrari
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
Info: +39 0522 382484
www.collezionemaramotti.org
8 maggio – 25 settembre 2011
Artisti in mostra: Karla Black, Gianni Caravaggio, Alice Cattaneo, Thea Djordjadze, Jason Dodge, Francesco Gennari, Ian Kiaer, Helen Mirra
In alto:
Gianni Caravaggio, “Immagine seme”, 2011 marmo nero del Belgio, polvere d’intonaco, cm 143,5×148,7×2,5, photocredit Dario Lasagni, courtesy Collezione Maramotti
In centro:
Thea Djordjadze, “I trust the liar. With pleasure, tea”, 2011, particolare, photocredit Dario Lasagni, © Thea Djordjadze, courtesy Collezione Maramotti
In basso, da sinistra:
In primo piano: Karla Black, “Persuader Face”, 2011, polvere di gesso, vernice in polvere, carta da zucchero, gesso, correttore stick, cm 1x790x770, particolare | In secondo piano: Karla Black, “What To Ask Of Others”, 2011, politene, polvere di gesso, filo, cm 140x300x30, © Karla Black, photocredit Dario Lasagni, courtesy Collezione Maramotti
In primo piano: Francesco Gennari, “La Degenerazione di Parsifal (Natività)”, 2005-2010, acciaio inox, farina, farfalle, dimensioni variabili tendenti all’infinito, particolare
In secondo piano: Francesco Gennari, “Autoritratto su menta (con camicia bianca)”, 2009, stampa a getto d’inchiostro su carta 100% cotone, cm 40x 26,5, © Francesco Gennari, photocredit Dario Lasagni, courtesy Collezione Maramotti