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PESCARA | Palazzotto Albanese | 12 luglio – 12 settembre 2014

Intervista a SIMONE CIGLIA di Matteo Galbiati

In occasione della mostra Vita activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea che, parte del programma di Arte In Centro e presentata al Palazzotto Albanese di Pescara, è dedicata alla lettura e allinterpretazione del mondo del lavoro da parte della ricerca di alcuni artisti protagonisti dellarte di oggi, abbiamo intervistato il curatore Simone Ciglia:

Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, Palazzotto Albanese, Pescara Foto Paolo Angelucci (Simone Ciglia durante l'inaugurazione della mostra)

Come nasce questo progetto dedicato al mondo del lavoro visto da artisti contemporanei? Perché la necessità di aprirsi a questa lettura?
Vita activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea nasce dall’esigenza di far ascoltare la voce dell’arte nel dibattito intorno a una delle questioni più urgenti della contemporaneità: quella del lavoro. Pur essendo uno dei temi socialmente più incalzanti, il lavoro non ha ricevuto grande attenzione in campo espositivo, almeno recentemente nel nostro paese. La mostra esplora l’argomento evitando la lettura a esso solitamente associata, quella socio-politica veicolata dai mass-media, che ad esempio ci tempestano quotidianamente con le notizie dei dati ISTAT sulla disoccupazione in costante aumento. In questa occasione si è scelta invece una prospettiva filosofica, sulla scorta delle riflessioni di Hannah Arendt. Nel suo The Human Condition (1958, tradotto in italiano con il titolo Vita activa), la filosofa tedesca delinea due diverse concezioni del lavoro umano: quella che definisce propria dell’animal laborans – che lega il lavoro al ciclo biologico del corpo – e quella dell’homo faber – creatore di oggetti artificiali da inserire nel contesto naturale. Queste idee forniscono la cornice teorica all’interno della quale s’inquadrano le opere presentate in mostra. 

Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, Palazzotto Albanese, Pescara Foto Paolo Angelucci (veduta della mostra)

Quali sono gli artisti da te prescelti per questo progetto?
Gianfranco Baruchello, Joseph Beuys, Cao Fei, Harun Farocki, Matteo Fato, Liam Gillick, Armin Linke, Bruno Munari, Teofilo Patini, Paride Petrei, Santiago Sierra.

Come hai scelto, invece, le singole opere per questa mostra? Come le hai pensate nell’allestimento? Quali media hai privilegiato?
La selezione delle opere riflette l’angolatura filosofica prescelta: ho cercato di presentare autori che abbiano indagato l’essenza del lavoro, ciò che esso rappresenta per l’essere umano. La mostra vuole tentare di dare una risposta a una domanda che ricorre nell’opera di Fischli & Weiss: “Che cosa accade alla mia anima mentre lavoro?”.
L’allestimento è stato ovviamente dettato dallo spazio della mostra, scelto per il suo legame con l’universo del lavoro: si tratta infatti di un palazzetto di recente costruzione al centro della città di Pescara, che ospitava un multistore ora dismesso (come molti esercizi commerciali nella zona). Ho cercato quanto più possibile di liberare lo spazio dalle interferenze visive e di renderlo adatto ad accogliere delle opere d’arte, senza tuttavia per questo cancellare del tutto la sua precedente identità, che può essere ancora percepita. Sono piuttosto soddisfatto del risultato, che inaspettatamente si avvicina molto alla tipologia spaziale della galleria.
Non ho privilegiato nessuno dei media artistici; ho cercato piuttosto di offrire un panorama quanto più diversificato delle ricerche contemporanee. In mostra sono quindi rappresentati: pittura, scultura, installazione, fotografia (anche nella sua accezione di documentazione di performance), video, fino al design.

Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, Palazzotto Albanese, Pescara Foto Paolo Angelucci (veduta della mostra)

Come viene letto il tema “lavoro” da queste opere? Che visione ne esce?
Il tema del lavoro è caratterizzato da un’estrema complessità, e la mostra non ha alcuna pretesa di completezza. L’intento è piuttosto quello di offrire una visione di questo soggetto nell’ambito dell’arte contemporanea. I cambiamenti che nel XX secolo hanno caratterizzato tanto il lavoro quanto l’arte hanno prodotto un panorama assai variegato. Mi sembra tuttavia che sia possibile individuare principalmente due linee lungo le quali si dipana la relazione fra arte e lavoro. Una prima che definirei della rappresentazione, di cui possiamo rintracciare le radici nell’ambito del movimento realista (metà XIX secolo): essa guarda appunto al lavoro come soggetto da raffigurare (nelle sue sfaccettature costituite dall’immagine del lavoratore, dell’attività e dei luoghi del lavoro). Nel corso del XX secolo tuttavia si sviluppa parallelamente un secondo indirizzo che chiamerei della strumentalità: in quest’ambito il lavoro offre all’artista una serie di mezzi e relazioni da impiegare all’interno della propria opera. In tal modo entrano nel dominio dell’estetica campi fino ad allora rimasti esclusi, come ad esempio l’agricoltura o il mondo della produzione aziendale.

Il progetto s’inserisce nel programma di Arte in Centro, come si lega e rapporta alle altre proposte di questa interessante offerta di “sistema culturale” allargato e diffuso?
Il circuito Arte in centro è nato quest’anno e unisce sette località fra Marche e Abruzzo (Ascoli Piceno, Atri, Castelbasso, Civitella del Tronto, Loreto Aprutino, Pescara, Teramo) che presentano nove mostre di arte contemporanea e un corollario d’iniziative collaterali. A legare queste iniziative è l’idea di portare l’arte contemporanea nei borghi e nelle città, al di fuori dei consueti circuiti centralizzati. Senza voler fare l’apologia della periferia, penso che questi luoghi siano degni di attenzione anche nel campo dell’arte.

Matteo Fato, Senza titolo con Quattro esercizi Equestri, 2013, olio su lino, transport case in compensato, 210x180 cm Courtesy l'artista Foto Matteo Fato

Che connessioni ha – se le ha – invece con il pubblico e il territorio in cui si apre la mostra?
La mostra vuole instaurare un dialogo con il territorio nel quale si svolge. Ho cercato infatti di presentare – per quanto possibile – esperienze artistiche vicine al visitatore, anche allo scopo di superare le resistenze che il grande pubblico nutre ancora nei confronti dell’arte contemporanea. Questo spiega ad esempio l’incipit simbolico della mostra con una tela di Teofilo Patini, pittore di origine abruzzese che ha operato nel secondo ottocento; oppure la presenza di Joseph Beuys, che negli ultimi tredici anni della sua vita ha avuto una lunga frequentazione con l’Abruzzo, grazie al mecenatismo di Lucrezia De Domizio e Buby Durini; anche Bruno Munari ha svolto i suoi laboratori didattici a Pescara, oltre ad avervi esposto. In occasione della mostra inoltre la Fondazione Aria ha promosso due residenze per artisti all’interno d’imprese del territorio: Matteo Fato e Paride Petrei hanno avuto modo di lavorare rispettivamente in un’azienda di lavorazione delle carni e in un’azienda agricola. Alla fine di questa esperienza a contatto con il mondo del lavoro hanno realizzato un’opera che viene esposta in mostra.

Quali messaggi si offrono ai visitatori rispetto ad un tema di stingente attualità come quello del lavoro?
Più che un messaggio, credo che la mostra offra una visione del lavoro nella contemporaneità. Il quadro che ne emerge è piuttosto multiforme: accanto a esperienze di segno positivo (quali ad esempio il richiamo alla figura di Bruno Munari e alla straordinaria stagione del design italiano degli anni Cinquanta-Sessanta, o ancora ad Adriano Olivetti, committente dell’architettura di Carlo Scarpa) convivono elementi di spietato realismo, in una linea ininterrotta che sembra correre da Patini a Sierra. Come sempre accade nell’arte contemporanea, è il visitatore a trarre le proprie conclusioni.

Santiago Serra, Enterramiento de diez trabajadores, Calambrone, Italy, February 2010, 6 b/w photographs, 100x177 cm each

A margine della mostra sono previste durante la sua apertura una serie di altre iniziative collaterali. Di cosa si tratta? Con quale scopo e finalità le avete proposte?
La mostra è accompagnata da un calendario di eventi che interessano i campi più diversi: teatro, musica, cinema, letteratura, filosofia, cucina. L’intento è quello di guardare al tema del lavoro da molteplici prospettive, cercando di avvicinare anche un pubblico solitamente lontano dall’arte contemporanea. Tutti gli eventi si tengono in spazi pubblici di Pescara, proprio per cercare un dialogo con la città.

La mostra è aperta da quasi un mese, a metà del suo periodo di apertura, che report hai ricevuto? Quali considerazioni e risposte di pubblico e presenze hai avuto modo di verificare?
La mostra ha avuto un grande riscontro di pubblico nella giornata d’inaugurazione, ricevendo anche molti apprezzamenti. In questo periodo ci stiamo impegnando per superare la logica effimera dell’evento e cercare di consolidare le presenze, ottenendo una discreta risposta.

Cosa ha rappresentato l’esperienza di Arte In Centro per te in veste di curatore? Cosa ti auguri?
Sono stato molto felice di aver trovato un interlocutore sensibile nella Fondazione Aria, che ha voluto presentare il mio progetto all’interno del circuito Arte in centro. Oltre alla maggiore visibilità, esso ha offerto un interessante momento di confronto con i curatori e gli artisti partecipanti alle altre mostre. Mi auguro che questa esperienza possa ripetersi nei prossimi anni, incontrando sempre maggiore successo.

Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea, Palazzotto Albanese, Pescara Foto Paolo Angelucci (veduta della mostra)

Un’esperienza da ripetere? Come migliorarla? Cosa aggiungeresti o toglieresti?
Sono convinto che l’esperienza di Arte in centro meriti di essere ripetuta. Nei prossimi anni potrebbe essere interessante stringere ancora di più i legami fra le varie istituzioni che partecipano al progetto, scegliendo ad esempio un tema comune su cui lavorare.

Altri progetti in programmazione per il prossimo o l’immediato futuro?
I prossimi mesi mi vedranno impegnato su un altro dei fronti in cui si svolge il mio lavoro nel campo dell’arte, quello della didattica. Proseguirò infatti la collaborazione già avviata con Zanichelli per la redazione dei testi scolastici. Sto cercando inoltre nuove opportunità per continuare sulla strada della ricerca (Simone Ciglia è dottore di ricerca in Storia dell’Arte Contemporanea all’Università La Sapienza di Roma n.d.r.). Mi dedicherò poi all’ideazione di nuovi progetti curatoriali.

Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea
a cura di Simone Ciglia
in collaborazione con Fondazione Aria
nell’ambito di Arte in Centro. Cultura contemporanea nei borghi e nelle città
 4 luglio – 28 settembre 2014

Artisti: Gianfranco Baruchello, Joseph Beuys, Cao Fei, Harun Farocki, Matteo Fato, Liam Gillick, Armin Linke, Bruno Munari, Teofilo Patini, Paride Petrei, Santiago Sierra

12 luglio –  12 settembre  2014

Palazzotto Albanese
Via Nicola Fabrizi 186, Pescara 

Orari: da
martedì a domenica 17.00-22.00

Info: Arte in Centro
+39 0861 508000
info@arteincentro.com
www.arteincentro.com

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