TRENTO | MUSE Museo delle Scienze | 22 gennaio – 10 aprile 2016
Pau Brasil è una pianta endemica del Brasile minacciata di estinzione. Quest’albero della foresta vergine, che ha dato il nome alla repubblica federale brasiliana, è il titolo scelto dall’artista Margherita Leoni per la mostra che il MUSE le dedica dal 22 gennaio 2016. Il Museo delle Scienze, come spazio di letture incrociate e a più voci, apre i propri spazi per ospitare una riflessione sulla perfezione e fragilità della natura, declinata in oltre settanta opere, che si muovono fra la tecnica dell’acquerello, del carboncino e dell’elaborazione digitale, per offrire un racconto della biodiversità botanica brasiliana e interrogare sulla necessità di un ritrovato rapporto di equilibrio, conoscenza e rispetto con il mondo naturale.
L’esaltazione della bellezza della natura e la ricerca della libertà dell’arte si combinano con una forte consapevolezza del valore scientifico del mondo vegetale.
L’esposizione ripercorre le fasi più significative del lavoro di Margherita Leoni, percorrendo in senso approssimativamente cronologico gli anni di ricerca che vanno dal 2000 a oggi e focalizzando l’attenzione del visitatore sullo spazio centrale del Piccolo Vuoto, reso magnetico da una grande spirale di più di tre metri di altezza con opere sovradimensionate e modificate digitalmente. Nel cuore del museo, a poca distanza dalla serra tropicale, nasce così un’altra foresta, un Paradiso Terrestre, simbolo dell’energia vitale della natura. L’installazione è circondata da 5 sezioni che scandiscono il ritmo della ricerca creativa dell’artista: Contemplazione, Paradiso Perduto, Semina – Essere Natura, Miti degli Indios del Brasile, Esseri umani – Piante.
Nel 2010 un evento drammatico segna un momento di risveglio civico e di cambiamento: una serie di devastanti incendi distrugge quasi completamente il Parque Nacionale das Emas, una delle più grandi e meglio conservate riserve brasiliane a tutela del cerrado e protetta dall’Unesco.
L’artista entra nel parco qualche giorno dopo, trasformandosi in testimone e documentando con il videomaker Ricardo Martensen il disastro naturale. Cammina sulle ceneri, tocca i carboni ancora caldi, li raccoglie e li porta nel suo atelier. Il suo lavoro, dopo il tragico incendio, ingloba la sofferenza della natura e di riflesso dell’uomo. Dal 2010 al 2013 le sue opere portano il segno di questa riflessione: come in un gesto tribale, il colore si mischia alla cenere delle specie arboree distrutte, comunicando la volontà di ricreare la vita perduta.
Con il passare del tempo il sentimento di sofferenza e rabbia si trasforma in desiderio di rinascita. In questa nuova fase l’artista cerca, raccoglie e cataloga semi di ogni specie, ne studia l’anatomia e la traspone sulla carta, spesso privandola di colore, ritornando alla grafia e al segno: un invito a spogliarsi delle sovrastrutture e a riscoprire le proprie origini.
Questo processo prosegue con la riscoperta del mito, come genesi di un nuovo dialogo con il mondo. Nelle leggende degli Indios, dove il tempo e il luogo in cui l’individuo vive sono intrecciate alla natura e la ciclicità è un rituale in cui tutti gli elementi trovano perfetta collocazione, Margherita Leoni riscopre anche le tracce del presente. Attraverso il mito ritrova la volontà delle comunità di porre le basi per un vivere comune fondato su codici di comportamento, regole e accordi che garantiscano la prosecuzione della specie e la salvezza dell’ordine sociale. L’artista associa dodici leggende a un dipinto di un frutto o di un seme, auspicandosi che l’essere umano torni a sentire la natura come realtà di cui è parte.
“Credo nell’arte come espressione dell’uomo – così scrive Margherita Leoni – esprimo il mio pensiero senza nessuna pretesa se non quella di poter essere libera di manifestare i miei sentimenti e le mie idee. La mia scelta artistica spero contribuisca con un tassello al puzzle dell’agire umano verso il rispetto, l’equilibrio, l’armonia, la vita”.
La ricerca di Margherita Leoni si sviluppa all’interno di un’area, il sud est del Brasile, che con l’Amazzonia – il “gigante verde” con suoi oltre cinque milioni di chilometri quadrati – è ad oggi la più ampia superficie di foresta pluviale del pianeta. La scarsa attenzione che ancor oggi l’uomo continua a prestare alla conservazione di queste aree naturali è in netto contrasto con la recente consapevolezza della loro valenza biologica. Al loro interno sono state individuate 23.000 specie vegetali, 264 specie di mammiferi, quasi 1.000 uccelli, oltre 300 rettili, 456 anfibi e 350 pesci d’acqua dolce. Nuove specie continuano ancora oggi ad essere scoperte e descritte. La prossimità con grandi aree urbane di urbanizzazione e sviluppo economico e la “fame” di risorse forestali della società brasiliana contemporanea ha però preteso e continua a pretendere un pesantissimo tributo dalle foreste atlantiche. Oltre l’85% dell’originario habitat forestale originale è andato perduto e sostituito da paesaggi umani modificati che comprendono pascoli, campi coltivati e aree urbane, e la deforestazione continua. Quasi 250 specie di vertebrati si sono già estinte per effetto degli impatti delle attività umane negli ultimi quattrocento anni e oltre la metà delle specie minacciate del Brasile sono viventi nelle foreste costiere.
Il lavoro di Margherita Leoni, come quello di altri artisti che dedicano il loro lavoro al mondo verde, contribuisce ad accrescere la nostra percezione della biodiversità della bellezza degli ecosistemi sviluppando la consapevolezza della necessità di consegnare alle generazioni future un pianeta sano.
PAU BRASIL. Il mito verde di Margherita Leoni
a cura di Anna Lisa Ghirardi, Osvaldo Negra e Francesco Rigobello
MUSE Museo delle Scienze
Corso del Lavoro e della Scienza 3, Trento
22 gennaio – 10 aprile 2016
Inaugurazione venerdì 22 gennaio ore 17.00
Orari: dal martedì al venerdì: 10.00 -18.00
sabato, domenica e festivi: 10.00 – 19.00
chiuso il lunedì
Info: +39 0461270311
www.muse.it