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PTUJ (SLOVENIA) | Luoghi vari | IL REPORT

Intervista a MARIKA VICARI e JERNEJ FORBICI di Francesca Di Giorgio

Un’altra edizione di Art Stays, il Festival internazionale di arti contemporanee, con epicentro nella cittadina slovena di Ptuj, è volto al termine. Un appuntamento estivo consolidato che si inserisce ogni anno nei diversi luoghi espositivi con una capacità di riflettere sugli spazi stessi e in questa edizione, più che mai, sotto la lente di un un filo conduttore forte come il tema scelto, The Space, per la 22a edizione del festival seguito da Jernej Forbici e Marika Vicari e che quest’anno ha visto come curatori ospiti Matteo Galbiati, Livia Savorelli e Italo Bergantini. Abbiamo intervistato i due direttori per un vero e proprio report del progetto, approfondendo, ricerche, temi, proposte degli artist* coinvolt*…

Beppe Bonetti, The Space, Galerija mesta Ptuj. Ph Rok Golob RG

Gli artisti Shaun Gladwell, Hans Op de Beeck, Beppe Bonetti, Béatrice Lartigue, Vinko Tušek, Natalija R. Črnčec, Nina Šulin e JUNEsHELEN sono i protagonisti di The Space, la mostra centrale che, nelle sue sale di Galerija mesta Ptuj attraverso un nucleo significativo di opere dal carattere installativo e site-specific, rivendica una profonda riflessione sul significato e il concetto di “spazio”. Come dialogano le opere e che suggestioni definiscono per lo spettatore?
Le opere che abbiamo selezionato dialogano in un ambiente concepito come aperto per indicare sei stati “liminari” (mobilità, metà-razionalità, finzione, dimensione, processi ed equilibrio) dello spazio.
Le opere di Beppe Bonetti, presentate nella prima stanza della mostra convergono in una dimensione che egli stesso già negli anni Ottanta ha definito meta-razionale ovvero in una sintesi tra pensiero logico e illogico, tra regola e casualità, in cui ogni segno compare e scompare, si dissolve e si sgretola. Nelle sue opere sfere tridimensionali e acrilici su tela, lo spazio visivo diviene luogo in cui l’artista prima e lo spettatore poi giocano con le variazioni infinite della forma costruendo un alfabeto di stati e codici nuovi.
Un dialogo che si estende in un codice artistico e spaziale diverso nell’equilibrio sospeso della quotidianità del dittico In a Station of the Metro di Shaun Gladwell del 2006. Qui l’artista interpreta lo spazio, l’equilibrio di corpi in movimento o che semplicemente stanno, sospesi.

Shaun Gladwell, The Space, Galerija mesta Ptuj. Ph Rok Golob RG

Lo spettatore ritrova la sospensione sorprendendo nella mobilità dello spazio e delle cose con l’installazione di Vinko Tušek. L’opera è stata creata negli anni Settanta come sviluppo concettuale dell’intenso rapporto tra pittura e spazio e viene qui riproposta in un ambiente quasi onirico, dove il “cubo bianco” è una superficie tridimensionale, atemporale che permette di essere direttamente attraversato, esplorato dall’interno con oggetti-scultura che sono anche molteplici punti di vista e che offrono un movimento infinito sul luogo e sul tempo spingendosi oltre, verso la finestra aperta dove l’installazione continua in un infinito altrove.
In modo completamente diverso Natalija R. Črnčec, Nina Šulin e JUNEsHELEN interpretano le notevoli dimensioni dello spazio espositivo giocando con una immensa ed intricata struttura di elementi sospesi e fili, suono e luce blu. Un processo che non si esaurisce ma che dialoga e continua con In Wood Wide Web di Béatrice Lartigue. Qui l’artista crea processi di proliferazione utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale generativa per trasformare grandi quantità di dati in organismi viventi.La finzione visiva di Hans Op de Beeck irrompe invece nello spazio espositivo avvolgendo ogni percezione, e movimento e congelandolo nel silenzio. Davanti a noi due mani anonime costruiscono e decostruiscono un viaggio visivo cinematografico. L’artista ci accompagna in luoghi sapientemente costruiti e smontati in scala ridotta fatti di vita e morte, crescita e decadenza, paesaggi esterni ed interni; tutto è espresso in riferimenti storici e culturali verso il modo in cui l’uomo “umanizza” lo spazio aperto nel tentativo di creare un significato, un’identità e un’interazione logica con il tempo.
La mostra è stata concepita come un viaggio in cui le opere si ridefiniscono a contatto l’una con l’altra. Esse raccolgono, riflettono o invitano continuamente a una nuova osservazione del contenuto ma anche dello spazio da parte dello spettatore nella loro ricerca come situazione dinamica rivelando così nuove esperienze del possibile.

Hans Op de Beeck, The Space, Galerija mesta Ptuj. Ph Rok Golob RG

Alla Miheličeva Galeria si possono ammirare, invece, numerose opere frutto della rigorosa ricerca pittorica astratta di Duša Jesih. L’ambiente circolare, disposto su due livelli, permette di frazionare l’espressività giocata sull’identità assoluta del bianco e del nero, tipica dell’artista: in questa ampia personale come si raccontano le coordinate dello spazio cui si aggiungono, ammessa l’ampiezza ulteriore di senso, anche quelle del tempo? In che contesto possiamo collocare la sua complessa ricerca concettuale?
Nella mostra Camouflage, l’artista ci invita ad un’intima esperienza dell’equilibrio tra l’arte e lo spazio. La sua complessa ricerca concettuale muove dal fatto di saper creare ed usare magistralmente forme geometriche, colori e texture che si fondono con lo spazio della galleria, creando l’illusione del movimento e del cambiamento. Le sue opere non sono quadri statici su tela ma elementi attivi che si confrontano e si integrano con lo spazio. Questo crea una simbiosi unica tra arte e ambiente che risveglia la curiosità dello spettatore e ne incoraggia l’esplorazione. La mostra non è una retrospettiva di opere passate, ma uno sguardo al futuro del lavoro dell’artista e alle nuove direzioni che l’arte sta oggi esplorando nel contesto dello spazio. Il concetto di mimetizzazione, che dà il nome alla mostra, non è solo metafora di un nascondiglio ma illustra anche il modo in cui l’arte interagisce con l’ambiente circostante. Le opere entrano in contatto, si adattano allo spazio, si integrano in esso e lo co-creano attivamente.

Duša Jesih, CAMOUFLAGE- Rethinking the Space. Ph. Rok Golob RG

Al Monastero Domenicano di Ptuj si è sviluppata la mostra Ecosofismi. Storie di naturali riconciliazioni, progetto del curatore Matteo Galbiati che riunisce sei artisti di generazioni diverse – Cesare Galluzzo, Asako Hishiki, Christiane Löhr, Wilhelm Mundt, Mauro Staccioli, Willy Verginer – e innesta un ragionamento “sul valore morale di una nuova coscienza ambientale dove la componente antropica non assoggetta con supremazia né confligge con la parte naturale”. La delicatezza di questo sguardo si rivela anche in un allestimento misurato, dove prevale l’assenza più che la presenza, valorizzando al massimo la suggestione degli ambienti del Chiostro. Quale è stata la vostra percezione riguardo al dialogo instaurato con lo spazio e come il pubblico ha accolto le tematiche ambientali e la visione di una convivenza non basata sulla sopraffazione?
Abbiamo avuto il piacere di condividere con Matteo Galbiati la genesi del suo progetto sin dalle prime fasi. È stato interessante il suo approccio e la scelta di artisti ed opere molto importanti eppure diverse tra loro. La sua sensibilità e buona conoscenza del complesso spazio del Monastero si è misurata con la straordinaria capacità di far dialogare l’opera con l’ambiente circostante, di condividerne l’identità, far incontrare e misurare gli elementi, le attese, comprendere e cercare tra i pieni ed i vuoti, la leggerezza e la matericità, i dialoghi di possibili riconciliazioni e connessioni tra l’uomo e la natura. È per noi una importante riflessione. Un rovesciamento di prospettive, che certamente promuove una nuova cultura per poter ritrovare l’armonia dell’uomo e della natura. Un dialogo importante questo, che sentiamo da tempo vicino non solo nei nostri progetti del Festival ma anche nei nostri lavori artistici. Il pubblico di Ptuj non è nuovo a questo tipo di tematiche ambientali ma sicuramente è importante continuare per poter capire e rivalutare la sopraffazione. Ha trovato spunti di riflessione verso la convivenza, la consapevolezza. Il mondo è in costante cambiamento, abbiamo la responsabilità del cambiamento e le nostre azioni influenzano questo processo.

Christiane Löhr, Ecosofismi. Storie di naturali riconciliazioni, Monastero Domenicano. Ph Rok Golob RG

SPAZI DI TRANSITO PER IDENTITÀ MOBILI è, invece, il progetto curatoriale di Livia Savorelli che si è sviluppato nelle sale barocche del suggestivo Castello di Ptuj, innestando un dialogo tra la sua ricca e variegata collezione e le opere di 8 artisti/e: Navid Azimi Sajadi, Alessandra Calò, Davide Maria Coltro, Nicola Evangelisti, Armida Gandini, Carla Iacono, Saba Masoumian, Mona Lisa Tina. In questo caso, il dialogo con lo spazio – concepito come crocevia di passaggi di persone, culture e manufatti e luogo di conservazione di straordinari tesori – si è sviluppato a partire da una riflessione sull’identità plasmata dal viaggio, dall’incontro tra diverse culture e sul corpo come luogo di confine…
Installazioni, opere site specific, vere e proprie wunderkammer, laboratori e una performance di Mona Lisa Tina nelle giornate inaugurali del Festival… Da organizzatori e curatori quanto ritenete importante la rilettura della storia e dei luoghi attraverso l’arte contemporanea? Quali feedback avete ricevuto dal pubblico che ha partecipato alla performance Carillon?
Il progetto di Livia Savorelli è stato molto apprezzato, soprattutto perché ben inserito in un luogo, il Castello di Ptuj non facile per la sua forte identità. Rileggere la storia, segnare processi di transizione di persone e manufatti e dei luoghi in ponti sospesi tra il passato ed il presente è importante, soprattutto in una città come Ptuj, crocevia di culture.
Il pubblico ha accolto con partecipazione e curiosità anche la performance Carillon di Mona Lisa Tina. In questo caso alle mappe, alle fotografie, documenti, ai ritratti, il luogo di confine, l’ultimo punto di orientamento per scrivere la storia ed immaginare un altro luogo e spingersi al limite era il corpo dell’artista stessa. Un lavoro intenso, inatteso forse da molti. Non una semplice performance ma un viaggio forte, vibrante dall’inizio alla fine sulla migrazione e sull’accoglienza. Temi non semplici che l’artista ha saputo far vivere al pubblico con attesa e relazione grazie ad un abbraccio, uno sguardo, una carezza che spesso mancano alla base di un vero e proprio sincero ascolto per aprirsi all’incontro con l’altro.

Mona Lisa Tina performance, Ph Miloš Vujinović

Anche un’altra ala del Castello, ovvero la torre orientale, è stata protagonista del progetto site-specific di Dušan Fišer. Ci raccontate in cosa è consistito questo intervento?
Dušan Fišer è un artista sloveno che da molti anni lavora alla definizione dello spazio attraverso la luce in opere tridimensionali e il colore in opere bidimensionali. Per il Festival Art Stays 2024 ha creato un’installazione site specific ed una performance legata alla sperimentazione della direzione della luce sulle superfici e volumi e sulla smaterializzazione dello spazio fino a darsi in un tempo finito come illusione.
Lo spazio della luce è imprevedibile e cambia impercettibilmente con il movimento. Le emozioni, l’esperienza profonda del sentire, il disagio, il cambiamento e l’instabilità della percezione, il disagio dell’autocoscienza, la metamorfosi del visibile sono tutte esperienze percettive create in un’unica complessa struttura che guarda tanto all’umano agire quanto alla necessità di rivedere il nostro spazio.

Dušan Fišer, LIGHT SPACE ENTRANCE MODULE 0, Ptuj Castle, East Tower, Ph Rok Golob RG

Giocando sul tema diciamo che c’è “spazio” anche per i contrasti forti, in questo senso ci riferiamo alla bi-personale Silent Limit – curata da Italo Bergantini – che nello spazio espositivo della Biblioteca di Ptuj mette uno davanti all’altro Giancarlo Dell’Antonia e Franco Marrocco. Quali connessioni e similitudini hanno i due autori che lasciano intendere convergenze e non solo differenze?
Ciò che accomuna i due artisti è la cura, sensibilità e concezione dello spazio dell’uomo e i suoi riti di passaggio. Lo spettatore è accolto in un percorso espositivo che si potrebbe dire separato e liminare ma che invece ci raccoglie, unisce. È in gioco un continuo slittamento di percezione tra quello che è davanti a noi o dentro di noi, quello che abitiamo con i nostri corpi e quello che sentiamo. Potremmo definirli punti di orientamento. Eppure,  scopriamo mentre percorriamo da un lato un paesaggio reale, urbano a volte astratto, quello di Dell’Antonia, dall’altro quello in un ambiente più intimo e naturale di Marrocco. Entrambi tendono con i loro poliedrici lavori alla definizione di uno spazio inteso come una crescita infinita di punti di partenza e di arrivo possibili. Silenzioso limite, una soglia o porta tra due realtà, una comune sospensione dalla quotidianità.

Silent Limit, Biblioteca di Ptuj, Ph Rok Golob RG

Art Stays 2024. 22º Festival di Arte Contemporanea
a cura di Jernej Forbici e Marika Vicari
con il supporto della municipalità di Ptuj e del Ministero della Cultura della Repubblica di Slovenia

4 luglio – 8 settembre 2024 

Luoghi vari
Ptuj, Slovenia

Info: Info Point Festival
Galerija Art Stays
Slovenski trg 1, 2250 Ptuj (Slovenia)

Art Stays
Prešernova ulica 1, 2250 Ptuj (Slovenia)
info@artstays.si
festival.artstays@gmail.com
www.artstays.si

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