MILANO | Sotheby’s | 11 – 20 dicembre 2012
di ILARIA BIGNOTTI
L’artista guarda nell’obiettivo: è sdraiato a terra, vestito di nero; accanto, appoggiata alla parete a sinistra, la scritta “luna”: le lettere bianche emanano una luce soffusa, che rende ancora più diafana, evanescente, l’immagine.
Lo scatto pare essere stato realizzato nell’immediatezza dell’idea, eppure è carico di premonizioni e aumenta il fascino dell’opera, nutrendo il mito dell’artista: ma da chi sarà provenuta, appunto, l’idea? Dall’artista o dal fotografo? Difficile dirlo.
Sarebbe meglio pensare a uno scambio, a un continuo riflettersi di un’intuizione in un’azione, di uno sguardo in uno scatto.
Solo negli ultimi quindici anni si sta finalmente rivolgendo la giusta attenzione al ruolo del fotografo d’arte; ed eccetto alcuni casi eclatanti e celebrati, molti sono ancora quelli poco riconosciuti, abbastanza dimenticati e anche scorrettamente citati nelle immagini pubblicate su cataloghi e manifesti, inviti e copertine. E spesso hanno saputo dire molte più cose dell’opera senza che nessuno le avesse neppure pensate: l’obiettività non passa dall’obiettivo e fotografare è un atto critico ed artistico.
Ada Ardessi e Paolo Scheggi sono una perfetta dimostrazione di questo scambio e dialogo tra arte e fotografia. Si conobbero a Milano, all’inizio di quel decennio esplosivo che fu gli anni ’60. Uno veniva dalle porte di Firenze, l’altra era istriana.
Entrambi, come Fernanda Pivano scrisse di Paolo Scheggi, nello stesso 1963, volevano “annusare” una città, quale Milano, che era un vero e proprio cantiere, come recentemente ha anche dichiarato la mostra alle Gallerie della Scala, curata da Francesco Tedeschi, Cantiere del ‘900. Un cantiere di idee, di confronti anche accesi, tra arte programmata e nuova figurazione, con Bruno Munari e Lucio Fontana attenti osservatori, e mentori anche, di quei giovani artisti ai quali tuttora guardiamo con fascinazione.
Ada Ardessi e Paolo Scheggi si conobbero così: lei fotografava, lui dipingeva. E in entrambi i casi mai verbi furono più riduttivi.
Perché se le opere di Scheggi non furono solo “pittoriche”, passando dalle più note Intersuperfici a zone riflesse e Intersuperfici curve, agli ambienti della fine degli anni ’60, quali l’Intercamera plastica, l’Interfiore, alle performance e alle azioni teatrali, alle opere concettuali dell’ultimo periodo, nemmeno quelle di Ada Ardessi furono semplici fotografie chiamate a documentare un’epoca sulla quale c’è ancora tanto da dire.
Ogni suo scatto è un racconto, è un angolo dell’anima dell’artista, è un lembo di storia e una riflessione critica. E la mostra, allestita nella sede storica di Sotheby’s con oltre cinquanta fotografie di Ada Ardessi e una raffinata selezione di opere di Paolo Scheggi, ne è la dimostrazione.
ZONE RIFLESSE. La vita, le opere di Paolo Scheggi nella fotografia di Ada Ardessi
a cura di: Isisuf Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo
11 – 20 dicembre 2012
Inaugurazione martedì 11 dicembre ore 18.30
Sotheby’s
Via Broggi 19, Milano
Orari: A partire dal 12 dicembre, apertura al pubblico su appuntamento ore 10.00-13.00; 14.00-18.00
Sarà possibile inoltre partecipare a visite guidate tra le ore 10.00 e le ore 13.00
Info: +39 02 295001
www.sothebys.com/it
Isisuf
Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo
Piazza Aspromonte 11, Milano
press +39 392 7900203
www.isisuf.org