LECCE | Fondazione Biscozzi | Rimbaud | 2 marzo – 7 novembre 2021
Intervista a PAOLO BOLPAGNI di Matteo Galbiati
Dopo l’intervista a Roberto Lacarbonara (vedi) che, in occasione dell’apertura della sede espositiva della Fondazione Biscozzi | Rimbaud a Lecce, ha raccontato i contenuti del catalogo generale dedicato alla collezione (edito da Silvana Editoriale), approfondiamo ora la prima mostra monografica, dedicata a Angelo Savelli (1911-1995), uno tra gli artisti più identificativi della collezione. Ci parla di questo focus “in bianco” e non solo, Paolo Bolpagni, direttore scientifico della Fondazione Biscozzi | Rimbaud e curatore di questa esposizione:
La prima mostra che approfondisce un artista della Fondazione è dedicata ad Angelo Savelli? Perché avete scelto di partire da questo autore?
È una decisione che fu assunta in accordo con Dominique Rimbaud e con suo marito Luigi Biscozzi, poco prima dell’improvvisa scomparsa di quest’ultimo nel settembre del 2018. Era motivata da varie ragioni: Angelo Savelli è uno degli artisti più rappresentativi della collezione dei coniugi che hanno dato vita a questa Fondazione. Inoltre Savelli fu un uomo del Sud, profondamente legato alle proprie origini, ma volle e seppe ampliare gli orizzonti oltre i confini locali, andando a Roma, poi a Parigi e infine a New York. Simbolicamente, è quanto intendiamo fare noi con la nostra giovane realtà museale: essere contemporaneamente radicati a Lecce e nel Salento, ma con lo sguardo rivolto al mondo.
Quali esperienze segnano il percorso di Savelli?
Anzitutto, nel 1948, la scoperta di Parigi, dove arrivò grazie a una borsa di studio assegnatagli dal Ministero della pubblica istruzione. Nella capitale francese avvenne, per Savelli, un’autentica svolta, una “tabula rasa” che lo portò a realizzare opere essenziali, griglie irregolari di bianchi e neri e poi di colori accesi. In seguito l’approdo a New York, nel 1954: doveva restare qualche mese, ma si trattenne per quasi tutto il resto della sua vita. L’impatto con la metropoli americana fu una rivelazione, un’epifania. Lui stesso scrisse: «dappertutto vedevo ardere il fuoco e capii che era lì che dovevo fermarmi».
Che cosa caratterizza il suo linguaggio e la sua espressività? Quali cicli o fasi ne definiscono l’identità artistica?
All’inizio è documentato il Savelli per così dire figurativo. Poi ci sono le opere astratto-geometriche del periodo parigino e immediatamente successivo. Da qui si passa alla metà degli anni Cinquanta, quando l’artista è già negli Stati Uniti e utilizza colori decisi e una materia pittorica spesso densa e corposa: gli esiti sono ora informali, in una fusione dell’energica vitalità della Scuola di New York con elementi tipicamente italiani, dal cromatismo alla modalità di costruire il campo della composizione, che non è “all-over”, ma impostato secondo schemi ben direzionati. C’è infine un passaggio piuttosto brusco al bianco, che diventa una scelta esclusiva. Ancora due rapide annotazioni: l’elemento della corda è un richiamo al mare calabro dell’infanzia dell’artista, memoria nostalgica degli arnesi usati dai pescatori e dai barcaioli; e peculiare di Savelli è l’attenzione per la grafica, nella quale conquistò una perizia rara, creando un’elaborata variazione della tecnica di goffratura, che gli consentiva di dar vita a particolarissime stampe a rilievo.
Il bianco è tema centrale del suo sguardo. Che cosa racconta e come lo fa?
Cito una frase di Savelli: «Qualcuno dice che io ho scoperto il bianco. Non è vero. È il bianco che mi è venuto incontro». Questo non-colore, per lui, cominciò a svolgere un ruolo importante già nel 1945, in chiave di elevazione spirituale forse prima ancora che di scelta artistica. Nel 1957, ormai negli Stati Uniti, realizzò il primo dipinto completamente bianco, emblema di aspirazione all’essenza: la variegata tavolozza delle opere precedenti è “ripulita” e sintetizzata in un annullamento ricco pur tuttavia di riferimenti significanti. È un risultato originale, che rispecchia una crescita intellettuale ed esistenziale protesa verso l’alto, in direzione della realtà profonda delle cose, vera e autentica, quantunque invisibile agli occhi. Costante, sino alla fine, rimarrà per Savelli la ricerca dell’infinito, in variazioni minime e dissolvenze, alle soglie di una materia-luce che, nella sintesi additiva di tutti i colori, è rivelazione dell’essere.
Come si inserisce nella Collezione Biscozzi Rimbaud? Perché ha questa rilevanza e importanza?
Come dicevo, le opere di Angelo Savelli presenti nella collezione sono ben sedici, di datazione compresa fra il 1941 e il 1981. Si tratta di uno dei nuclei più consistenti e rilevanti. Benché Luigi Biscozzi e Dominique Rimbaud non abbiano mai conosciuto personalmente l’artista, svilupparono una forte consonanza di sensibilità con i suoi lavori, in particolare con quelli del periodo “bianco”, e via via ne acquisirono molti. Non c’era un disegno preordinato: erano scelte dettate dalla passione e dall’affinità.
Che opere avete scelto per la mostra? Tolta l’occasione di questo approfondimento specifico, quali opere lo rappresentano nel percorso espositivo della Fondazione?
Nell’itinerario stabile dell’esposizione permanente resterà la scultura senza titolo del 1978 in ferro smaltato, che ho posto in dialogo con un cellotex di Alberto Burri e con una tela di Alfredo Chighine. Per la mostra ho selezionato quattordici delle sedici opere di Savelli presenti della Collezione Biscozzi Rimbaud, cui si aggiungono ulteriori otto lavori provenienti da altre raccolte private. I pezzi esposti vanno dal 1947 e il 1981, a coprire la quasi totalità dell’arco della produzione artistica di Angelo Savelli. Il percorso è in ordine cronologico, per essere ben leggibile.
Accompagna la mostra un piccolo volume monografico. Avete intenzione di proseguire con una serie di altre pubblicazioni che daranno seguito a una “collana” dedicata agli studi e agli approfondimenti che proporrà la Fondazione?
Il proposito è proprio quello: il libro-catalogo dedicato ad Angelo Savelli è il primo volume di una collana, mi auguro lunga e ricca, che realizzeremo con Silvana Editoriale. Abbiamo molto curato l’aspetto grafico di questa pubblicazione proprio perché vogliamo mantenere il formato e l’impianto qui adottati.
Forse è prematuro parlarne ora, ma il prossimo focus a chi sarà dedicato? Avete già programmi in questo senso? Qualche progetto inedito su cui state lavorando?
Sì sì, faremo una mostra ogni anno. Per il 2022 abbiamo già deciso (ma non posso ancora rivelare nulla, se non che si tratterà di una monografica su un artista vivente e operante). È già molto concreta la progettualità anche in vista del 2023. Saranno scelte non scontate, di ricerca.
Angelo Savelli. L’artista del bianco
a cura di Paolo Bolpagni
catalogo Silvana Editoriale
2 marzo – 7 novembre 2021
Fondazione Biscozzi | Rimbaud
Piazzetta Baglivi 4, Lecce
Orari: aprile-maggio-giugno 11.00-19.00; luglio-agosto 11.00-22.00; settembre-ottobre 11.00-19.00; novembre 11.00-18.00; chiuso il lunedì
Ingresso intero € 5,00; ridotto € 3,00
Info: 0832 1994743
info@fondazionebiscozzirimbaud.it
www.fondazionebiscozzirimbaud.it