Andrea Chiesi. Io rifletto
di Viviana Siviero
La riflessione sul circostante attuata attraverso una serie di immagini in cui luoghi comuni di quotidianità – una biblioteca, un paesaggio, la magia di una cupola vetrata di una moderna architettura – si mostrano accanto al loro riflesso, che come uno specchio di fronte ad un altro specchio crea un’infinità di realtà collegate che si inerpicano fino a profondità inesplorabili creando una sorta di Biblioteca di Babele di borgesiana memoria. Andrea Chiesi inaugura il suo nuovo progetto dal titolo Io rifletto per la galleria Guidi & Schoen di Genova, maturato dopo l’esperienza americana che lo ha portato a conoscere i panorami particolari della costa est, da Philadelphia a Washington, prima immortalati attraverso uno scatto e poi rielaborati pittoricamente con una resa fotografica priva di virtuosismo e a sottolinearlo sono i soggetti, per la prima volta “riflessi” che, attraverso un semplice ed efficace gioco linguistico, servono come tramite per una riflessione in termini filosofici oltre che fisici. Andrea Chiesi è un maestro del paesaggio contemporaneo e ci racconta ora del vuoto ora del silenzio appena solcato da spifferi di aria invisibile affinché ci rendiamo conto che tutto ciò che abitiamo è vivo e desideroso di riacquistare il proprio ruolo, svincolandosi da quello di mera quinta inutile di accadimenti importanti; perché è il luogo spesso che determina un’azione: per raccontarcelo l’artista non si limita a carpirlo attraverso un freddo obiettivo, ma ne rielabora la visione attraverso una delle tecniche artistiche più nobili ed antiche, sua maestà la pittura.
Viviana Siviero: Immagini affascinanti, riflessioni di un circostante che sembra metaforicamente riflettere su se stesso; veri e proprio ritratti, “rubati” ed assimilati nel corso di un viaggio: ci parli del tuo nuovo progetto che esporrai nella galleria genovese Guidi & Schoen?
Andrea Chiesi: Si tratta di un nuovo ciclo di dipinti di grandi dimensioni, maturati durante la residenza fatta a Brooklyn l’anno scorso, subito dopo la personale da Nohra Haime a New York. In quei mesi ho compiuto una serie di viaggi nell’East Coast raccogliendo molto materiale fotografico. Nella seconda fase, quella pittorica realizzata in studio, mi sono concentrato in particolare sul concetto di riflesso, sia in termini fisici che filosofici. In alcuni soggetti che io definisco naturalistici, il riflesso è reale, dovuto a pozzanghere o corsi d’acqua (come il canale che scorreva vicino al mio studio). In altri, invece, il riflesso è artificiale, ottenuto alterando a computer l’immagine di partenza. In ogni caso la fotografia è sempre solo il primo passo del lavoro, tutto in seguito è sempre rielaborato in pittura. Lo sdoppiamento che realizzo non ha intenzioni virtuosistiche, piuttosto cerca di disturbare lo sguardo, complicandolo e turbandolo, aprendolo, appunto, a riflessioni.
Da quali suggestioni della vita reale trai le tue ispirazioni; su cosa ti soffermi della realtà e che tipo di messaggio desideri veicolari con la tua pratica artistica?
Sono autodidatta, ho iniziato disegnando per fanzine e sono cresciuto ascoltando Clash e Joy Division e questo certamente mi ha segnato. Per dipingere devo isolarmi dal mondo, pur restandone in contatto. Non ho un particolare messaggio. Senz’altro c’è un contenuto sociale, dal momento che trattare il paesaggio significa indagare su tutte le problematiche del nostro tempo, come la distruzione dell’ambiente, il mondo delle grandi fabbriche che in occidente non esiste più, la speculazione edilizia… ma anche la contemplazione della bellezza di un mondo in rovina. Cerco di trasmettere agli altri quello che sento davanti agli accadimenti del nostro tempo. Nasce dal profondo. Ascolto il ventre. La testa rielabora. Le mani eseguono.
In sintesi posso affermare che il mio lavoro è l’applicazione in pittura dei codici dell’hagakure.
I tuoi quadri ad una prima occhiata sembrano ingannare lo sguardo, fingendosi quasi opere fotografiche, che nel tuo modus operandi vengono utilizzate come punto di partenza per fissare una suggestione. Che cosa pensi della pittura…?
La fotografia è un mezzo che utilizzo nella prima fase del mio lavoro, quando il mio sguardo si posa sui soggetti che sento vicini al mio stato d’animo. La seconda fase consiste nella traduzione in pittura di questo sguardo, di un modo di sentire interiore. Della fotografia rimangono l’inquadratura e la ricerca della luce. Ma sono un pittore, mi affascina la possibilità di usare l’olio su tela di lino, una tecnica che ha almeno 6 secoli di vita, in una forma attuale, contaminata dal presente. Credo che la pittura, come espressione originaria dell’uomo, possa rigenerarsi continuamente ed essere una delle forme migliori per rappresentare la nostra esistenza. Il soggetto perde la propria dimensione fisica e diviene un paesaggio mentale in cui il tempo è sospeso.
Ci puoi dare qualche anticipazione sui tuoi progetti ed appuntamenti futuri? A cosa stai lavorando in questo momento?
Ora inizierò a lavorare su un progetto che riguarda la città di Berlino e che esporrò nella capitale tedesca a fine maggio. Mi trasferirò per un po’ di tempo.
La mostra in breve:
Andrea Chiesi. Io rifletto
Guidi&Schoen Arte Contemporanea
Vico Casana 31r, Genova
Info +39 010 2530557
Inaugurazione giovedì 10 Febbraio 2011 dalle ore 18:30
10 febbraio – 11 marzo 2011
In alto, da sinistra:
“Chaos”, 2010, olio su tela, cm 100×70
“Chaos”, 2010, olio su tela, cm 240×180
In basso:
“Chaos”, 2010, olio su tela, cm 100×140