MANTOVA | SpazioArrivabene2 | 27 maggio – 15 luglio 2023
Intervista a ALICE PADOVANI di Nicoletta Biglietti
Con uno spirito classificatorio da Wunderkammer seicentesca e il ricorso agli archetipi di meraviglia e repulsione, Alice Padovani esprime la “perfetta imperfezione” di un mondo in continuo divenire. La molteplicità delle tecniche e dei materiali utilizzati esprime l’impulso creativo di un’artista che ha fatto dell’arte un modo per estrinsecare la propria interiorità. L’abbiamo incontrata a Mantova, presso lo spazio SpazioArrivabene2, dove espone nella personale Alice underground:
Alice underground è il titolo della mostra con la quale per la seconda volta esponi in SpazioArrivabene2 a Mantova. Qual è il fil rouge che lega le opere?
Alice underground è mostra monografica nella quale disegni, installazioni e sculture si armonizzano in modo magistrale tra le sale del settecentesco Palazzo Plattis: un corpus di opere che rappresenta in modo esaustivo e peculiare la mia ricerca. Il concetto cardine attorno a cui ruota l’esposizione è il “corpo della natura”, tematica tanto scientifica quanto artistica che si fa portavoce di metafore profonde e significati ancestrali.
Da che cosa nasce il tuo desiderio di utilizzare la natura per parlare dell’essere umano?
Grazie alla professione di mio padre sono cresciuta nel mondo dell’entomologia – ramo delle scienze biologiche che si occupa dello studio degli insetti – dal quale ho avuto la possibilità di acquisire nozioni e conoscenze scientifiche; quest’ultime, coadiuvate dalle varie modalità espressive sperimentate nel corso degli anni, mi hanno portato a delineare un’“entomologia poetica”, di cui l’uomo è principale oggetto d’indagine.
Il desiderio di poter “bloccare” in modo apparentemente stabile ciò che in realtà è destinato al cambiamento, mi ha portato alla creazione di opere in cui anima e corpo, interno ed esterno, presente e passato sono strettamente relazionati. È un’indagine sull’uomo che parte dall’espressione della mia interiorità. È la volontà di esprimere – con una solida base scientifica – temi manifestamente universali, ma al contempo così intimi e misteriosi. Un “disvelare”, disvelandosi.
La tua volontà di sondare i “diversi territori” delle pratiche artistiche ha talvolta generato critiche. Non hai mai temuto di “essere sulla strada sbagliata”?
Amo sperimentare e scoprire – anche a livello casuale – nuove tecniche, nuove lavorazioni, nuovi materiali, al fine di rendere la mia ricerca una continua evoluzione.
Il mio pormi in un’“ottica di indagine costante” è ben rappresentata dall’opera Underground Pupae, che a uno primo e frettoloso sguardo potrebbe non rivelare il proprio significato intrinseco: quasi totalmente caratterizzato da decori realizzati in nero su sfondo nero, il grande disegno mostra i percorsi che le larve fanno sottoterra e grazie ai quali riescono a giungere sino in superficie, pronte a diventare crisalidi; l’opera è una metafora dell’attualità, un tempo in cui tutto è immediato e “di superficie”; un tempo in cui sarebbe necessario riuscire a percepire anche quei “diversi motivi” che – pur sembrando labili e delicati – in realtà rivelano la predisposizione di un’anima nell’aprirsi a nuove possibilità.
C’è una o più parole chiave che utilizzeresti per definire la tua poetica?
Morte e metamorfosi sono i perni – estremamente interrelazionati – attorno ai quali ruota la mia ricerca: la mutazione e il cambiamento possono essere interpretati come fasi di un processo che porta alla rinascita, poiché l’esistenza non è altro che “un’eterna clessidra sempre e di nuovo capovolta”.
Il concetto di metamorfosi come fase di “una morte” può essere ravvisato nell’opera Exuvie project in cui un delicato esercito di esuvie – ovvero le membrane continue che periodicamente vengono perse da alcuni animali (la muta) – rappresenta il nostro passato che accompagnandoci ci determina; un passato che è concretamente “morto” ma che reca in sé la meraviglia della rinascita.
Che cos’è per te la scienza, a livello “emotivo”?
Per me la scienza è pura poesia. Amo rielaborare – in modo poetico – aspetti, nozioni, e argomenti che destano in me curiosità e meraviglia; un senso di meraviglia che molto spesso percepisco osservando la natura nelle sue molteplici manifestazioni e dalle quali tento sempre di cogliere sia la parte più concreta e terrena, sia quella più sublime e lirica. È il desiderio di mostrare – in forma artistica – ciò che apparentemente è invisibile, ma che in realtà ci determina e costituisce.
L’analisi dell’interiorità umana – nelle sue varie declinazioni – è spesso oggetto delle tue opere. Nel tuo ultimo lavoro, Il libro delle ombre, esprimi in forma concreta e stabile un concetto misterioso e “insondabile”: l’inconscio. Da cosa si origina questo desiderio?
L’uomo è un’eterna oscillazione di opposti, un compendio in cui natura e artificio, presente e passato, luce e ombra intessono trame che difficilmente potranno dirsi autonome e isolate. La componente radicale e interiore dell’individuo, ciò che ne predetermina le emozioni, i gesti e i comportamenti, è l’inconscio: “presenza” concretamente immateriale che risuona imperante e univoca nelle profondità dell’animo umano.
“Eco” e riflesso dell’inconscio è il corpo, in cui le interiorità “fisiche” diventano traccia visibile di una componente di per sé immateriale, la nostra ombra interiore: da qui la scelta di rappresentare l’inconscio attraverso le “manifestazioni” interne del corpo, quali polmoni, sistema nervoso, ecc…
Rapportarsi con l’ombra è decidere di non limitarsi a una conoscenza superficiale di sé e del mondo, elaborandone coscientemente gli aspetti che pre-ordinano l’uomo in quanto tale.
È la possibilità di non rinnegare la propria anima.
Alice Padovani. Alice Underground
a cura del collettivo di spazioArrivabene2
contributo critico Simone Spiritelli
27 maggio – 15 luglio 2023
SpazioArrivabene2
via Arrivabene 2, Mantova
Orari: da mercoledì a sabato 10.00-12.30 e 16.00-19.30 o su appuntamento
Info: +39 329 5912864
info@spazioarrivabene2.it
www.spazioarrivabene2.it