NARNI SCALO (TR) | THÈPOSITO ART SPACE | FINO AL 31 AGOSTO 2024
Intervista ad ALEX URSO di Miriam Di Francesco
“Che lavori fanno gli artisti quando (non) sono artisti?”. È questa la domanda da cui è partito Alex Urso, l’artista protagonista della mostra Painting Clouds, in corso presso la nuova galleria Thèposito Art Space di Narni Scalo, in provincia di Terni. Un progetto espositivo articolato, nella forma oltre che nella sostanza. Il tema della rassegna umbra – curata da Lorenzo Rubini – è infatti quello delle professioni “altre” degli artisti: lavori quasi sempre di sostentamento, portati avanti parallelamente alla propria ricerca per mantenersi e soprattutto mantenere viva la propria produzione, nell’attesa e nella speranza di un riconoscimento.
Partendo dalla sua esperienza personale di imbianchino (lavoro svolto da Urso durante gli anni dell’Accademia), l’artista ha indagato l’argomento, riflettendo su una condizione che accomuna la maggior parte dei suoi colleghi. In mostra troviamo centinaia di foto provenienti dalla serie Dipingere le nuvole (un progetto fotografico e performativo composto da 365 immagini nelle quali Urso è presente di spalle mentre dipinge il cielo con un rullo), sculture, riferimenti letterari e installazioni che trasformano lo spazio in una sorta di cantiere. Abbiamo posto alcune domande ad Alex Urso, per saperne di più sul suo percorso e sul progetto, visitabile fino al 31 agosto.
Sei spesso diviso tra gli impegni di Fiuto, lo spazio indipendente che hai fondato e di cui sei il curatore, e la tua pratica artistica. Come mai destreggiarti tra ruoli tanto diversi? Quali stimoli trovi da una parte e dall’altra?
A lungo queste due anime, quella di artista e di curatore, nella mia vita hanno convissuto con difficoltà, credendo che definirsi nell’una o nell’altra categoria fosse necessario (al sistema più che a me). Eppure dopo dieci anni queste due pulsioni continuano a mantenersi con un equilibrio che non mi sforzo più di controllare: semplicemente si compenetrano e si compensano. La mia naturale tensione all’organizzazione di mostre e progetti artistici, le mie competenze critiche e di scrittura, coesistono con la mia ricerca da artista in studio. In questo gioco di reciproco scambio ho smesso di chiedermi cosa debba venire prima e cosa dopo, credendo solo nella qualità finale del risultato – l’unica prova del nove che conta, al di là delle necessarie definizioni.
FIUTO Art Space, la piccola galleria d’arte che ho aperto lo scorso anno sulle colline marchigiane, è una scommessa in termine curatoriali, nascendo su un luogo fragile e scarsamente preparato ai linguaggi contemporanei. Eppure, allo stesso modo, è innegabilmente un “esperimento” che ha molto a che fare con il mio approccio all’arte: un approccio “dal basso”, che cerca il dialogo. FIUTO è ciò che sintetizza al meglio, in questo momento, i miei interessi e la mia “ambivalenza”.
La mostra Painting Clouds si svolge in un nuovo spazio a Narni Scalo che inaugura proprio con la tua personale. Come nasce il progetto espositivo a partire dal luogo scelto?
Le opere in mostra sono parte della serie Dipingere le nuvole, un progetto coltivato a partire dal 2021, quando, con il mio rientro in Italia dopo un lungo periodo trascorso all’estero, mi sono trovato a dovermi confrontare con il tema del lavoro “parallelo” alla mia ricerca: un tema, quello delle professioni di sostentamento, che riguarda il 99% degli artisti. A meno che non si abbiano risorse familiari a cui attingere per fronteggiare con serenità le incombenze economiche del mondo fuori dal proprio studio, portare avanti la propria arte diventa uno sforzo (economico e di energie) molto difficile da sostenere. Ho iniziato così a produrre una serie di opere di riflesso alla mia condizione personale; opere che partissero dal mio vissuto, parlando tuttavia di qualcosa che riguardava molti artisti intorno a me.
Lorenzo Rubini, curatore e direttore di Thèposito Art Space, è stato uno dei primi a credere nel progetto, e a volerlo fortemente per inaugurare il suo nuovo spazio. Così ho immaginato un allestimento ad hoc, che rendesse la nuova galleria un luogo di lavoro, una sorta di cantiere aperto. Il risultato è una “non mostra”, con trabattelli, attrezzi da lavoro, centinaia di fotografie e secchi di pittura nei quali specchiarsi.
Sei partito da una domanda: “Che lavoro fanno gli artisti quando (non) sono artisti?” Quali sono le risposte che hai trovato?
Non avevo questa pretesa, perché non ho affrontato il tema da una prospettiva sociologica; la mia indagine è partita dalla mia esperienza personale. È stato più che altro un modo per uscire allo scoperto: non volevo far finta che il tema non esistesse, e che non avesse avuto un peso nella mia formazione e nel mio modo di approcciare il mondo dell’arte e della cultura.
Certamente lavorando su questo argomento, e condividendolo con professionisti di varie discipline, ho constatato che quella dei “lavori paralleli” è una condizione condivisa non solo dagli artisti visivi, ma anche da musicisti, curatori e operatori culturali in senso esteso. L’ambito culturale in Italia è così fragile e scarso di garanzie che pochi riescono a essere esenti dal confrontarsi con i limiti del sistema in cui operano. Credo che l’importante sia prenderne atto, in primis parlandone, senza vergogna e senza il timore di sentirsi giudicati. Non essere dei privilegiati comporta certamente degli ostacoli, ma può anche nascondere delle grandi opportunità.
Hai focalizzato l’attenzione sulle nuvole, cariche di simbolismo. Che significato hanno per te?
Per 365 giorni, un giorno dopo l’altro, mi sono fotografato di spalle, mentre con un rullo dipingo le nuvole. È un gesto estremamente poetico, molto romantico, e questo inizialmente mi ha frenato, perché non volevo banalizzare un argomento che – al contrario – era molto radicato al “terreno” e alle dinamiche del mondo. Ricordo di aver confessato questi dubbi a Davide Maria Coltro, pioniere della videoarte in Italia, e la sua risposta è stata laconica e ancora oggi per me preziosa: “Non c’è mai niente di banale nelle nuvole”.
La mostra si collega anche ad un breve scritto di Franz Kafka, Ein Hungerkünstler (Un artista del digiuno, 1924). Cosa unisce la tua mostra al breve scritto di Kafka?
Si tratta di una serie di racconti pubblicata in Italia da Quodlibet. Il libro (uno dei pochissimi che Kafka volle pubblicare in vita) è composto da quattro storie brevi che ruotano attorno alla stessa questione, ovvero cosa sia quel fenomeno che chiamiamo arte e quel destino che è essere artisti. La lettura del volume è coincisa con la produzione della mostra, e dato il tema che affronta ho deciso di includere il testo all’interno dell’allestimento. Ho dunque cercato una copia antica in lingua originale; a livello installativo il volume è posizionato su una tavola del trabattello, creando un gioco di contrasti tra la ruvidezza del legno, sporco e malandato, e la leggerezza della carta. Non è un libro da sfogliare. Semplicemente è lì, come un piccolo e discreto riferimento letterario che aggiunge un ulteriore livello di significato al tema del progetto.
Dove pensi si stia dirigendo la tua ricerca?
Sono passati dieci anni dalla mia prima mostra personale. Non so la direzione in cui sta andando la mia ricerca, ma so che in questa prima parte di percorso sono cresciuto molto: nell’impiego dei materiali, nello studio di ciò che mi interessa. Ho una libreria con centinaia di cataloghi d’arte, saggi, fumetti, volumi a cui attingo costantemente e da cui non vorrei mai separarmi. Ma soprattutto sono cresciuto nella consapevolezza delle mie risorse. Dai piccoli diorami che hanno caratterizzato i primissimi anni della mia produzione sono passato al grande formato (a settembre inaugurerò un intervento permanente nello spazio pubblico nelle Marche); ho sperimentato con materiali di cui non conoscevo l’esistenza, ho partecipato a residenze che mi hanno permesso di conoscere realtà diverse e interfacciarmi con artisti straordinari. Non so dirti dove sto andando, ma di quanto fatto fino a oggi sono grato.
Alex Urso
Painting Clouds
a cura di Lorenzo Rubini
8 giugno – 31 agosto 2024
THEPÒSITO Art Space
Via del Parco 1, Narni Scalo (TR)
Info: www.theposito.com