Genga (AN) | Palazzo Fiumi Sermattei, Museo Speleopaleontologico e Archeologico | 4 agosto – 9 settembre 2018
di VALERIA CARNEVALI
Se dovessimo catalogare con confini netti gli autori dai media che prediligono, Alessandro Giampaoli (Pesaro, 1972) figurerebbe decisamente nella colonna dei fotografi: tale è il percorso formativo, tale è quello che si evince scorrendo la sua biografia artistica costellata di premi internazionali (dal Prix de la Photographie, guadagnato a Parigi nel 2009, al Black and White Spider Awards conseguito nelle edizioni 2009 e 2010, al London International Creative Competition del 2013) e di presenze nelle maggiori manifestazioni e fiere di settore. Tuttavia, dare etichette all’estro è riduttivo, e per parlare di Giampaoli non si può partire dalla tecnica. La mostra recentemente inaugurata, dal titolo Symbolum – l’impenetrabile semplicità di ciò che è, allestita a Genga, piccolo comune marchigiano noto soprattutto per le Grotte di Frasassi ed inserito in uno spettacolare contesto naturalistico, si serve dei linguaggi delle foto e del video, ma anche di una forte componente installativa per condurre una narrazione complessa incentrata sull’universo simbolico universale e atavico. Una narrazione che si sviluppa come un percorso in cui ogni singola opera, caratterizzata da una studiata ricerca dell’equilibrio formale ma anche dalla freschezza di una naturale eleganza, partecipa alla costruzione di una storia dai contenuti fortemente spirituali. Nelle sale di Palazzo Fiumi Sermattei abbiamo incontrato Giampaoli, che, definendo il suo lavoro con la frase “La fotografia è una scrittura”, ci ha accompagnati nella lettura di questa sua narrazione.
Symbolum è un progetto site-specific inserito in un contesto molto particolare. Perché la scelta di Genga?
Sono solito lavorare in ambienti urbani ed internazionali, ma sentivo l’esigenza di calarmi in una dimensione di raccoglimento, di avvicinarmi alla terra, alle radici, e volevo farlo nella mia regione. Quando mi è stata proposta Genga, ho realizzato subito che sarebbe stato il luogo appropriato. Genga è un comune marchigiano inserito in un meraviglioso scenario naturalistico e proprio questo ne ha determinato la scelta: avevo la necessità di garantire alle opere, e conseguentemente al messaggio che veicolano, un contesto sacrale, caratterizzato da essenzialità e silenzio, che entrasse in risonanza con il lavoro proposto. Genga è un luogo in cui la dimensione del sacro è tangibile, emanazione della natura che domina il paesaggio, fortemente caratterizzato dalla roccia carsica e dalla presenza di grotte, ed anche celebrata da meravigliose testimonianze della storia umana: da architetture come il castello stesso di Genga, l’Abbazia di San Vittore delle Chiuse, l’Eremo di Santa Maria Infrasaxa, o il tempietto del Valadier.
Quali sono i temi che affronti nel progetto, che si presenta denso di una complessità di significati, ma strutturato in un percorso narrativo organico?
La dualità, l’equilibrio delle forze, la ciclicità, quindi morte e rinascita, la necessità del recupero di una concezione cosmica, e la riappropriazione di una coscienza profonda, che leghi all’opera la semantica degli elementi utilizzati cercando una connessione con la tradizione figurativa del passato, questo attraverso un linguaggio contemporaneo come quello della fotografia. Alla base c’è la ricerca di una visione unitaria, onnicomprensiva, multiculturale, quindi inclusiva, che abbraccia le principali correnti filosofiche e di ricerca spirituale attraverso una rappresentazione essenziale dei simboli.
Il percorso espositivo è strutturato in due sedi, diverse tra loro e complementari. Partiamo dalla prima, che ospita un video la cui lettura è strettamente legata al luogo da elementi precisi…
La prima location della mostra è il Museo di San Vittore delle Chiuse, che è sito dell’ex monastero benedettino attiguo dell’omonima abbazia, dove è collocata un’opera video che è stata realizzata proprio a Genga nel 2018. Il video è girato nella grande grotta dove è stato edificato il tempietto del Valadier, che è un palcoscenico naturale. Nel video un uomo, o meglio una presenza, dal corpo ricoperto di pigmento bianco esce dal cuore della montagna e cammina con un movimento ripetitivo, circolare, fino a tracciare con i passi che si susseguono sul terreno il simbolo dell’infinito; una volta compiuto questo rituale la figura risale, scomparendo all’interno della montagna. Questa presenza emersa dalla grotta porta alla luce il mondo invisibile, spirituale, quindi la connessione di tutte le cose che ci circondano in un eterno divenire. Il simbolo dell’infinito rimanda anche all’Abbazia di San Vittore: infatti è l’unico segno presente al suo interno, inciso nella pietra vicino alla porta a sinistra dell’altare. Nei locali che precedono la saletta video è diffusa una traccia audio con la voce del poeta Stefano Sanchini che recita sei quartine appositamente scritte.
I versi di Sanchini evocano il percorso simbolico introducendo la seconda parte della mostra a Palazzo Fiumi Sermattei all’interno del castello di Genga. Come è interpretato questo spazio?
Come un unico grande spazio installativo che ospita immagini simboliche: l’uovo, che ci rimanda all’idea di origine e di fecondità, dal mito di Leda alla resurrezione di Cristo; la melagrana, che simboleggia la Grande Madre, ed è allegoria del femminile, l’incarnazione del divino nel cosmo, ci riporta al mito di Demetra e Persefone, ai misteri divini, l’incarnazione, alla comunione degli uomini con Cristo, all’unione dei popoli. Segue il mare, che ha un’infinità di contenuti simbolici: la nascita, l’origine della vita, il mito di Oceano e Teti, il viaggio di Ulisse, l’esodo, Giona, e di nuovo morte e rinascita. Questi simboli affiorano dalla roccia, che è l’elemento che caratterizza sia questo spazio espositivo sia tutta la struttura di Genga. Completano il percorso l’immagine di una farfalla nera, Psiche, anima, contrapposta a un light-box in cui è raffigurata della brace ardente, quindi il passaggio di stato, la trasformazione. Sullo sfondo, dove c’è la parete di roccia, è collocata un’opera realizzata su tessuto di lino, un telo che scende dal soffitto e ci ricorda lo stesso tessuto usato nei sudari ed il tessuto della sindone. Anche qui sono raffigurati dei corpi coperti di pigmento bianco che ci riportano nuovamente all’idea di rinascita e di rinnovamento spirituale. Nell’ultima sala il pavimento è completamente ricoperto di lapillo vulcanico, mentre dal soffitto pende in sospensione una piuma di aquila nepalese. Qui c’è anche un’ambientazione sonora che è una composizione del maestro Mario Mariani. In questa stanza è rappresentato l’equilibrio degli elementi, l’unità di altezza e profondità, di spirito e materia, quindi sostanzialmente il cerchio si chiude.
Abbiamo citato contributi poetici e musicali che fanno da contrappunto alla fruizione visiva… Possiamo dire che Symbolum è un incontro di collaborazioni?
Il percorso espositivo ha una struttura dialogica, aperta, in cui sono importanti anche le collaborazioni, quella con il poeta Stefano Sanchini e quella con il musicista e compositore Mario Mariani. Questa costruzione si pone anche come una sorta di modello, non a caso ha una forma narrativa, è curata da Maria Savarese e si avvale anche del coordinamento di Casa Sponge, realtà assolutamente virtuosa nelle Marche, che proprio degli elementi di dialogo, di cooperazione, di condivisione ha fatto i suoi punti di forza.
Alessandro Giampaoli
SYMBOLUM – L’impenetrabile semplicità di ciò che è
a cura di Maria Savarese
Coordinamento e Comunicazione: Casa Sponge
Collaborazione: Mario Mariani, Stefano Sanchini
4 agosto – 9 settembre 2018
Palazzo Fiumi Sermattei
Museo Speleopaleontologico e Archeologico
Genga (AN)
Orario di apertura: Palazzo Fiumi Sermattei 14:00 – 19:00 da martedì a domenica (chiuso lunedì) || Museo Speleopaleontologico e Archeologico di Genga, dal lunedì al sabato 10:00 – 13:00 | 14:30 – 18:30; domenica, festivi ed agosto orario continuato 8:30 – 19:30
Con il patrocinio e la compartecipazione di: Regione Marche, il Consorzio Frasassi, Comune di Genga
Info: spongecomunicazione@gmail.com
spongeartecontemporanea.net