VENEZIA | Padiglione nazionale Serbia – Giardini | Fino al 24 novembre 2024
di MATTEO GALBIATI
Forse ci ripetiamo, ma del resto, come dicevano i latini, repetita iuvant. Per questo torniamo ad affermare che di un’edizione della Biennale, la cui mostra principale è un po’ sbiadita e non eccelle, ma risulta generalmente ripiegata nella retorica delle sue narrazioni, la vera ancora di salvezza sono alcuni padiglioni nazionali. Questi riescono a seguire – in taluni casi anche distaccandosene e operando in totale autonomia tematica – le indicazioni di Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, titolo davvero interessante, poetico e attualissimo nelle suggestioni e che solleva e che offre, se sentiti nel profondo, eccellenti spunti di riflessione sul nostro presente. Non tutti gli artisti, non tutti i curatori hanno saputo seguire questo spunto di attualità, interessante e non facile, nella cui difficoltà è inciampato lo stesso Pedrosa, eppure in alcune circostanze abbiamo trovato la forza di un impegno che convince per la verità di cui si permea la narrazione cui si è fatto carico l’artista che l’ha interpretata.
In questo senso risulta eccellente per il nostro sentire di uomini in movimento, di costanti valicatori di confini, l’intensissima proposta che Aleksandar Denić (Belgrado, 1963), con Exposition coloniale, ha voluto per rappresentare il Padiglione nazionale della Serbia dove si presenta con un’opera che non ha ambizione di essere alla “moda” e per forza in linea con i tempi, che non segue o insegue pretesti, perché l’esattezza del suo racconto è incisa nell’essenza, vera, dei suoi principi. Denić, artista e scenografo, ci impone/propone un “set” di cui noi siamo immediatamente gli attori in cerca di quel nostro copione esistenziale le cui attese spesso sono deluse dalla stessa vita vissuta. Il suo è un ambiente convulso, stratificato, fatto di impressioni successive, di luoghi da esplorare che diventano il limbo tra un’effettiva realtà, storica e trascorsa, e un’immaginazione emotiva, in bilico tra sogno e incubo.
Denić ci costringe al limite della vertigine del precipizio facendoci errare per ambienti s-conosciuti, forse da poco abbandonati da un’umanità divenuta assente che, smaterializzata quasi d’improvviso, ha lasciato in sospeso ogni suo impegno: TV, registratori, luci, insegni, loghi e oggetti qualsiasi segnano, infatti, il tempo – breve o lungo – di una quotidianità appena passata. Non resta che addentrarci in questi ambienti densi e stratificati, pieni fino quasi alla saturazione, di “memorie” di ogni trascorso condivisibile. A tutte queste “cose” Denić miscela emozioni, ricordi, speranze, attese che parlano di vicende di prossimità che non sono solo radicate nel paese da cui proviene, e che con questa progettualità davvero grandiosa si onora di rappresentare, ma sono sepolte e imprigionate nella nostra coscienza.
Ogni originale costruzione è artefatto che l’artista serbo inscena osservandolo dalla realtà da cui proviene e per questo ancora così fortemente saturo di quelle vibrazioni di dettaglio che non sono ancora esito dell’immaginazione. Lo sguardo nostro si abbandona ad una reinterpretazione forzata, prossima allo sconcerto quando si comprende che non è sola finzione rappresentativa, ma potrebbe essere qualcosa di tangibile, di legato alle nostre esperienze. Denić ci sopraffà con un déjà vu che si impone su questo suo palcoscenico proteso verso un’esperienza dispotica, trascinante, le cui intenzioni si raccolgono attorno all’idea precisa di concretizzarsi in un luogo eterotropico. Concetto questo che l’artista non solo ci riferisce nei suoi propositi progettuali e nemmeno resta una dichiarazione sulla carta come abbiamo visto in altri contesti a Venezia, ma lui arriva dritto al centro, al punto della questione concretizzandolo nell’opera.
Sul Padiglione ancora oggi campeggia la scritta Jugoslavia, riferimento ad una nazione estinta, dissolta con le vicende che hanno portato alla nascita degli stati balcanici, non senza il dolore di guerre fratricide e lasciando ancora sospese alcune identità nazionali, così già solo varcandone la soglia recepiamo l’ambizione di superare la propria storia e conquistare (in ritardo, siamo negli anni Novanta) i miti dell’Occidente, al pari di inseguire la speranza di un’Europa Unita ancora non raggiunta e delineata, forse nemmeno compresa o voluta da chi l’ha fondata. Abbiamo allora un primo sentore di cosa ci attende: il cambio di atmosfera, lo stato di presunto abbandono, ci spinge a percepire bene come l’ambiente espositivo si fonde con il contenuto che accoglie. Luogo nel luogo, qui la tensione rappresentativa si articola in una composizione in cui ci giungono da lontano voci o lamenti di sogni disillusi, inattesi oppure sospesi; i sogni di altri, i nostri sogni.
Con Exposition coloniale Aleksandar Denić ci parla della storia di un recente-passato (forse anche un futuro?) che ci riguarda e in cui non possiamo non rifletterci: l’artista ci fa percorrere un itinerario delle emozioni e in questo scenario mai troppo distante da come le cose stanno e sono davvero, in un “teatro” così abilmente imbastito, vince la nostra ammirazione perché non abbandona, esclude, osserva con supponenza lo spettatore a cui si rivolge, pur toccandolo con argomenti forti e non trascurabili. Non lo sazia di retorica insipida, ma lo tiene sempre e comunque al centro di quanto si narra e di quanto avviene. Essere stranieri ovunque qui si percepisce perché sulla pelle si vive qualcosa distante da noi quel tanto che basta per avvicinarla, per sentirla dentro a noi stessi e alle nostre diverse, molteplici, identità.
Exposition coloniale. Aleksandar Denić
commissario Jelena Medaković
curatore Ksenija Samadržija
Padiglione nazionale Serbia
nell’ambito di Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere 60. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia
17 aprile – 24 novembre 2024
Giardini della Biennale
Calle Giazzo, Venezia
Orari: estivo 11.00- 19.00 (dal 20 aprile al 30 settembre – ultimo ingresso 18.45); fino al 30 settembre, solo sede Arsenale: venerdì e sabato apertura prolungata fino alle ore 20.00 (ultimo ingresso ore 19.45); autunnale: 10 – 18 (dall’1 ottobre al 24 novembre – ultimo ingresso 17.45); chiuso il lunedì (tranne i lunedì 17 giugno, 22 luglio, 2 e 30 settembre, 18 novembre)
Info: www.labiennale.org