BILBAO (SPAGNA) | Museo Guggenheim Bilbao | Fino al 2 febbraio 2025
di ELEONORA BIANCHI
Un viaggio – forse meglio giocare sull’ambivalenza dell’anglofono trip – tra mondi. Questa è, senz’ombra di dubbio, la definizione più sintetica e, allo stesso tempo, accurata che si possa sviluppare parlando dell’ampia retrospettiva che il Museo Guggenheim di Bilbao dedica a Hilma af Klint (1862-1944): pittrice svedese vissuta a cavallo tra Ottocento e Novecento, alla quale, solo negli ultimi anni, il mondo dell’Arte sta riconoscendo i giusti meriti.
La mostra si offre allo spettatore con un duplice intento ben preciso: da un lato, certamente, la riscoperta di un’artista doppiamente bistrattata in quanto donna e in quanto assoluta pioniera di un linguaggio che avrebbe, negli anni, trovato ben più di un promotore; dall’altro un potente esercizio di osservazione attiva.
Pur nella sua incredibile precisione operativa – troviamo esposti molti dei suoi diari, meticolosamente curati nei dettagli da un’artista che sapeva quello che stava facendo e lo sapeva esporre con un’attenzione assolutamente programmatica – , infatti, Hilma af Klint non ci fornisce una chiave di lettura univoca e inoppugnabile per le sue opere, dobbiamo arrangiarci: ci è richiesto un esercizio più complesso, un osservare più profondo.
La chiave di lettura, allora, si trova nel nostro sguardo che deve, sì, tener conto del periodo di attività dell’artista, ma sempre restando ben ancorato al nostro presente. Solo così facciamo il suo gioco, solo così le rendiamo davvero giustizia e rispondiamo come lei vorrebbe all’invito di un’immersione mistica e totale in quelle meccaniche divine cui siamo – noi e af Klint stessa – inevitabilmente sottomessi.
Il suo è un pensiero complesso e sfaccettato: af Klint è pienamente consapevole della portata del suo lavoro ma, allo stesso modo, sa di non potersi rivolgere alla gente del suo tempo. Sono gli anni della psicanalisi, della radioattività e dei raggi X, della possibilità di vedere il mai visto, di guardare in nuove, fino ad allora sconosciute direzioni.
E Hilma af Klint in questo è eccezionale maestra: vive appieno l’atmosfera dell’Europa di inizio Novecento, la fa completamente sua e la riversa nelle sue tele e nei suoi già citati diari, testimoni meticolosi di una produzione poetica tenuta segreta per decenni, fatta eccezione per quei pochi lavori più tradizionali, mostrati ai più affidabili e fedeli colleghi. Scelta, quella della segretezza, che potrebbe apparire, per alcuni versi, egoista, al contrario, af Klint è forse troppo altruista nel non voler sconvolgere un mondo decisamente impreparato a comprendere il suo linguaggio.
Guidata dalla tensione verso una verità assoluta, la sua produzione non è mai casuale: ogni serie di opere è pensata e progettata con un’attenzione quasi curatoriale, offerta al pubblico come una mappa per chi intende imbarcarsi in quella spedizione folle tra esoterismo, misticismo e spiritualità, ma mai con la pretesa di fornire risposte esplicite. Quanto resta è un mistero a cui ogni spettatore è invitato ad avvicinarsi con il proprio bagaglio di dubbi.
È una mostra che, con un approfondimento finalmente maturo e completo, rende giustizia a un’artista troppo avanti per essere compresa nel suo tempo – eppure incredibilmente puntuale nella sua odierna riscoperta – e che sa essere ancora, a ottant’anni dalla sua morte, più che stupefacente.
Hilma af Klint
curatori Tracey Bashkoff, Lucía Agirre
con la collaborazione della Fondazione Hilma af Klint
Museo Guggenheim Bilbao
Avenida Abandoibarra 2, Bilbao (Spagna)
Orari: da martedì a domenica 10.00-19.00
Ingresso intero €15.00; ridotto (studenti 18-26 e 65+) € 7.50; gratuito per i minori di 18 anni
Info: +(34) 944 359 008
informacion@guggenheim-bilbao.eus
www.guggenheim-bilbao.eus