ROMA | CURVA PURA | 9 SETTEMBRE – 9 OTTOBRE 2022
di MARIA VITTORIA PINOTTI
Qfwfq è il nome del misterioso protagonista delle Cosmicomiche di Italo Calvino, di lui non si sa molto, se non che è un perfetto conoscitore delle leggi fisiche che regolano il cosmo; così, mentre «cercava un mondo diverso al di là della patina scialba che imprigionava le cose»[1], si innamorò perdutamente di una oscura creatura senza colore, chiamata Ayl. Dalla narrazione si evince che Qfwfq ha una condotta tipica di uno scienziato che sviscera il mondo, lasciandosi trasportare, al contempo, da emozioni surreali dal carattere cosmico, con un atteggiamento che lo pone a confronto con l’antico e le sue materie naturali, quali il fuoco, ad esempio. Proprio su tale elemento naturale, e con questo tipo di disposizione, si sviluppa il tema della mostra Quel che resta del fuoco, con le opere delle artiste Elena Bellantoni, Arianna De Nicola, Delphine Valli, a cura di Nicoletta Provenzano, ed in programmazione, dal 9 settembre al 9 ottobre 2022, presso la galleria Curva Pura di Roma. Con tale inusuale scelta lo spazio espositivo si conferma un laborioso luogo di ricerca per il senso di apertura, accettazione e reciprocità, sempre caratterizzato dallo xena, termine che i greci utilizzavano ad indicare il valore di ospitalità in rapporto con lo straniero. Inoltre, la singolare triangolazione di nomi, che può sembrare apparentemente inconciliabile per la diversità dei linguaggi e di ricerca, è tenuta salda dall’ottima capacità curatoriale della Provenzano, la quale ha saputo gestire le tre artiste ora tutte dispiegate in un percorso che privilegia le relazioni.
Colpisce per la capacità del saper essere sempre profonda, intelligente ed, al contempo, acuta l’opera installativa di Elena Bellantoni, ispirata ad uno scatto fotografico di Paolo di Paolo relativo agli Settanta raffigurante Pier Paolo Pasolini in visita alla tomba di Antonio Gramsci. L’artista gioca sottilmente con la mimesi e, attraverso la sua verifica pratica, svela la vulnerabilità del medium fotografico, riproponendosi come protagonista dello scatto. In questo modo la fotografia è documentazione reale ma non vera, assumendo l’atteggiamento inverso alla profetessa Cassandra, così se dice il falso viene creduta. Di contro, anche se l’opera nasce da un passato storico remoto, la Bellantoni accarezza ed, allo stesso tempo, investe l’esistenza delle persone presenti, proponendosi con la lucida freddezza da perfomer e fautrice di un’arte mentale in cui si intersecano diverse personalità storiche. Dallo scatto fotografico si percepiscono con nitore le mascelle tese, lo sguardo fisso verso la tomba che altalena tra il rimprovero ed un cenno di indulgenza verso noi contemporanei che ci troviamo a vivere l’opera nello spazio espositivo. Verosimilmente, in questo lavoro tutto pare ruotare attorno al valore del tempo storico, il cui sottofondo è cadenzato dal meraviglioso ritmo lento e solenne del testo scritto dalla Bellantoni, un perno nevralgico di una relazione teatrale in cui noi siamo spettatori. In altri termini, l’artista ci ricorda che, oltre l’impasse dei dogmatismi teorici di Pier Paolo Pasolini, legati alla pubblicazione de Le ceneri di Gramsci (1957), vi è una proprietà commutativa che inverte il passato con il presente.
L’abilità di guardare al di là della patina scialba del cosmo di cui è dotato il protagonista calviniano Qfwfq, è quanto cifra l’artista Delphine Valli, che si innamora di un mondo privo di colori, tutto basato su acrobazie mentali che si tramutano in strutture formali caratterizzate da una empatica leggerezza. Per la Valli lavorare con il fuoco significa ridurre ed esaminare lo spazio, forgiando elementi dinamici i cui componenti vengono vicendevolmente disgiunti e raccolti. Le strutture in mostra sono caratterizzate da una semplicità disarmante, capaci come sono di disegnare delle singolari abitazioni dalle esili e gracili gambe che sfidano la forza gravitazionale e diventano, al contempo, esemplari di un invito che muta i suoi parametri in relazione al posizionamento del visitatore. Così, l’artista apre molteplici indici di misurazione dello spazio: una riflessione sul rapporto che si crea con lo spettatore che è invitato ad orientarsi e identificarsi nell’ambiente, relazionandosi secondo diversi reticoli cosmici. In altri termini, Valli gioca con il fuoco per segnare la sopravvivenza dei materiali e la loro mutazione, esemplificando la convivenza tra la fragilità ed il suo precario equilibrio.
Come un sole nascente nel bacino dell’estremità notturna dell’amata creatura senza colore Ayl, si pongono le opere di Arianna De Nicola, artista che taglia, cuce, compone e plasma ceramica e fili, ragionando sulle loro implicazioni simboliche, lasciando allo spettatore la libertà interpretativa. Quello della De Nicola è un operare continuo e solitario che, in questo caso, risiede nella sua capacità di vivificare i materiali abbandonati; anche se è certo che per la De Nicola la natura è musa ispiratrice proprio come avviene nel tronco di legno carbonizzato avvolto da fili, chiamati a racchiudere l’energia di un materiale segnato nel profondo. Eppure l’installazione scultorea ha un sentore superstizioso sì da farci immaginare che gli elementi siano simboli di un genius loci, poiché volti ad identificare l’identità di un luogo verosimilmente preservato da una divinità protettrice dell’armonia e dell’equilibrio. Così, vedendo tali “matasse” si rimane colpiti dalla loro euritmia e dal segreto che vi si annida, caratterizzate come sono da un sentore surreale che spinge a considerarle quali strumenti di uno scandaglio interiore tra l’artista ed i suoi solitari e casuali ritrovamenti.
Nell’itinerario espositivo privo di colore e dal carattere cosmico, in conclusione, viene evocata una forte e verace carica introspettiva la cui giusta direzione di lettura ci giunge proprio dalle parole di Qfwfq. Quando quest’ultimo, dichiarando il suo amore per Ayl, ricordandola come abitante felice della natura capace di vivere in un cosmo senza colore e cinereo come la fuliggine del fuoco, afferma che «per lei là dove il grigio aveva spento ogni sia pur remoto desiderio d’essere qualcos’altro che grigio, solo là cominciava la bellezza.»[2]
Quel che resta del fuoco
Elena Bellantoni, Arianna De Nicola, Delphine Valli
a cura di Nicoletta Provenzano
9 settembre – 9 ottobre 2022
Orari: su appuntamento, prenotare via mail curvapura@gmail.com o whatsapp 3314243004
Curva Pura
Via Giuseppe Acerbi 1a, Roma
[1] Italo Calvino, Senza colore, in Le Cosmicomiche, Oscar Mondadori, 2019, p. 49
[2] Ibidem