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di OTTAVIO PINARELLO

Il primo di dicembre, a Milano, è improvvisamente mancato Paolo Barozzi (nato a Venezia nel 1935, ndr), già assistente personale di Peggy Guggenheim a Venezia e successivamente gallerista, giornalista, critico e scrittore, uno dei personaggi più rappresentativi e interessanti che dalla seconda metà del Novecento fino ad ora sono stati protagonisti del panorama dell’Arte Contemporanea nazionale e internazionale.

Paolo Barozzi in una foto di Mario Cresci

Paolo Barozzi è uno dei discendenti di una delle più antiche famiglie di Venezia, fin da piccolo è cresciuto in un ambiente dedito all’arte, visto che il padre e il nonno erano stimati antiquari nella città lagunare. Tra i loro clienti e conoscenti c’erano personaggi illustri, tra cui Ernest Hemingway a cui il giovane Paolo in occasione di una cena nel palazzo di famiglia aveva confessato la volontà di diventare scrittore.
Dopo gli studi a Londra e un breve periodo lavorativo a Milano, fu il fatale incontro con Peggy Guggenheim nel ’59 a Venezia che condizionò tutta la vita futura di Paolo. Infatti Peggy gli chiese di seguirla con altri amici in un viaggio in Grecia, quello poi divenne un lungo “viaggio nell’arte contemporanea”. Già nel 1960, in uno studio del padre, Paolo organizzò una prima mostra d’arte africana con l’aiuto della Guggenheim e del critico Franco Monti, in quell’occasione conobbe il miliardario americano Stanley Marcus che poco dopo lo invitò negli Stati Uniti per seguire una mostra d’arte che si doveva tenere nei suoi grandi magazzini di Dallas, in collaborazione con la Galleria Malborough di Roma.

Peggy Guggenheim e Paolo Barozzi alla mostra d’arte africana, 1960

Successivamente si trasferì a New York, dove tra l’altro conobbe in anteprima quelli che sarebbero diventati gli esponenti della Pop Art, da Rauschenberg ad Allan Kaprow, e in particolare incontrò diverse volte Andy Warhol grazie a Ivan Karp, l’assistente di Leo Castelli, il noto gallerista con cui Paolo poi avrebbe collaborato gli anni successivi. Andy in realtà nel 1960 era considerato ancora un grafico e non era ancora riuscito ad entrare nella scuderia della Galleria Castelli di New York, ma Barozzi aveva già intuito le enormi potenzialità che aveva Warhol. Infatti quando nel ‘61 rientrò a Venezia e iniziò una stabile collaborazione con la Guggenheim diventando suo assistente personale, Paolo le suggerì di considerare le opere della nascente Pop Art, ma Peggy, legata al surrealismo e all’action painting, non la riteneva una forma d’arte… Gli anni successivi insieme alla Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni furono un susseguirsi di mostre, incontri ed eventi, un periodo in cui Paolo ebbe modo di conoscere di persona non solo i più grandi artisti dell’epoca, uno su tutti Marcel Duchamp, ma anche importanti intellettuali e scrittori di livello internazionale, da Truman Capote, a Tennessee Williams, a Gore Vidal… Un percorso che poi lo portò alla decisione di aprire delle sue gallerie, pur rimanendo in stretto contatto con la collezionista americana vista anche la solida amicizia che li legava.

Nel 1966 aprì a Venezia una sua prima galleria, e successivamente aprì anche a Milano, mosso non certo dalla volontà di arricchirsi ma da una sincera curiosità e da uno spiccato intuito che lo spingevano a indagare tra le diverse tendenze e movimenti artistici, come poi ci ricordarono parlando di lui personaggi come Pierre Restany, Fernanda Pivano o Gillo Dorfles. Nel corso degli anni Paolo Barozzi ha esposto i più grandi nomi del panorama artistico nazionale, da Rotella a Parmeggiani, da Dorazio a Novelli, e internazionale, da Albers a Man Ray, a Gustav Klimt, ed è stato uno dei primi a proporre ed esporre in Italia, vista anche la già citata amicizia con il noto gallerista Leo Castelli, artisti come Jasper Johns, Dennis Oppenheim, Lichtenstein, Rauschenberg, Andy Warhol, Allan Kaprow, Joseph Kosuth, solo per ricordarne alcuni. Dato l’interesse di Barozzi anche per il cinetico e l’optical, importante fu anche il rapporto di collaborazione con la nota Galleria Denise René di Parigi, e in particolare il lungo legame con Lucienne Kilian (sorella di Denise), con cui organizzò varie mostre, soprattutto di Victor Vasarely.

Jean Toschi Marazzani Visconti, Paolo Barozzi, Marianna Accerboni, Gillo Dorfles, Galleria Milano
, presentazione del libro: Da Duchamp agli happening, 2015, © Gianni Marussi

Fu tra l’altro il primo a esibire il lavoro di Fabio Mauri nella prima edizione della ormai celebre mostra “Ebrea”, nel 1971. Ma oltre alla sua attività di gallerista e promotore d’arte proseguita fino a oggi nei suoi studi di Milano e di Venezia, Paolo Barozzi espresse il suo interesse per il mondo dell’arte e per i suoi personaggi anche attraverso la scrittura: già dai primi anni sessanta realizzò numerosi articoli pubblicati su diverse testate, da Il Mondo di Pannunzio, a Domus, da Vogue, a Business Art… Scrisse poi diversi libri, tra cui si ricordano i recenti “Con Peggy Guggenheim, tra storia e memoria” (2001), “Venezia – Luogo della Mente”(2009) e “Venezia Leggendaria – Scrittori e Personaggi”(2009), “Andy Warhol ed Io. Cartoline dal tempo della Pop Art”(2009), “Da Duchamp agli Happening – Articoli pubblicati sul Mondo di Pannunzio e altri scritti”(2013), “Il Retaggio di Jackson Pollock”(2017). Paolo Barozzi è stato un personaggio eclettico ed originale del mondo dell’arte contemporanea, di cui è stato un protagonista e un testimone di fondamentale importanza, la sua scomparsa lascia un vuoto che non potrà essere colmato.
Noi che gli eravamo vicini abbiamo perso un caro e insostituibile amico… (Ottavio Pinarello, dicembre 2018)

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