Matteo Tenardi da Massa (MS)
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Subito dopo l’inizio della quarantena ho iniziato a lavorare esclusivamente su carta.
Al mattino scelgo tra vecchie carte ritrovate in casa, o tra alcune di quelle recuperate in studio, quale sarà il foglio ad accogliere il nuovo disegno. Cerco di iniziare un nuovo disegno ogni giorno. I fogli nella stanza iniziano ad accumularsi e, per praticità, li divido in due pile, disegni falliti e disegni salvati, anche se ogni tanto i fogli di una pila si spostano nell’altra e viceversa. Non ero mai stato tanto tempo senza lavorare su tavola, però credo che, per chi faccia un lavoro creativo, ogni limitazione sia un incentivo alla capacità di immaginare. In studio mi sono rimaste alcune grandi tele incompiute iniziate poco prima dell’inizio del lockdown. Ognuno dei piccoli disegni su cui sto lavorando è una sorta di progetto per poter portare a compimento quelle tele.
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Questo momento di stallo per me è un po’ coinciso con la conclusione di una serie di opere che il 22 febbraio scorso ho presentato in una mostra personale da Zaion Gallery a Biella. La mostra aveva per titolo “Costruire Rifugi* (la curva dell’oblio e l’errore del tempo)” e devo confessare che in questi giorni ho rivisto con occhi diversi le parole scelte da me per quel progetto. L’errore del tempo come slittamento tra un tempo che scorre e un tempo interiore, percepito, credo sia divenuta una costante di questi giorni, così come (ancora di più in queste settimane) è una costante del quotidiano la casa, come rifugio.
In uno dei libri che mi ha accompagnato nell’ultimo periodo e di cui ho ripreso a sfogliare le mie sottolineature in queste sere, Stig Dagerman scrive che “il tempo è una falsa misura per la vita. Il tempo è in fondo uno strumento privo di valore perché tocca esclusivamente le mura esterne della vita…”. Credo che queste parole dovrebbero almeno essere un punto di partenza per i tempi che verranno.
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
La cosa che mi manca di più è la libertà di spostamento, da cui deriva una mancanza di realtà, di contatto diretto con le cose, con i luoghi e con gli affetti. Vedo queste settimane come un’apnea, un trattenere il respiro dopo aver riempito d’aria i polmoni, alla meglio e senza il giusto allenamento.
Matteo Tenardi è nato a Castelnuovo Garfagnana (LU) nel 1984 e vive e lavora a Massa (MS). Dopo il diploma in arte e restauro della scultura consegue il diploma di laurea triennale in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Carrara.
Il filo conduttore della sua ricerca è la relazione dello spazio con l’uomo e con le tracce di una memoria persistente, come nel caso di uno degli ultimi progetti realizzati quest’anno a febbraio con la personale da Zaion Gallery a Biella dove la galleria è stata abitata da individui a grandezza reale e da una serie di disegni e dipinti di medie e piccole dimensioni che sono diventati un diario di bordo. Un diario dove ognuna delle figure che occupa i lavori parla della creazione di uno spazio minimo che diventa rifugio, con prove da superare e conquiste da compiere, con gesti minimi e vicini all’immobilità. www.matteotenardi.com