Lorella Giudici da Milano
La tua nuova ritualità quotidiana…
Non mi dispiace svegliarmi al mattino (e la mia sveglia, ancora adesso, suona sempre all’alba) e sapere di non dover corre a prendere un autobus, un treno, un aereo o di non dovermi mettere in macchina per andare a un appuntamento, a un convegno, a una riunione e rischiare di restare preda del traffico o del ritardo cronico dei mezzi di trasporto. Gli unici trasferimenti che mi sono mancati sono stati quelli che, due o tre volte alla settimana, mi portavano in aula dai miei studenti per trascorrere con loro indimenticabili momenti di arricchimento.
Ho ripreso a lavorare su alcuni progetti che prima avevo accantonato e che invece presto vedranno la luce.
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Per chi scrive e studia non è raro trascorrere lunghi periodi di “reclusione”, intere giornate (a volte anche nottate) davanti al computer nel tentativo di inanellare pensieri, immagini e riflessioni in saggi che possano raccontare qualcosa di nuovo, che possano inquadrare in prospettive diverse il lavoro di un artista. Quando stai portando a termine un libro o quando sei nel vivo della progettazione di una mostra hai bisogno di isolarti, di mettere insieme i pezzi di un puzzle complesso e avvincente. Ciò che rende diverso questo momento è non avere il contatto diretto con l’opera d’arte, tenere lezioni, riunioni e conferenze via web, con un risparmio sui tempi di percorrenza, ma con un terribile inaridimento dei contatti umani.
Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Tra le conseguenze più ovvie c’è l’annullamento o il rinvio di mostre e progetti. Ma ciò che maggiormente mi preoccupa è la generale indifferenza nei confronti della cultura e degli artisti in particolare. Constatare che, in un Paese che potrebbe vivere di arte, la professione dell’artista non ha nessun posto e che nessuna manovra finanziaria ha un capitolo a sostegno della categoria mi conferma che abbiamo ancora molta strada da percorrere.
Lorella Giudici: Sono professore di storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e all’Accademia Albertina di Torino. Curo mostre e mi occupo di arte contemporanea e dell’arte tra ottocento e novecento, con particolare interesse al periodo tra le due guerre. Sono nel comitato scientifico della Fondazione Remo Bianco e della Fondazione Sangregorio. Sono stata direttrice del Museo del Paesaggio di Verbania. Tra le tante pubblicazioni e curatele potrei citare: Edgar Degas. Lettere e testimonianze, Milano 2002; Medardo Rosso. Scritti sulla scultura, Milano 2003; Giorgio Morandi. Lettere, Milano 2004; Gauguin. Noa Noa e lettere da Thaiti (1891-1893), Milano 2007; Lettere dei Macchiaioli, Milano 2008; Monet, Mon histoire. Pensieri e testimonianze, Milano 2009. Tra le tante mostre curate potrei ricordarne un paio tra le più recenti: Giuseppe Ajmone. Gli amici di Corrente e il Manifesto del Realismo, Fondazione Corrente, Milano 2018; Remo Bianco. Le impronte della memoria, Museo del 900, Milano 2019. In questi ultimi mesi ho lavorato a due importanti saggi: uno per la rivista “Metafisica” sul rapporto De Chirico-Lo Duca e l’altro per la Fondazione Ragghianti su Raffaello Giolli.