Giacinto Di Pietrantonio da Como
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Come per tutti, mancano, per ora, occasioni di presenza fisica per vedere mostre, partecipare a conferenze, andare a trovare parenti, amici, insomma la socialità in presenza diretta, sostituita dalla socialità in presa diretta. Siamo invitati a partecipare a conferenze, chiacchierate via web. Devo dire che questo non mi dispiace più di tanto, mi ha portato a interagire con mezzi che prima frequentavo poco, un po’ per mancanza di tempo, un po’ per pigrizia. Cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e quindi, armato di ottimismo, cerco di approfondire anche le occasioni negative come questa del Covid-19 per volgerle in positivo. Solo reagendo, progettando in modo diverso se ne esce. La condizione in cui ci troviamo rimette al centro qualcosa che avevamo dimenticato o emarginato, il futuro, perché vivevamo in stato di eterno presente. La quarantena ci ha costretti a pensare al domani. Per quanto mi riguarda parlo sia in relazione al lavoro in arte che all’insegnamento. Anche in questo secondo caso la virtualità era finora sottovalutata e sottoutilizzata da me per primo, essere costretti a utilizzarla ci da alcuni vantaggi. Non dico che le lezioni online sono migliori delle lezioni in presenza di studenti e professori, solo che capire le possibilità del cosiddetto virtuale per poi utilizzare a fini didattici è un qualcosa in più non in meno, soprattutto per quando tutto tornerà alla “normalità”.
Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Con le opere che ho in casa e in particolare con l’opera di Ugo La Pietra: Unità nella diversità realizzata nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. È un’opera composta da 20 teste di ceramica ognuna rappresentante una regione italiana. Le opere che si hanno sono importanti, ma nel momento in cui le hai tutti i giorni sotto gli occhi finisci per farci l’abitudine e quasi per non vederle più. Ci vuole qualcosa che ti faccia scattare la molla di una nuova attenzione. Stando chiuso in casa mi son chiesto: Visto che non posso fare mostre fuori, perché non fare qualcosa con le opere di vari artisti amici che ho in casa? Così sono partito a fare una serie di video, in un primo momento pensandoli solo per i miei studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera, ma poi mi son detto: “Li faccio per tutti e li posto su youtube”. Li ho chiamati miti e mitologie dell’arte. Sono video in cui, partendo ogni volta da una testa-opera-regione, parlo di arte sia della regione stessa che dell’universo mondo, ma sempre in una prospettiva interdisciplinare. Ho scelto queste opere di La Pietra perché volevo fare qualcosa legato in maniera forte all’Italia, che ritengo, nel bene e nel male e scusate la retorica, essere il più bel paese del mondo, quello in cui, se non ci fossi nato, avrei scelto di vivere.
Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Di rendermi ancor più reattivo e pensare progetti da poter fare da casa o fatti in casa. Difatti, dopo quelle delle regioni, inizierò a fare quelle sull’Italia, in ogni video partirò da un’Italia di Fabro, che affrontano ognuno argomenti diversi. Finite le Italie di Fabro includerò altre Italie come quelle di Salvo, o di Claire Fontaine e altri ancora. Poi passerò a fare dei video in cui parto da opere che rappresentano l’Europa e poi da quelle delle mappe mondo, naturalmente partendo da quelle di Boetti. Tutto ciò sempre all’interno di quello che chiamo: miti e mitologie dell’arte. Altra cosa che sto preparando sono mostre online sempre con le opere che ho in casa, ricombinandole in mostre complesse. Ci sto lavorando, sia perché insieme alle opere d’arte metterò nell’allestimento anche altre cose che ho in casa e sia perché sto ragionando come allestirle. In una casa e per un allestimento continuo temporaneo auto-prodotto che deve essere restituito-fruito online, la presentazione è diversa da una fatta per e in un museo o galleria. La condizione attuale mi porta anche a interrogarmi su cosa e come lavorano gli artisti in questo periodo. Per questo approfitto per fare una chiamata alle armi, invitando chi vuole a spedirmi immagini e testi prodotti al mio indirizzo: giacinto.dipietrantonio@gmail.com. Vorrei ragionarci sopra e farne mostre e pubblicazioni. Insomma vivo una fase molto sperimentale i cui risultati poi proporrò anche a musei, fondazioni, gallerie, case editrici. A tutto questo aggiungo che sto rifinendo il libro: Il peccato originale dell’arte a cui da qualche anno sto lavorando con Giuseppe Stampone. Badate non è un libro su Stampone, ma con Stampone in cui io scrivo i testi e lui disegna le immagini.
Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Musei e gallerie hanno mostrato anche una forte progettualità come ad esempio la GAMeC di Bergamo in cui il direttore Lorenzo Giusti ha creato Radio GAMeC che non è importante in quanto attiva ora, o almeno non solo per questo, ma in quanto è una cosa che rimane anche dopo, lo stesso dicasi per l’attivazione di spazio laboratorio per gli artisti del MAMBO di Bologna attivato dal direttore Lorenzo Balbi, altri esempi potrebbero seguire. La positività sta nel creare ora dispositivi per il dopo che forse non sarebbero stati creati se non ci fossimo trovati in una situazione di emergenza. Sfatiamo anche questa storia dei visitatori e distanziamento per i musei d’arte moderna e contemporanea, fondazioni e gallerie d’arte, perché si tratta di luoghi che, fatta salvo per i grandi musei come Tate, Pompidou, MoMA, e alcuni altri, dopo le inaugurazioni sono luoghi poco frequentati e quindi, da questo punto di vista, si troveranno avvantaggiati, perché sono già abituati al poco pubblico. Solo che finora c’era la preoccupazione di attirare pubblico in luoghi in cui il grande pubblico non va, mentre adesso non avendo più questa preoccupazione si potrà dedicare ancora più energie alla sperimentazione e alla ricerca che è ciò che alla lunga paga. Una persona, un Paese, un Mondo muore quando finisce di ricercare, sperimentare, costruire il futuro. In tutto ciò anche le gallerie d’arte avranno un ruolo determinante, perché se da un lato stanno potenziando una parte del lavoro sul digitale è anche vero che le gallerie si reggono sulle vendite e quindi il loro fine e dell’artista che espongono è il collezionista, oltre che critici e curatori. D’altronde, già da tempo, molte delle vendite delle opere avvengono in buona parte al telefono e in molti casi senza che il collezionista si rechi a vedere l’opera. Le gallerie hanno un pubblico ancora più ridotto, mentre quello più copioso lo trovano in gran parte nelle fiere. Manifestazioni che, data la loro breve durata, sono un concentrato di persone, e saranno quelle che più soffriranno della situazione almeno a breve termine. Allora le gallerie torneranno a lavorare molto più nella loro sede, destinando maggior attenzione al loro poco pubblico, anche perché va considerato che nelle gallerie il pubblico non si conta, si pesa. Ciò dimostrato dal fatto che se i musei, le fondazioni danno sempre informazioni sul numero di visitatori e la stessa stampa si è ridotta da anni a parlare sempre più del numero dei visitatori come metro di riuscita di un’esposizione, invece dei contenuti della stessa, ciò non accade per le gallerie private in cui il numero dei visitatori ha un valore molto relativo. Per questo le gallerie dovranno tornare a essere un luogo di dibattito, oltre che di compravendita.
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Come sempre e come in tutto non è la chiusura a preoccuparci, ma l’apertura, o meglio la riapertura a seguito del reale vuoto interno ed esterno in cui ci ha chiuso il Covid-19. L’arte con le strade e le piazze dei quadri di de Chirico ci aveva già dato coscienza di questo vuoto, ora che siamo passati dalla rappresentazione alla realtà, possiamo capire a cosa serva l’arte, come sempre a metterci sull’avviso e quindi prevenire e pensare al e il futuro. L’arte ha da sempre una funzione di antenna e prefigurazione come dimostra Michelangelo Pistoletto con l’idea del suo Terzo Paradiso volta a riconciliare natura e cultura. Ciò è possibile solo se continuiamo a cercarci e creare comunità. Tuttavia, oggi siamo intenti a gestire non solo la categoria chiuso-aperto, ma pure quella del vicino-lontano, la misura, da sempre altro tema dell’arte a partire da quella tra artista e osservatore anzi tra opera e fruitore come dimostrano le opere di Giulio Paolini a partire da Giovane che guarda Lorenzo Lotto. Si tratta di questioni che modificheranno la fruizione dell’arte, almeno a breve termine? Chi ci guadagnerà in tutto ciò? Certamente la fruizione aumentata dell’arte attraverso le pratiche digitali, finora usate in maniera ancora “primitiva”, tenendo, però, ben presente che, alla lunga, non potrà sostituire la tradizionale fruizione in diretta, perché un quadro visto dal vero non è la stessa cosa vista in digitale, perché ci sono delle forme d’arte partecipative con presenza corporale che il digitale può sostituire solo in parte, anzi aiuterà a implementare il desiderio di fruibilità diretta. Questo perché l’essere umano è animale sociale per eccellenza che ha necessità, come dell’aria, di relazionalità in un tempo oramai sospeso, rallentato e dilatato.
Giacinto Di Pietrantonio è Critico, Curatore d’arte e Docente. Insegna Storia dell’Arte Contemporanea, Teoria e Storia dei Metodi di Rappresentazione e Sistemi Editoriali per l’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Dal 1986 al 1992 è stato redattore e vicedirettore della rivista Flash Art, ha curato mostre in Italia e all’estero come 3 edizioni di Volpaia, 6 edizioni di Fuori Uso a Pescara, mostra d’arte russa alla Biennale di Venezia, 1993 e Quadriennale di Roma 2006. Dal 2000 al 2017 è stato Direttore della GAMeC (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea) di Bergamo di cui ora è Consigliere, nel 2003 ha fondato l’AMACI. Negli anni 2018-2019 ha diretto la residenza artistica BoCs Art, Cosenza. ha ricevuto vari premi tra cui: Premio alla Carriera dell’AMA (Associazione Almae Matris Alumni) dell’ateneo bolognese nel 2008 e Premio Capitani della Cultura dell’anno 2016.