Elisa Muliere da Bologna
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Da tre anni circa, il mio lavoro si basa sull’ascolto e la riemersione di un mondo interno e viscerale. Attraverso l’ascolto di determinate musiche scelte e focalizzandomi su una restituzione segnica istintiva, libera, basata sugli automatismi psichici, vado a solleticare corde primordiali. È un lavoro che ruota attorno al sé, di presa di contatto con regioni intime; un atto fisico, talvolta una lotta, altre una danza.
Nella vita di tutti i giorni, una disciplina del genere è possibile proprio in risposta ad una quotidianità fatta di scambio continuo, contaminazione ed armonia.
Costretta all’isolamento, ho sentito il bisogno di riallineare il sentire; mi sono lasciata andare a “deviazioni di percorso”, al riaffiorare di volti e simboli, narrazioni più esplicite, indagando quei vuoti di presenza che avverto intorno. Sperimento, fluida o sconnessa, accogliendo tutte le manifestazioni di questo tempo inquieto.
Farò ordine e analisi del lavoro poi, in un secondo momento.
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Mancano, come è ovvio, gli affetti. Quella possibilità, che fino ad un mese e mezzo fa ci pareva scontata, di poter scegliere: di stare in casa o di uscire, di fare quattro passi in strada, scambiare chiacchiere con colleghi e amici.
Manca, in un certo senso, anche l’azione in uno spazio protetto; il mio studio è in casa e solitamente casa, per la maggior parte della giornata, è un luogo che abito sola. Oggi la condivido h24 con il mio compagno e questa condizione ha stravolto, non di poco, ritmi e abitudini di entrambi. Pian piano stiamo trovando una parvenza di equilibrio, utile quantomeno a lavorare un po’, ma si sta facendo sempre più pressante la voglia buona di riprendere ognuno i propri spazi individuali.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Personalmente non lo penso affatto. Credo sia fondamentale per un artista (e non solo) fare scoperta di quel che accade al di là del proprio circuito, fare nuove conoscenze, assorbire stimoli, esporre il proprio lavoro in situazioni altre, fuori dalla propria comfort zone. Prima del lockdown, stavo vivendo un periodo ricco di collaborazioni e progetti da realizzare in diverse città italiane ed estere. Progetti per ora sospesi.
Il viaggio – e tutto ciò che porta con sé – è prezioso quanto la capacità di sostare in solitudine nei momenti di studio e lavoro. Fare esperienza del mondo osservandolo dalla finestra (di casa o del pc) non è cosa che fa per me: fortunatamente sono ancora troppo curiosa.
Elisa Muliere (Tortona, 1981) vive e lavora a Bologna. Artista multidisciplinare, la sua produzione spazia dal lavoro su tela e carta alla sperimentazione di altre forme di ricerca come installazioni, scultura e prodotti editoriali.
Energia, sensibilità e immediatezza sono le componenti principali per la creazione di opere che tendono al disvelamento del pensiero umano nella sua non-linearità.
Dal 2011 espone in diverse mostre personali e collettive, in Italia e all’estero. Tra queste: Fiori d’artificio (2019, Burning Giraffe, Torino) [C], Selvatico 14_Atlante dei margini, delle superfici e dei frammenti (2019, a cura di M. Fabbri, Cotignola) [C], NOW NOW. Quando nasce un’opera d’arte (2019, a cura di Casa Testori, Rimini) [C], Blossom (2019, Galleria Uovo alla Pop, Livorno) [P], Ensemble (2019, a cura di Supergiovane, Milano) [P], Il tempo sei tu che lo decidi (2018, a cura di A. Zannoni, Adiacenze, Bologna) [P].
Le sue Gallerie di riferimento sono: Adiacenze (Bologna), Burning Giraffe Art Gallery (Torino). www.elisamuliere.com