Elisa Bertaglia da Rovigo
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Da due mesi a questa parte ho continuato a lavorare credendo di proseguire una ricerca incominciata un anno e mezzo fa. Man mano che ho ultimato i primi lavori, mi sono resa conto però che ho inconsapevolmente introdotto alcuni elementi di rottura. Il colore innanzitutto: la tavolozza si è fatta più scura, ho utilizzato delle tonalità vibranti a partire da neri e grigi molto intensi, giocando, come amo fare, sulle variazioni minime tra un tono e l’altro. Anche in passato ho utilizzato colori scuri, ma spesso bilanciati da ampie zone chiare di respiro.
Alcuni dei dipinti recenti, inoltre, sembrano svilupparsi sulla scia di un horror vacui, caratteristica presente in alcune opere del passato, ma che da tempo avevo abbandonato in favore di una leggerezza e un’asciuttezza formale cui aspiravo.
Non so se ciò sia un riflesso incondizionato del periodo che stiamo attraversando, ma ho bisogno di soffermarmi a riflettere su questi aspetti. Un’amica curatrice mi ha consigliato di leggere “Estetica del vuoto” di Giangiorgio Pasqualotto. Aspetto di vedere quali risvolti porteranno queste riflessioni e questi cambiamenti inaspettati e interessanti.
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Negli ultimi anni ho avuto una vita adrenalinica, molto intensa e libera. Ho viaggiato tantissimo e ho vissuto giornate e periodi molto precari. Questo mi è sempre piaciuto, l’incertezza mi ha dato l’energia e gli stimoli per affrontare sfide nuove, per essere sempre più indipendente, per mettermi alla prova e conoscere cose diverse. Il passaggio da questo all’immobilità è stato immediato.
Dall’inizio della quarantena, ho istintivamente smesso di contare i giorni, inquadrando la mia vita dentro una griglia fatta di intere settimane. Davanti, un lungo tempo indistinto.
Mi sono accorta di aver dimenticato l’importanza della continuità, della calma e – moderatamente – anche della ‘costrizione’, della regola. Certe riflessioni arrivano solo perché si ha il tempo per poterle portare in superficie. Probabilmente questo periodo di rallentamento forzato è giunto al momento giusto per farmi riscoprire certi valori dimenticati. Un buon ritmo, in fondo, è inevitabilmente frutto di contrasti.
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
“[l’arte è importante perché] non è necessaria, è il superfluo. E quello che ci serve per essere felici o un po’ meno infelici nella vita è il superfluo, quello che non serve”, Lea Vergine (1).
L’entusiasmo nel rimanere a casa, dove ho anche il mio studio, per lavorare senza interruzioni e distrazioni, pian piano ha lasciato spazio all’insofferenza del perimetro rigido del mio quotidiano. Non mi manca nulla di materiale, sono fortunata e la mia ricerca può proseguire. Quello che manca è l’impalpabile, il “superfluo” appunto: un abbraccio, un viaggio in auto con Gabriele, una gita sui colli, vedere una mostra, i pranzi e le cene con gli amici, la colazione al bar in mezzo a sconosciuti, prendere un aereo.
La mia routine dentro casa si è più o meno assestata attorno ad una ritmicità inviolabile: sei giorni di lavoro e uno di riposo, la domenica. E proprio la domenica – scandita da due videochiamate, una ai miei genitori e una a mio fratello Luca, musicista a New York – mi ricorda quello che mi manca di più.
Ora dovrei essere anch’io in America, per una mostra personale che è stata rimandata, come tutto. In questo aprile così caldo penso ai marciapiedi di Brooklyn; alle ombre maculate dei platani a bordo strada; a Prospect Park pieno di lucciole al tramonto; a quando cammino da sola nell’aria tiepida e frizzante delle 7 di sera per andare da Artist&Craftsman prima che chiuda; alla colazione in piedi; agli Union Market che vendono il pane al cioccolato e un caffè decente (americano, s’intende); al tetto di casa mia nel 2016, da cui vedevo tutto, anche il New Jersey; ai locali piccoli che profumano di burro e marmellata; ai diner del Queens; alla statua della Madonna che tra qualche settimana avrebbe percorso dall’alto di un trampolino le strade italiane di Williamsburg; al rito delle inaugurazioni; agli amici lontani.
Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
A partire da adesso, prima ancora che tutto sia finito, devo imparare ad impiegare al meglio il mio tempo, abbandonando tutto quello che non è importante e che mi distoglie dai miei obiettivi; non devo mai più dare tutto per scontato.
Forse tutti dovremmo sorridere di più.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Non so se si possa vivere con meno mobilità, o se stiamo davvero imparando qualcosa da questa esperienza. Io per prima non ero in grado di rendermi conto di quello che stava succedendo. Di sicuro questa situazione ci ha posto di nuovo di fronte al concetto di rinuncia, qualcosa a cui, colpevolmente, ci eravamo disabituati. Ora dovremo fare i conti con questo, con lo spaesamento dovuto al disassamento delle nostre abitudini, che resterà tale finché non avremo aggiustato le nostre esistenze attorno al nuovo asse.
Note:
1. Lea Vergine intervistata da Stefania Gaudiosi per “L’arte è un delfino”, 6 giugno 2019
Elisa Bertaglia (Rovigo, 1983) è una pittrice e artista visiva. Si è formata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, conseguendo nel 2009 la Laurea di II Livello in Pittura.
Dal 2009 ad oggi il suo lavoro è stato esposto in importanti musei ed istituzioni in Italia e all’estero, tra questi il Museo Guggenheim di Venezia, il Centro Cultural Borges di Buenos Aires, la 54ma Biennale di Venezia, il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Saitama in Giappone. Dal 2012 collabora con Dolomiti Contemporanee e Progetto Borca. Nel 2016 ha vinto una residenza d’artista alla Fondazione ESKFF di Jersey City, USA.
Attualmente è in fase di preparazione una sua mostra personale presso gli spazi del complesso The Yard a New York City; l’esposizione presenterà al pubblico una quarantina di opere inedite dell’artista e sarà curata da Sarah Corona. Prorogata a causa della pandemia, la mostra inaugurerà in autunno.
Vive e lavora tra Rovigo, Milano e New York.
Le sue gallerie di riferimento sono: Officine dell’Immagine, Milano; Martina Corbetta Arte Contemporanea, Giussano (MB); Galleria Weber & Weber, Torino; Galerie MZ, Augsburg (DE). www.elisabertaglia.com