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Claudio Musso da Bologna

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Non sarò originale, ma l’oggetto principe del mio quotidiano in questo periodo è stato il libro. Non ho titoli inaspettati da consigliare o pagine indimenticabili da riportare, piuttosto il racconto di un rapporto con la materia-libro. Li ho sfogliati e risfogliati, li ho piegati e ripiegati gli uni negli altri, li ho appoggiati ovunque, li ho spostati, riordinati, annusati…
Qualcuno li ha chiamati rifugi, altri li hanno utilizzati per evadere, altri ancora li hanno dosati in base al tempo che avevano a disposizione, io li ho sempre tenuti stretti, vicini, a portata di mano. Non per paura di perderli, ma perché la loro presenza riempiva qualsiasi vuoto.
Uno spazio domestico che ho riscoperto è il pavimento. Anche in questo caso niente di nuovo, ma una vera riappropriazione. Per la ginnastica e per le birrette serali, per ascoltare musica e rivedere film o serie TV, per il relax o per la video scrittura (comprese queste righe), coadiuvato da cuscini, materassini e teli, il parquet è diventato il mio ambiente preferito.
Non so se sia stato un bisogno di “orizzontalità”, di sentirsi tutti allo stesso livello, o, piuttosto, una voglia di aggregazione comunitaria che sostituiva quella dell’essere seduti o sdraiati sull’erba. «Tutti giù per terra».

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Per me questo è un cruccio, il mio impegno di docente mi porta normalmente a viaggiare ogni settimana tra Bologna e Bergamo. Quindi non posso negare che la didattica a distanza abbia reso più stanziale la mia quotidianità in questi mesi e mi abbia fornito il privilegio di accedere liberamente al mio archivio e alla mia biblioteca per fare lezione. D’altra parte sono convinto che non si possa sostituire l’esperienza della relazione interpersonale in presenza, ma che si possa fare una seria riflessione sulle modalità d’insegnamento e sulle possibilità offerte dalle connessioni telematiche. Con gli studenti c’era spesso un bisogno di condivisione che andava oltre le informazioni sull’arte e sugli artisti. Nei primi tempi soprattutto (penso al mese di marzo e all’inizio di aprile) si parlava della condizione che stavamo vivendo, molti di loro in luoghi come Val Seriana drammaticamente colpiti dal COVID-19. L’atmosfera mi ha ricordato molto certi momenti delle lezioni di italiano o di storia al liceo in cui il dialogo sul presente e sulla società emergeva con forza dalle pieghe dell’argomento trattato, facendo slittare l’attenzione del docente e degli studenti sulla vita, colmando come per magia (e solo per alcuni istanti) le distanze tra scuola e quotidiano.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
Non so se “questo” finirà o se gradualmente ci abitueremo a forme diverse del vivere sociale o, ancora, se ci saranno altre svolte radicali. Quello che mi ripeto è che devo cercare di non dimenticare le piccole cose che mi hanno fatto stare bene, una per tutte: leggere ad alta voce, da solo o in compagnia. E devo ricordare anche quanto è bello ‘non fare’, ma senza l’estremismo del ‘sempre’ o del ‘mai più’, meglio con il più rilassante ‘ogni tanto’.


Claudio Musso
: Preferisco critico d’arte a curatore, ma non sono un nostalgico. La mia principale attività è quella presso l’Accademia G. Carrara di Belle Arti di Bergamo dove, oltre a insegnare Fenomenologia delle arti contemporanee e Teoria della percezione e psicologia della forma, sono Coordinatore del corso di Pittura e Coordinatore Erasmus, ma soprattutto mi sento parte di una piccola, vera comunità.

Ho cercato fin dagli anni dell’università spazi per la scrittura d’arte (da Exibart a Digicult), dal 2011 collaboro per Artribune dove oggi mi ritrovo tra gli editorialisti. Due anni fa ho iniziato a collaborare con NEU Radio conducendo un programma di interviste agli artisti che si chiama Die Straßenzeitung. L’ultima mostra che ho curato è la personale di Ivana Spinelli  Contropelo presso Gallleriapiù a Bologna. http://accademiabellearti.bg.it/

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