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Chiara Casarin da Treviso

La tua nuova ritualità quotidiana…
Da anni mi sveglio alle 6.00, mentre preparo il caffè guardo l’agenda della giornata sul cellulare. Mentre bevo il caffè gioco con il cane, mentre faccio la doccia preparo mentalmente un discorso, mentre mi vesto rispondo al “buongiorno” del mio amato e volo a prendere il treno delle 6.48 per poi rientrare in casa alle 20.00, circa, quando va tutto bene. Dal 7 marzo 2020 invece mi sveglio alle 7.30 e mentre metto su la caffettiera, accendo il pc. Mentre bevo il caffè guardo fuori dalla terrazza. Mi lavo e mi trucco un po’ ma resto a piedi nudi. Se non fosse per le prime e le ultime due ore della giornata lavorativa, tutto sommato non è cambiato molto. Il resto del tempo è al pc e al telefono, leggo testi e scrivo testi. Ho l’impressione che ci sia più tempo ma non è vero, è un inganno prospettico: l’agenda è piena eppure non vedo nessuno. La sera sono un po’ triste, anche stanca eppure non mi sono mai mossa. Dall’inizio della tanto attesa Fase 2 le cose certamente sono cambiate, sono tornata qualche volta a Venezia, ho riaperto le danze per le residenze degli artisti di A Collection sono andata in Museo a Bassano per seguire le ultime due mostre curate da me che attendono solo di essere inaugurate. O aperte al pubblico senza inaugurazioni, meglio. Ho ricominciato a prendere il treno e a vedere gente. L’essere umano ha spesso due convinzioni: la prima è che se sta a casa gli sembra di essere in ferie, la seconda è che da una situazione difficile si deve tornare “come prima”. Io non voglio tornare come prima.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Chissà se ha radici biologiche, naturali o solo culturali, il mio bisogno di riempire il trolley almeno due/tre volte al mese e di mettermi in un aereo. Non lo so. Fatto sta che se mi si chiede di rispondere alla domanda “che cosa ti manca?” penso solo ad una cosa: mi manca viaggiare. Sento così pesante il pensiero dell’immobilità che quasi mi toglie l’ossigeno. Ho approfittato di questi 70 giorni per dormire un po’ di più ma l’impossibilità di comprare un volo on line mi ha davvero seccata. Ho necessità di andare altrove e vedere cose che non conosco, incontrare persone che so che mi saranno di nutrimento culturale, di andare a far fare shopping agli occhi visitando mostre fatte da altri in altre città, in altre nazioni. L’unica notizia che voglio sentire al tg non ha a che vedere con niente altro che non sia la riapertura totale degli aeroporti e con la possibilità di prenotare un hotel all’ultimo momento. La nostra vita, per chi si occupa di arte, è fatta per il 70% di studio su cosa accade nel mondo, su come l’arte stia viaggiando in altri paesi, su come il pensiero visivo si sviluppi lontano dalle nostre abitudini, dalle nostre certezze e dalla nostra comfort zone. L’assenza del contatto diretto di uno studio visit, l’assenza dell’odore dell’arte nella galleria, l’assenza del movimento intorno ad una scultura, l’assenza delle parole sussurrate dentro alle grandi sale dei musei. Ecco cosa abbiamo sofferto tutti. L’arte si fa insieme, l’arte è dialogo, ponte, vicinanza, scambio, incontro ravvicinato e intimo. Ora abbiamo dovuto accontentarci dello storytelling, di una iper comunicazione web e di una produzione artistica messa in “pause”. L’arte non ha ancora risposto a questa emergenza sanitaria globale con una rivoluzione ma sento che sta per arrivare.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
La domanda è tendenziosa. Farla finire con il verbo “ripartirà” include implicitamente che qualcosa si è fermato e che quando tutto sarà finito si “partirà” di nuovo come prima. Io, come ho detto, non voglio tornare come prima (se non per i voli). Che cosa si è fermato lo abbiamo visto tutti. Ho avuto occasione di sollecitare a gran voce i collezionisti a non fermarsi ad acquistare un’opera che gli sarebbe stata spedita subito. Per nutrire la mente, per aiutare galleria e artista in questo durissimo momento. Chi di noi ha osservato criticamente la reazione artistica e in generale culturale di questo periodo, si è accorto che il grande lavoro che è stato fatto si è concretizzato e manifestato attraverso tutta una serie di alternative virtuali. Ma per fortuna che ci sono state comunque, ne sono convinta. Dal 1928 con le intuizioni di Paul Valery in “La conquista dell’ubiquità”, si riconosce il pregio della fruizione dell’arte a distanza, l’importanza della diffusione delle immagini e la grande opportunità che ci è data dalle nuove tecnologie. Però c’è da dire che anche se l’immagine può essere fruita su uno schermo, tutto il resto “manca”. Io mi auguro davvero che quanto è successo e che in parte sta ancora accadendo, sia occasione di imparare una lezione. Sia pretesto per costruire nuovi testi, sia monito e persuasione verso quelle nuove modalità di creazione e divulgazione che solo i visionari veri oggi riescono a intuire. Mi auguro che ogni catastrofe non induca l’essere umano al ritorno ma lo accompagni verso un adeguamento iniziale e una trasformazione radicale
finale. Se c’è qualcosa di buono in quello che è successo negli ultimi 70 giorni è che abbiamo avuto occasione di osservare un fenomeno nuovo da cui trarre una lezione. Venezia dovrà confermarsi come la città più bella del mondo ma dovrà diventare nobile come lo è sempre stata solo di notte. Dovrà reinventarsi nella sua mise più chic e, al contempo, dovrà sapere essere una città con dei residenti appagati nelle loro necessità. Questo è il momento di ripensare e di riformulare parametri e strategie per un nuovo Rinascimento. Non è il momento di ripartire.

Chiara Casarin è storico dell’arte contemporanea e curatore. È membro del Comitato Scientifico delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, della Biblioteca Internazionale La Vigna di Vicenza e componente della Commissione per il Museo Bailo di Treviso. Laureata in Storia dell’Arte a Bologna e Dottore di Ricerca, ha pubblicato il saggio “L’autenticità nell’Arte Contemporanea”, ZeL Edizioni, Treviso, 2015. Il suo percorso professionale coniuga la valorizzazione delle collezioni dei musei con l’arte contemporanea e l’applicazione delle tecnologie digitali per la conservazione e la divulgazione del patrimonio. È stata dal 2016 al 2020 Direttore dei Musei Civici di Bassano. Dal 1997, è curatore e consulente per collezionisti privati e musei. Sta curando A Collection www.a-collection.org oltre a due mostre presso il Museo di Bassano del Grappa: Senza Nuvole di Alberto Scodro e Silvano Tessarollo (curata insieme ad Elena Forin) e Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo (curata con Pierluigi Panza). www.museibassano.it

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