VENEZIA | Galleria Alberta Pane | Fino al 11 novembre 2023
di FRANCESCO FABRIS
La Galleria Alberta Pane ospita, nella sua sede veneziana, Unforeseen spaces prima personale italiana della francese Marie Lelouche (Saint Junien, 1984).
Gli spazi di cui parla l’esposizione sono in effetti “imprevisti”, ambienti reali e virtuali, interni ed esterni, concreti ed impalpabili, ove le forme sono ridotte a materia o elevate a concetti volutamente evanescenti, narrati attraverso tecniche multisensoriali e sconfinanti in diverse discipline, ove lo spettatore è sintesi anche sensoriale dello sviluppo concettuale.
Le ricercate speculazioni della Lelouche ricreano anche fisicamente la dicotomia anzidetta, dedicando i due macro-ambienti della galleria ad altrettante serie nodali nel suo lavoro e generate in occasione di distinte residenze d’artista, in Italia e Francia.
La prima di queste, Failed to Syncronize, risale al 2019 ed ha avuto come teatro di elezione un lanificio industriale abbandonato, collocato nella zona predolomitica di Schio (VI), precisamente nel corpo di edifici vuoti ma fortemente emblematici denominato Fabbrica Alta.
Il fallimento che dà il titolo alla serie riguarda il tentativo “inderogabilmente umano” di preservare forme e simulacri mantenendo il rapporto con gusci divenuti vuoti (luoghi, oggetti o situazioni che siano) per scorgervi il passato rassicurante, atteso viatico per la dimensione futura.
La traccia dell’insuccesso è il solco che, su un parallelepipedo di eulithe, tracciano dita invisibili di scalatori moderni, impegnati nell’immane e fallimentare sfida di aprire nuove strade nel duro blocco che è la storia, cercando di realizzarvi sopra segni e percorsi che possano “sincronizzare” la mente e il corpo con l’idea di passato.
La delusione che accompagna il tentativo di fotografare l’attimo, di creare un sacello comodo nelle anse del passato si fa materica nelle immagini rubate ai luoghi abbandonati. Lì, le tracce del tempo non più catturabile hanno impresso la moquette degli uffici, il sole ha tracciato geometrie indelebili attorno ad oggetti persi e rimossi, condannando ad un visibile oblio i simulacri, anche produttivi, di una vita.
La narrazione degli spazi interni, vuoti ed ormai consegnati alla sadica memoria, si riflette all’esterno.
La canzone che l’artista ha fatto realizzare per lo spettatore è, invero, un’eco mutuato dalle vicine montagne, un ennesimo simbolo di quel vuoto cui è destinata la memoria e che si fa percezione, sensoriale e condivisa.
Attraverso i lavori della complessa serie Out of Spaces (Les Tanneries, Centre d’Art Contemporain, Amilly 2021) l’artista introduce una raffinata indagine attorno alla necessità di perdere l’orientamento, dando corpo alla necessità di smarrirsi per rimodulare l’ambiente e le relazioni, rinnovando gli effetti di un incontro alla luce di una originale sensibilità.
Per farlo, ricorre all’assonanza tra i termini espaces (spazi interni ed sterni) ed espece (specie) analizzando gli uccelli e la loro capacità di vivere ed occupare l’ambiente, indicando all’uomo una nuova strada verso la conoscenza, di sé e di ciò che lo circonda.
Affascinata dalla specie aviaria che durante la residenza ha studiato con l’aiuto di ornitologi, inanellatori ed antropozoologi, Maria Lelouche ha attivato una serie di opere multisensoriali che, attraverso immagini, sculture, suoni e testi, combinano il mondo immateriale e quello tangibile, il reale con il materiale, il fisico con i’ideale, inducendo una speculazione sensibile, poetica e riflessiva che potrebbe educare l’uomo ad assumere una diversa e qualificata posizione all’interno del suo ambiente.
Innovative le giganti stampe su seta artificiale, che in guisa di sipari colorati e traslucidi lasciano che lo sguardo si renda fluido seguendone pieghe ed anfratti. Lo smarrimento visivo è in realtà cortocircuito di senso, dal momento che le stampe fotografiche inchiostrate ed ingigantite altro non sono che riproduzioni di piumaggi d’uccello. La loro macro riproduzione, la stampa su materiale volatile e cangiante, delicato ed impalpabile, racconta di un nuovo modo di occupare lo spazio da parte dell’idea di uccello, ove un panneggio si fa riproduzione di senso e di estetica, e così di nuovi destini.
Lo stesso fine è raggiunto riproponendo vuote architetture ligneee che, mutuate dalle voliere presenti nella residenza, inducono alla riflessione tra vuoto e pieno, tra spazio e confini, forse anche tra libertà e prigione percepita, e spesso artificialmente costituita dalle organizzazioni sociali, spaziali ed estetiche.
Anche in questo caso, il ricorso ad un dispositivo per la realtà virtuale introduce lo spettatore all’ambiente in cui si è mosso fisicamente per coglierne la natura speculare ed abissale. Nelle immagini, si ritrovano invero i drappi digitali, mossi dall’intervento del fruitore e dai canti degli uccelli, che si stagliano sul cielo cangiante in “collegamento” visivo diretto con il tempo atmosferico del luogo della residenza.
Una storia complessa, dunque, allo stesso tempo distopica e presente, fisica ed utopica, in cui la percezione manifesta i suoi limiti, la regola spaziale la sua fallacità, ed in cui nuove dinamiche di senso e relazione giungono ad abbattere barriere di specie, addirittura da umana ad animale.
In sintesi, il lavoro di Lelouche appare vividamente proteso verso le mutazioni in atto nei processi di generazione di suoni ed immagini, di spazi materiali e vuoti tridimensionali, lasciando irrisolto l’interrogativo sulle relazioni tra contenuto e contenitore, tra opere e supporti, tra spazi e sensazioni, in un nuovo accendersi di sfide di ricerca e significato.
Marie Lelouche. UNFORESEEN SPACES
16 settembre 2023 – 11 novembre 2023
Galleria Alberta Pane
Calle dei Guardiani 2403/h, Dorsoduro – Venezia
Info: info@albertapane.com
albertapane.com