SAVONA | Sedi varie | 25 novembre 2022 – 7 gennaio 2023
di MATTEO GALBIATI
Negli ultimi anni l’idea di arte diffusa, intesa come interventi artistico-estetico-esperienziali condivisi tra più voci e predisposti per essere vissuti dalla collettività che li incontrano in luoghi non necessariamente deputati per il naturale collocamento dell’arte contemporanea, vede una sua sempre più frequente estensione e allargamento. Numerosi sono, infatti, le mostre, i festival e gli happening che si sono virtuosamente moltiplicati sul territorio della nostra penisola con questo orientamento e, pur con differenti mire, scopi e contenuti, stanno riuscendo a infrangere la ritrosia e il pregiudizio che, spesso e ancora, attanaglia il grande pubblico di non addetti ai lavori. E qui dobbiamo fare necessariamente una riflessione sostanziale: pensando al dovere e all’impegno sociale che all’arte è sempre stato – innegabilmente – attribuito nei secoli della storia umana, pensiamo che non solo sia legittimo, ma addirittura una missione virtuosamente obbligata, quella di riportare a più stretto contatto l’arte con la “totalità” del suo pubblico possibile che, è cosa abbastanza ovvia, non può e non deve essere solo di quegli “addetti” che si chiudono in recinti ristretti e, parlandosi addosso, vincolano i giudizi e le riflessioni ad una élite vittima dell’ipocrisia stessa delle sue conoscenze. Qualcuno dice essere troppe queste manifestazioni, forse è vero, ma secondo noi non sono, in realtà, mai abbastanza quando ad essere favorita è la conoscenza, l’integrazione, la socializzazione, il sentimento di comunità, l’espressione valoriale di contenuti che, nella nostra quotidianità, trascuriamo e che, grazie a queste iniziative, tornano e rivivere nel/sul territorio.
Pensare, quindi, che l’arte possa avere ancora un ruolo attivo e dinamico oltre gli ambienti di/per “pochi” è un proponimento nobile che, da un punto di vista curatoriale, vuole essere anche una scommessa, una vocazione, un atto di fiducia verso i “non addetti” che, se coinvolti, sanno trovare ragione e stimolo nell’arte del presente. Atto di fiducia e volontà determinata sono gli spunti che hanno guidato Livia Savorelli in un anno di lavoro per portare a Savona CONNEXXION, prima di un Festival che ci si augura – alla luce di quanto visto e vissuto – diventi appuntamento atteso e sappia evolvere conseguendo un programma e un palinsesto ancor più ricco ed esteso di quello già nutrito di questa edizione. Savorelli è andata oltre il semplice lavoro di curatrice, ha messo il suo lavoro al servizio della città confezionando un “evento” policentrico, multidisciplinare, aperto e vivo, capace di far scaturire e catalizzare emozioni diverse, ma tutte caratterizzate dalla sicura verità del loro stimolo, ricordando agli occhi dello spettatore che l’arte può (deve) essere pratica attiva e non solo fabbrica di feticci da ammirare da lontano.
L’arte promossa con CONNEXXION è viva, sta tra la gente, favorisce scambi e incontri, pone – in un’ottica di necessità – in contatto le persone mettendone a nudo l’animo. La riuscita di questo impegnativo progetto curatoriale si riflette non solo nella visione critica di Savorelli, nel suo pensiero fedele al dovere che spetta all’arte e agli operatori di cultura, agli artisti come ai critici, ai giornalisti come agli amministratori, ma anche nella consapevolezza che, per vincere questa scommessa sul territorio, dovesse affidarsi ad una “squadra” consolidata. Le scelte sono, quindi, ricadute su dodici artisti che conosce da tempo, la cui esperienza ha studiato nel profondo, di cui ha avuto negli anni una costante verifica e confronto. Questo non deve essere letto – come insensatamente pensano le malelingue – come un favoritismo dei “soliti noti”, al contrario è garantire, grazie alle loro pratiche, una corrispondenza precipua con i principi (soprattutto sociali, insistiamo su questo!) che CONNEXXION vuole e deve comunicare e che in questi autori è sempre stata linfa viva per le loro opere.
Il programma che ha orchestrato – termine che volutamente preleviamo dall’ambito musicale pensando al ruolo della curatrice come a quello di un direttore d’orchestra che si affida ai musicisti migliori per dirigerli insieme in un ensemble che traduca poi, le peculiarità dei singoli, nelle emozioni del lavoro complessivo – si snoda tra arti visive e performative disseminate in luoghi chiave e simbolici, inusuali e imprevedibili, oltre che già epicentro di promozione culturale e artistica, tra pubblico e privato, per segnare una mappa di appuntamenti che sono quelle occasioni di arricchimento della propria esperienza e di connessione con la suggestione “provocata” dagli artisti.
Dopo la presentazione nell’augusta Sala Rossa del Comune di Savona, nell’atrio dello stesso municipio è stata l’intensissima performance Ti amo troppo di Francesca Romana Pinzari ad aprire il Festival che, in occasione della concomitante Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (scelta voluta per mettere al centro l’attualità e non per essere un pretesto di retorica di convenienza come alcuni commentatori faziosi hanno chiosato), ha ritualizzato l’oscena barbarie di frasi pronunciate per un amore che, oltre l’eccesso, è patologicamente diventato viziato, malato, distorto e malforme. Frasi che uccidono, che denotano una cattiveria la cui violenza, intrinseca e subdola, imbriglia nella paura e nella suggestione, colpevolizza le vittime e le esautora della loro personalità. Frasi reali, raccolte e documentate dall’artista che, dopo aver sussurrato ai presenti parole che promettono amore, ha donato loro una scatola in cui emblematicamente un filo di ferro avvolge le stesse frasi truci pronunciate da uomini violenti alle loro donne.
È la Cappella Sistina del capoluogo ligure la quinta decisamente adatta ad accogliere l’opera installativa Niente sarà più come prima: esito di un laboratorio intitolato Far Filò un paesaggio contemporaneo e realizzato il mese scorso, Giovanni Gaggia che ha voluto raccogliere – seguendo le tracce di un’abitudine passata delle donne del Nord che, ritrovandosi per ricamare, facevano conversazione e raccontavano se stesse e il loro mondo – nuove testimonianze, nuove confidenze e sfoghi nell’incontro con donne ucraine ospitate in città e sfuggite agli orrori della guerra in atto nel loro paese. Un tavolo attorno al quale sguardi e parole si sono concesse in un’esperienza che tocca nel profondo, ma che sa riconciliare, nella dimensione del soccorso e dell’aiuto, persone di provenienze diverse vicine nella denuncia di un’aggressione e partecipi nel dovere di accogliere e sostenere, aiutare e incoraggiare. L’esito è una serie di coperte che nella Cappella si accostano all’audio de Il Tempo se ne va che Gaggia ha creato per il MUSMA (Museo Della Scultura Contemporanea) di Matera attraverso la recita del Rosario negli ipogei del capoluogo lucano qui con l’inserimento emblematico di Diamanda Galàs che canta Tu sei la sola al mondo che sa tratta dalla pasoliniana Supplica a Mia Madre. Una preghiera laica, un atto di sacrificio corale che stabilisce ponti tra ambiti e contesti diversi e oltrepassa i confini dei luoghi, anche quello della chiesa stessa lasciandosi percepire e sentire fin dall’esterno.
La prima giornata si è chiusa poi alla Cappella dell’ex Ospedale San Paolo con la silenziosa camminata di Mona Lisa Tina su una “strada” lastricata di vetri rotti. Un passo sull’incertezza, un rischio costante di ferita, che più che essere per il corpo rischia di essere per l’animo e per il sentimento umano. Con Tra Te e me, l’artista compie questo rito di passaggio dopo aver incontrato ciascun presente e dopo aver sussurrato a ciascuno una frase all’orecchio tenendolo per mano. Un gesto intimo, ripetuto diverso per ciascuno diventa un momento di avvicinamento, una soglia sul mistero della propria intimità che si apre ad una corale partecipazione dove il fine è la sottrazione delle reciproche diversità per ritrovare il senso di una umanità vicina e onnicomprensiva. Toccante la presenza di una rielaborazione di disegni che l’artista, nella sua attività di arte terapeuta (in città sono stati realizzati anche una serie di workshop per definire il senso della terapia compartecipata attraverso l’arte) ha raccolto in 15 anni di lavoro in contesti e luoghi diversi dove il disagio di adulti e bambini si trasforma in una nuova sorgente vitale.
Ritroviamo Francesca Romana Pinzari anche al Museo Archeologico della Fortezza del Priamàr, qui, avvantaggiandosi di un luogo di forte suggestione con Cosa eravamo come saremo dispone emblematicamente ossa parzialmente cristallizzate (pratica che ne contraddistingue il lavoro artistico) e le colloca nelle aree tombali generando un cortocircuito semantico di forte significazione. Accanto a queste Mad A***T You avvolge di spine delle potenziali “armi”, oggetti comuni che hanno in sé, se distorte nell’uso per cui sono state concepite, un potenziale di violenza inespressa.
Non meno intensa è stata l’azione struggente e commovente voluta da Camilla Marinoni che, nel contesto del Museo Archeologico, ha portato L’immortalità non consola della morte: disseminando oggetti ceramici, quali parti di corpo da riassemblare, ha pronunciato i nomi delle donne vittime, dall’inizio dell’anno e fino a quel momento, di femminicidio. Un Golgota costellato di nomi che sono storie diverse, ma drammaticamente finite con lo stesso ineluttabile destino di violenza. Un modo per non dimenticare che mette al centro il tema della memoria, del ricordo che Marinoni culla e fa diventare elemento di conservazione del passato. È un soggetto essenziale per la sua pratica artistica che cerca di legare, con oggetti “fragili”, il fluire esistenziale della dimensione umana, sempre pronta ai cambiamenti e dove l’ineluttabilità della morte genera separazioni dolorose, interruzioni permanenti che, però, si riconciliano con l’accettazione nel tempo del ricordo che l’artista sa raccontare con la sua intensa poesia.
Alice Padovani si è presentata con il corpo inerme ricoperto di spine per la sua azione intitolata Deimatico: l’autobiografia vive mettendo al centro dello sguardo dell’altro proprio tutta se stessa. Cambiare pelle, mutare la corazza esterna sembra invitare ad abbandonare tanto le proprie debolezze e i propri dolori, quanto rinnovarsi pur lasciando tracce di cicatrici invisibili che, latenti, segnano e marcano le esistenze. Questa idea di vulnerabilità ostentata arriva a sensibilizzare chi osserva, spingendolo a comprendere i limiti delle proprie autodifese sensibili. Padovani sconcerta, commuove, appassiona e accalora il nostro sentimento che dal passivo osservare trae gli elementi utili per condividere e sentire qualcosa che è dentro l’esperienza di ciascuno. Potente e giusto l’accompagnamento sonoro composto dalla band Le Piccole Morti.
Il trio di artiste Camilla Marinoni, Francesca Romana Pinzari e Alice Padovani è presente anche in Archeologie del contemporaneo. Sospensioni, una mostra congiunta presso Gulliarte, galleria nel centro storico di Savona che mette in dialogo le loro opere e definisce ulteriormente i contorni del loro affine-diverso operare.
La mappa dentro le parole è l’intervento laboratoriale che Ilaria Margutti ha proposto con il contributo degli studenti dell’Istituto Mazzini da Vinci di Savona riflettendo sul concetto di mappa di una città che, secondo una diversa prospettiva messa in luce dall’artista, non è più solo quella di vie e strade, ma quella degli itinerari del proprio vissuto individuale: l’azione performativa tra i ragazzi e Margutti ha portato a riconcepire e riguardare la città con occhi diversi attraverso i racconti e le parole dei testi con cui gli studenti hanno emotivamente reso esperienza della loro personale città. Parole che sono diventate, nella performance Come un filo che pende nel pensiero, le tracce per un’enorme tela ricamata che, presso la Torre del Brandale – Campanassa, prefigura traiettorie diverse, nuove mappe, inediti attraversamenti e itinerari con cui l’abitudine di ciascuno consegna alla comunità degli altri un vissuto sempre unico e valido. Una mappa che, nelle intenzioni dell’artista, per queste ragioni di sensibilità immaginativa, somma terreno e celeste.
Al Ristorante Bino, presso il Museo della Ceramica, la personale Monolocali porta a far dialogare l’esperienza di Vanni Cuoghi con lo chef stellato Michelin Giuse Ricchebuono (il 29 dicembre si terrà una performance che unisce lo chef e l’artista): Cuoghi ci offre ambientazioni domestiche, ricostruzioni di ambienti nati per caso, per gioco, per una libera “offerta” creativa del momento. L’elemento ludico e casuale, però, incontra la vibrazione del ricordo e trasforma questi micro-mondi in spazi d’immaginazione in qualcosa di plausibilmente reale. Lentamente, sotto il nostro sguardo, ciascun ambiente si guadagna il peso di senso dettato dalla memoria.
Vanni Cuoghi è poi presente con l’artista L’orMa anche presso la Galleria Vico Spinola in un progetto espositivo in cui la visione si trasfigura in fantasia: inganno e artificio sono i presupposti per promuovere quello “spiazzamento sensoriale” che Savorelli ha cercato nel dialogo tra le loro due ricerche. La meticolosità virtuosa del loro fare diventa proprio l’artificio con cui tutto è come (non) appare, perché solo la cura estrema della materia (cromatica e scultorea) permette loro di offrire presenze che raccontano una diversa visione della realtà conosciuta. L’inganno del loro proporsi è la chiave di accesso al mondo altro in cui ci accompagnano.
L’Atelier a picagetta – luogo creativo dove Silvia Gianetti e Ilaria Ottonello lavorano in linea di rispetto di una tradizione del territorio rivista però secondo canoni di attualità contemporanea – è il luogo ideale in cui ha potuto intervenire Loredana Galante che, oltre alla collezione di borse limited edition, ha realizzato la performance Il dettato Rivoluzionario. Da anni conosciamo il lavoro di Galante in cui il dovere della cura, la responsabilità sociale, la riaffermazione del valore della gentilezza sono base di un progetto più ampio che ben conosciamo come La rivoluzione gentile. Lo stimolo è quello di ritrovare un tempo esclusivo (e inclusivo) in cui tornare ad accogliere e comprendere l’altro come presenza di una collettività che non finisce con noi e basta.
Galante è stata poi protagonista anche di In buone mani atto III: sentirsi a proprio agio presso il caldo spazio, quasi domestico, di Temide, dove l’incursione dell’artista e il processo di umanizzazione agito con il suo intervento favoriscono la connessione di una comunità di storie umane che si rispettano, si incrociano, parlano tra loro come il progetto CONNEXXION vuole stimolare a fare.
Senso di una comunità separata e riunita – progetto nato durante il confinamento pandemico – è quello di UNRITRATTOPERUNIRCI (con performance, nel suo giorno inaugurale, del musicista e compositore Ocrasunset): l’artista Vincenzo Marsiglia ha proposto una videoproiezione digitale, installativa e di proporzioni ambientali, che ha proiettato sulla facciata del municipio savonese. Nel cuore pulsante della città ritratti di persone e personalità differenti si accostano, fluiscono in una sequenza che porta l’identità dei singoli a manifestarsi in un continuo equilibrio tra apparizione e sparizione, tra presenza e lontananza, tra realtà e virtualità. Ben 1000 selfie di persone del mondo dell’arte, della cultura, della musica e dell’ambito sanitario scorrono per ricordare, nel ritorno alla normalità, il senso di unità, dando un messaggio di fiducia in una socialità che deve sia reinventarsi sia rigenerarsi dal suo rinascere.
HOPE e FEAR, speranza e paura, sono le due parole che hanno ispirato Eleonora Chiesa per l’intenso momento laboratoriale Emerging Filling che, presso il Museo della Ceramica di Savona con la supervisione di Alessio Cotena e Marco Isaia, ha avuto per protagonisti i bambini di alcune classi quinte della Scuola Primaria Mazzini dell’Istituto Comprensivo Savona “Don Andrea Gallo”. Disegni, lavori, interventi, idee e pensieri raccolti dall’artista si sono tradotti in una bandiera (realizzata con la Sartoria Sociale Antico Giardino di Albissola Marina), oggetto di profondo valore simbolico nel raggruppare individui diversi sotto una unica immagine che li rappresenta. Chiesa ha iconicamente consegnato, con una peculiare processione performativa dal titolo Cruz del Sur, alla responsabilità e alla cura delle autorità cittadine questo vessillo cui è affidata la missione importante di essere simbolo di una comunità.
Infine abbiamo Andrea Bianconi, a lui spetta il compito di chiudere idealmente la prima edizione del Festival, con Sit down to have an idea, progetto performativo su cui l’artista lavora da due anni: nato durante il primo lockdown, in questo lavoro Bianconi porta una poltrona in luoghi inconsueti, trasformandoli in “salotti di idee”, ambienti di rigenerazione “orizzontale” di pensiero in termini di un’incisività senza gerarchie. La “poltrona” per Savona, arriva via mare nel porto su un peschereccio, con una processione collettiva e performativa l’artista collocherà la seduta alla Fortezza del Priamar e, donandola alla città, invita tutti a mantenere attivo lo stimolo di pensare, condividere idee e rapporti che sono capaci di promuovere un miglioramento per tutti noi che siamo quella stessa collettività che spesso guardiamo da lontano inconsapevoli, in realtà, di starci dentro.
La sfida proposta dalla curatrice Livia Savorelli – che in questo caso valutiamo professionalmente, lontani da ogni giudizio di affetto amicale o stima professionale – ci pare una promessa ampiamente mantenuta e con solida convinzione crediamo che manifestazioni come CONNEXXION siano un modello e uno spunto cui ispirarsi, cui attingere per condividerle altrove sicuri che, in ogni dove, la necessità della responsabilità di un’arte, viva, autentica, sentita, sia capace di smuovere coscienze e indirizzare nuove consapevolezze. Non è solo un bene la presenza dell’arte, ma è anche un conforto e una messa in discussione profonda di noi come uomini davanti alle urgenze e le necessità del nostro tempo. Se l’idea di Savorelli e degli artisti che hanno speso le loro forze e le loro energie sono un esempio attivo e solidale, allora meritano una considerazione più attenta e responsabile per aiutare il pubblico ad avvicinarsi alla cultura del suo tempo, stimolo per cui si può (forse) meglio capire pensando all’arte come ad un rifugio, a una zona di cura e conforto. Certo non per allontanarlo, soprattutto in un’epoca in cui le “armi di distrazione di massa” sono già attive e ampiamente diffuse.
Una comunità culturale deve unirsi e connettersi in prima istanza in se stessa per essere più forte e salda nell’affermare i propri principi nell’ottica di un dovere di responsabilità sociale, altrimenti il rischio è il fraintendimento. Bastano due vocali a fare la differenza. Se si chiude in una supposta intellighenzia un operato che spaventa per la verità dei suoi numerosi spunti definiti con chiarezza dagli artisti – sempre avendo presente che nulla è perfetto e tutto si può migliorare, che tutto è criticabile in funzione di una ragionevolezza dettata dall’attenzione dell’analisi e non da una superficiale repulsione aprioristica – tutto viene frainteso e, limitando mestamente al solito “circolo”, si riduce quanto fatto alla banalità del già visto. Se, invece, si analizza con sguardo veramente partecipe si condividono (ma anche sensatamente si criticano) pareri e confronti, idee e presupposti, con assennata e motivata intelligenza, tutti noi riusciamo allora a dare un contributo prezioso ad un’iniziativa di valore come CONNEXXION che ci aspettiamo di ritrovare ancor più forte il prossimo anno. Confidiamo ritrovare una nuova edizione ancor più ricca di spunti che aiuti soprattutto noi ad avere nuovi occhi con cui valutare il nostro contributo per la comunità di cui facciamo parte.
CONNEXXION. Festival Diffuso di Arte Contemporanea. Riconnettersi a partire dalla città
a cura di Livia Savorelli
nell’ambito di Arteam Cup 2022
con il contributo e il patrocinio di Comune di Savona
con il contributo della Fondazione De Mari
con il contributo della Regione Liguria
con il supporto di Costa Crociere
catalogo Vanillaedizioni
media partners Espoarte, Segno
Artisti: Andrea Bianconi, Eleonora Chiesa, Vanni Cuoghi, Giovanni Gaggia, Loredana Galante, L’orMa, Ilaria Margutti, Camilla Marinoni, Vincenzo Marsiglia, Alice Padovani, Francesca Romana Pinzari, Mona Lisa Tina
25 novembre 2022 – 7 gennaio 2023
Comune di Savona, Museo Archeologico, Museo della Ceramica, Cappella Sistina, Torre del Brandale, Seminario Vescovile, Cappella ex Ospedale San Paolo, GULLIarte, Temide Design Art Store, Galleria d’arte Vico Spinola, Atelier a picagetta, Ristorante Bino
Savona
Info: Programma (fino alla fine di dicembre) su www.connexxion.it
Arteam Associazione Culturale
Via Traversa dei Ceramisti 8/bis, Albissola Marina (SV)
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