SAN GIMIGNANO (SI) | ieedificio57 | fino al 20 febbraio 2025
Intervista a MICHELANGELO CONSANI di Livia Savorelli
Un progetto fortemente sentito e voluto per creare uno spazio di dialogo tra il “padrone di casa” Michelangelo Consani e tutta una serie di artisti a lui legati da “motivi sentimentali e affettivi” per tornare a “costruire”, pur nel rispetto della singola individualità e ricerca, in un luogo di confronto, dialogo e condivisione. Nasce da queste motivazioni, a San Gimignano, ieedificio57: spazio no-profit di ricerca per le arti visive, aperto nel mese di settembre.
Nel mio dialogo con Michelangelo Consani, il racconto delle motivazioni che lo hanno spinto a dar vita a questo progetto e di come ha concepito ogni singolo spazio di un luogo che trasuda di storia e di memoria…
In un luogo antico e carico di storie vissute – un’antica casa di famiglia nel centro storico di San Gimignano – hai dato vita a ieedificio57. Un luogo di trasformazione e di rinascita rappresentante la luce dopo un periodo buio e la volontà di aprirsi al dialogo e all’ascolto dell’altro riscoprendo quelle “affinità elettive” che costituiscono dei fondamentali leganti con chi ci circonda.
A partire dal termine giapponese “ie”, cosa rappresenta per te questo luogo e come hai concepito il suo sviluppo, a partire da quella energia che si respira in questo spazio intimo e fortemente connotato? Come hai concepito a fini espositivi la disposizione degli spazi?
In giapponese il termine ie ha diverse sfaccettature; spesso è associato al concetto di famiglia tradizionale, ma anche a quello di “casa”, intesa come edificio. ieedificio57 coniuga questi due significati: è di fatto un edificio ma è anche una sorta di famiglia allargata. Nasce come piattaforma culturale no-profit, un contenitore dinamico, dove poter sperimentare in modo libero progetti artistici di diverse tipologie. L’ho pensato come uno spazio a servizio dell’arte, dove la mia ricerca potesse mettersi in relazione con la ricerca di altri artisti che, per “motivi sentimentali e affettivi”, sento vicini. Uno spazio, insomma, che si prestasse all’incontro con l’artista ospite per comprendere meglio la sensibilità dell’altro e creare un dialogo.
Durante la pandemia, dove le relazioni personali si sono sviluppate primariamente attraverso la rete, ho deciso di lavorare per aprire uno spazio conviviale, vivo, vero e sincero. Mi sono praticamente trasferito a San Gimignano per diversi mesi (lì abbiamo una casa dove era nata la madre di mia moglie, quella che adesso è ieedifcio57). La ristrutturazione è iniziata quasi tre anni fa. Si doveva aprire a settembre 2022, ma purtroppo ho avuto un grave incidente e l’inaugurazione è slittata a settembre di quest’anno. La trasformazione da unità abitativa a spazio espositivo di un edificio storico nel centro di San Gimignano non è per niente facile, ma credo di esserci riuscito, anche grazie all’aiuto di Leonardo Panci, un caro amico e un ottimo professionista. Ho progettato quattro “mondi diversi” disposti su quattro livelli.
Partendo dall’alto verso il basso, la prima area che troviamo è un appartamento, con una terrazza molto grande (di circa 30 mq) che si affaccia sulle torri di San Gimignano. L’appartamento è arredato in modo minimale, con elementi di design che hanno vinto negli anni il Compasso d’Oro, per rimarcare il forte legame che ho con il design che, per diversi motivi, fa parte della mia storia famigliare. Questa zona rappresenta il cuore di ieedificio57, è infatti la parte dedicata all’incontro, e non è accessibile a tutti.
Al primo piano troviamo un corridoio che dà accesso a tre sale espositive; queste rispecchiano, in un certo senso, il concetto di galleria d’arte in senso più classico; le pareti sono bianche, le luci sono montate a soffitto su dei binari dove vengono, di volta in volta, installati faretti di tutte le aperture possibili in modo tale da valorizzare al massimo le opere esposte. Scendendo al piano terra, la situazione cambia completamente; qui troviamo un singolare open space con un pavimento fatto di tavole da carpenteria, un soffitto molto movimentato costituito da travicelli e longherine di ferro. Le pareti sono state riportate a pietra e tinte di bianco, come del resto il soffitto. La luce di questa zona è volutamente fredda ottenuta con neon industriali.
Infine scendiamo sotto il livello del suolo, per trovare la zona più particolare e inconsueta la “Zattera”. Questo spazio è ricavato da una cantina medioevale in tufo, nel suo interno ho costruito una pedana di tre metri per tre, predisposta per progetti site specific. In questo caso la luce è calda ottenuta da tre proiettori alogeni.
La progettazione illuminotecnica è stata studiata interamente da me ed è quella che aiuta a connotare i vari ambienti.
Il 14 settembre le porte di ieedificio57 si sono aperte e hanno svelato il primo dialogo a due, quello con Loris Cecchini. Come avete definito questo progetto condiviso e intorno a quali coordinate avete definito Brainstorming? Avete lavorato per assonanze stilistiche, poetiche affini o è stato proprio un diverso approccio, anche alla materia, che ha definito questo scambio sulla base di un comune sentire?
Loris ed io ci conosciamo da molti anni, per cui abbiamo deciso di affrontare la fase progettuale delle due mostre in autonomia, confidando nella stima reciproca e rispettando l’uno il lavoro dell’altro. C’è stato un sentire “comune” che ha fatto si che si sviluppasse una progettualità sulla stessa lunghezza d’onda: entrambi abbiamo ragionato sul rapporto tra opere e architettura dell’edificio realizzando lavori inediti e sperimentali, prerogativa primaria di ieedificio57.
Loris è stato molto generoso ed empatico, durante il sopralluogo ha percepito l’energia ma anche la storia del luogo; il vissuto di quei muri che trasudavano salnitro. Non abbiamo lavorato per assonanze stilistiche o per affinità. Il mio lavoro differisce da quello di Loris. In questo caso, tuttavia, ci siamo trovati di fronte a convergenze inaspettate.
Tra le opere esposte, entrambi, abbiamo presentato delle civette; Loris in forma di scultura, io in forma di disegno. I due progetti si sono compenetrati molto bene, senza cortocircuiti, cosa non scontata per due personali sviluppate in piani diversi di uno stesso edificio.
Il piano terra dell’edificio è molto particolare, valorizzato da una ristrutturazione che ha voluto mantenere l’anima del luogo, ma indubbiamente uno degli spazi più suggestivi è quello che hai chiamato “Zattera”… Cosa rappresenta per te questa sorta di grotta sotto terra e che funzione hai pensato per la stessa?
Ti ho già parlato della Zattera e della modalità con cui ho svolto il recupero. La natura del luogo si presta sicuramente a installazioni e lavori site specific, cuciti sullo spazio e sull’atmosfera che vi si respira. L’ho pensata anche come piattaforma di sperimentazione per giovani artisti, credo che lo scambio con artisti di generazioni diverse dalla mia (più giovani in questo caso, ma anche più grandi) sia sempre costruttivo per entrambi.
Nel piano nobile del palazzo, lo spazio a te riservato si snoda in un percorso per stanze che ha un certo sapore “antologico” ripercorrendo sviluppi importanti della tua ricerca e del tuo sguardo sul mondo: le teorie sul rapporto tra produzione e decrescita del teologo austriaco Ivan Illich, la fascinazione cinematografica (con il riferimento al film di Marco Ferreri, Il seme dell’uomo), il riferimento al mondo animale (con i disegni dei primati ma anche con il video dedicato alla cicala), l’omaggio all’agronomo giapponese Masanobu Fukuoka e, guardandosi intorno, anche alcuni riferimenti a tuoi precedenti progetti (penso alle patate collocate su una libreria…). Come hai voluto “abitare lo spazio” e quanto dell’intero percorso artistico di Michelangelo Consani c’è in Brainstorming?
La mia ricerca artistica è partita nel 1999, fondando da subito le sue radici intorno alle teorie di alcune personalità marginali, ancora oggi scomode per il potere politico dominante. Mi riferisco per esempio al teologo austriaco Ivan Illich, all’agronomo giapponese Masanobu Fukuoka, allo scienziato italiano Pier Luigi Ighina e a tanti altri ancora. Dalle loro individualità ho compreso concetti importanti, quali la necessità di un nuovo modello scolastico, la decrescita produttiva, il ripensare il rapporto tra uomo ambiente e natura e soprattutto la sobrietà come stile di vita.
Bisogna partire dalla constatazione che l’ingiustizia sociale e il degrado ambientale passano inevitabilmente attraverso i nostri consumi. Per questo, in molti dei miei progetti, presento le stesse opere stravolgendole completamente. Questo modo di operare è in contraddizione con il mercato dell’arte, in definitiva è la mia resistenza artistica alla produzione economica. Anche all’interno di questo percorso espositivo, insieme a lavori inediti, si trovano opere presentate in altre circostanze, ma che qui assumono una nuova identità.
Ne Il seme dell’uomo (1970) di Marco Ferreri – una pellicola minore rispetto ad altre del regista milanese – si racconta di una possibile fine del mondo causata da una pandemia. In una situazione così drammatica, un uomo (Ciro) e una donna (Dora), allestiscono con quello che trovano in giro, un museo dell’umanità nel quale tutti i reperti hanno lo stesso valore: da una forma di parmigiano a un quadro di Rembrandt.
Ormai sono diversi anni che in alcuni progetti ricreo, in modo sempre diverso, questa idea di museo. Anche in questo caso mi sono rapportato con lo spazio cercando di ottenere non una mostra antologica, ma piuttosto un piccolo museo, che funge da contenitore per reperti di animali, vegetali e umani.
Il legame con il mondo del design emerge in maniera intensa in due sale, in cui pezzi iconici diventano, in un gioco dal sapore duchampiano, basi e supporti per le tue sculture. Quali sedute hai voluto far dialogare con le tue teste in cemento e come hai orchestrato questo incontro?
Ho lavorato con passione nel mondo del design per molti anni e solo ultimamente ho deciso di far dialogare le mie opere con i “pezzi” (solo sedute) più rappresentativi del design moderno e contemporaneo. Ho sentito la necessità di mettere in relazione due entità molto diverse l’una dall’altra: da una parte un oggetto/opera di derivazione industriale, dall’altra un’opera frutto di un esclusivo processo manuale. Nella tua domanda fai riferimento alla seconda sala espositiva, dove ho presentato due teste di cemento e due sedie. Le sedie diventano parte integrante delle sculture stesse e perdono la loro funzione originaria. Sono la Masters (2010) disegnata da Philippe Starck & Eugeni Quitllet e il Mezzadro (1957) di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Due progetti completamente diversi, sia a livello concettuale che formale; entrambe ben rappresentano, da un punto di vista sociale ma anche ideologico, il periodo storico nel quale sono state concepite. Il Mezzadro è un progetto geniale che guarda oltre la sua epoca, realizzato riducendo al minimo i costi di produzione; è costruito con la componentistica di trattori esistenti sul mercato e apre nuovi orizzonti del design a venire. La Masters rappresenta un tributo a tre delle sedie più iconiche di sempre: la Serie 7 di Arne Jacobsen, la Tulip Armchair di Eero Saarinen e la Eiffel Chair di Charles Eames. I profili degli schienali di queste tre sedie sono sovrapposti e intrecciati per creare un ibrido con l’intenzione che, anche Masters, diventi un emblema nel campo del design. Un progetto che utilizza materiali tecnologici guardando però alla storia delle sedute.
Su questa sedia è appoggiata una scultura in cemento raffigurante una testa maschile che sembra essere quasi imprigionata dalla sedia stessa. Di fronte, sul Mezzadro, è adagiata una testa femminile dalle fattezze gentili. Le due sculture, come nel film di Ferreri, rappresentano i guardiani di un’umanità alla deriva.
Come immagini il futuro di ieedificio57?
ieedificio57 è un progetto autofinanziato, senza fini di lucro per cui non sarà facile dare continuità espositiva allo spazio, ma ci credo profondamente e sto già lavorando al prossimo progetto che inaugurerà a inizio primavera. L’apertura di ieedificio57 è stata possibile grazie alla collaborazione fattiva della galleria ME Vannucci di Pistoia che ringrazio.
BRAINSTORMING
LORIS CECCHINI | MICHELANGELO CONSANI
14 settembre – 20 febbraio 2025
ieedificio57
via di Berignano 57, San Gimignano (SI)
Orari: visitabile su appuntamento. Contatti: ieedificio57@gmail.com, mevannucci@gmail.com, +39 335 6745185, +39 328 6217610
Info: www.ieedificio57.org