NAPOLI| MADRE | 8 febbraio-12 maggio 2014
Di Micole Imperiali
È la prima volta che un’istituzione pubblica presenta una personale dell’artista irlandese Pádraig Timoney. L’occasione tocca al MADRE di Napoli, città a cui l’artista è profondamente legato, se non altro perché tra il 2004 e il 2011 è stata suo luogo di residenza e produzione. Si tratta quindi di un ritorno simbolico, riscontrabile già nel titolo della mostra a lu tiempo de… – visitabile fino al 12 maggio – si rifà infatti all’incipit di ‘O Cunto ‘E Masaniello, una canzone pubblicata nel 1974 dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare. Ma l’essenza partenopea traspira anche da molte delle più di cinquanta opere esposte, che esprimono – attraverso pittura, scultura, fotografia e installazione – quel senso di degrado e decadenza unito a luce e redenzione, tipici di una Napoli che si adagia nelle sue contraddizioni e che da esse trova l’ineguagliabile energia per continuare a sperare di chi non ha nulla da perdere.
Timoney comprende gli aspetti di una cultura fatta di stratificazioni secolari e compromessi, e la mostra. Succede in MeepMeepPopup (2011), dove immagini appartenenti alla cultura contemporanea scompaiono ingurgitate da un sovrapporsi di elementi che ricordano gli strati di vecchi messaggi pubblicitari che riempiono le vie di Napoli e la sua architettura. O ancora, nella serie di vetri dipinti con specchiature di rame, argento o oro che si affiancano ai grigi di Broken Arrows Mirror (2009) o dell’Untitled del 2010 che tanto ricordano gli ammassi di sacchetti della spazzatura tristemente noti per accompagnare da tempo immemore l’immagine della città.
Conoscere Napoli, il suo chiudersi in vicoli bui e aprirsi improvvisa al mare, permette di vedere, come se fosse davanti ai nostri occhi, quest’artista intento alla scoperta di un luogo che non smette mai di raccontarsi. Con questo asso nella manica, la mostra assume un sapore tutto particolare. Di questo parlano, infatti, opere come Sade’s Versus Lacoste (2007), scorcio di un paesaggio campestre al di qua di un arco fatiscente – finestra sulla realtà – dai grossi blocchi di pietra che ricordano il piperno tanto utilizzato in città, insieme al tufo giallo. O ancora Untitled – Starry Mantle and the Door (2007) con i suoi piccoli pulpiti in gesso da cui si affaccia un accorato sacerdote intento alla predica, opera che quasi si contrappone alla vicina Capass (2010) esposta nella stessa sala, rappresentante il classico interno di una pizzeria napoletana, inconfondibile nelle movenze dei soggetti rappresentati.
Antico e moderno, sacro e profano, desiderio d’affermazione e tacita convivenza: sono tutti elementi che tornano continuamente nelle opere della mostra napoletana e che parlano di un’anima nascosta, partecipe della propria storia e del proprio destino, anche se spinta alla fuga da una staticità invariabile e senza scampo.
Perché, come recita ‘O Cunto ‘E Masaniello:
“…A lu tiempo de li turmiente Masaniello se veste a fujénte. A lu tiempo d’a disperazione Masaniello se veste ‘a lione, nu lione cu ll’ogne e cu ‘e riente, tene ‘a famma e tutt”e pezziente”. [traduzione: al tempo dei tormenti Masaniello si veste da “fujénte” al tempo della disperazione Masaniello si veste da leone, un leone con le unghie e con i denti, ha la fame di tutti i pezzenti]
Pádraig Timoney. A lu tiempo de…
a cura di Alessandro Rabottini
8 febbraio – 12 maggio 2014
MADRE – Museo d’Arte Contemporanea DonnaREgina di Napoli
Via Settembrini 79, Napoli
Info: +39 081 193 13 016
info@madrenapoli.it
www.madrenapoli.it