FERRARA | Palazzina Marfisa d’Este | 16 marzo – 5 maggio 2019
FERRARA | Sinagoga Grande della Scola Italiana | 16 marzo – 16 aprile 2019
Intervista a MARIA LETIZIA PAIATO e CHIARA SERRI di Matteo Galbiati
Si ripete la doppia occasione espositiva per Aqua Aura che, dopo le apprezzate mostre di Alessandria e di Reggio Emilia, è di nuovo protagonista di una importante personale suddivisa nelle due sedi della Palazzina Marfisa d’Este e della Sinagoga Grande della Scola Italiana (che riapre al pubblico con un progetto dedicato all’arte contemporanea) di Ferrara.
Arte, storia, scienza, sapere umano e processi naturali si combinano nell’esperienza visiva dell’artista che, attraverso media differenti, riesce sempre a stupire ed affascinare lo sguardo dell’osservatore toccandone l’attenzione attraverso immagini, forme e installazioni di forte pathos emotivo.
Le curatrici della mostra ferrarese, Chiara Serri e Maria Letizia Paiato, con questa intervista ci introducono, tra opere recenti e lavori inediti, al nuovo capitolo del racconto artistico, estetico e filosofico di Aqua Aura:
Come è nato questo nuovo progetto di Aqua Aura dopo quello dello scorso anno che l’ha visto protagonista delle due grandi mostre di Alessandria e di Reggio Emilia?
Chiara Serri: Come era stato per le mostre di Alessandria e Reggio Emilia, anche il progetto di Ferrara si coagula attorno ad un video inedito: Where the Lost Things Are. La videoproiezione del 2017 – Millennial Tears – ha segnato un momento importante nella ricerca di Aqua Aura che, parallelamente alle opere bidimensionali (che per comodità potremmo definire “fotografiche”), per le quali era conosciuto e apprezzato, ha sviluppato la sua ricerca anche attraverso nuovi linguaggi come video, video-scultura, animazione 3D e prototipazione computerizzata. Allo stesso modo, intorno al video Where the Lost Things Are, ancora una volta focalizzato sulla perdita dei paesaggi estremi della Terra e, in particolare, sul drammatico scioglimento della calotta artica, si è sviluppato l’intero progetto espositivo che comprende opere storiche e diversi inediti. I Musei Civici d’Arte Antica e la Comunità Ebraica di Ferrara hanno accolto con interesse la nostra proposta e ci hanno consentito di svilupparla in due spazi ricchi di storia e memoria.
Anche in questa occasione la mostra si suddivide in due sedi: la Palazzina Marfisa d’Este e la Sinagoga Grande della Scola Italiana. Quali sono i contenuti specifici presentati rispettivamente in una e nell’altra sede?
Serri: All’interno della villa estense, un tempo abitata dalla principessa Marfisa, l’allestimento procederà parallelamente al concatenarsi delle stanze. In ogni sala sarà allestita un’opera o un gruppo di opere afferenti alla stessa serie: dai lavori storici come Scintillation e Empty Spaces (qui presentati in una nuova forma), alle video-sculture Shelters: on the very nature of light, cui si associano gli iceberg inediti della serie The Cages, animati da un volo di farfalle, fino alle serie Museum Highlights, al video Where the Lost Things Are, cuore pulsante della mostra, e alla prima opera del ciclo The Farewells Rooms, che verrà presentata nel corso dell’esposizione. Nella Sinagoga Grande della Scola Italiana sarà, invece, installato il video Millennial Tears. Dopo l’esperienza di Reggio Emilia, sarà ancora una volta una Sinagoga ad ospitare l’opera, scaturita da una visita nel Sacrario del Museo Yad Vashem di Gerusalemme, maturata tra i ghiacci islandesi ed espressamente dedicata alle comunità ebraiche.
Da sottolineare è l’apertura, per la prima volta all’arte contemporanea, della Sinagoga Grande della Scola Italiana: che significato ulteriore ha rispetto al progetto espositivo in generale e, nello specifico, per l’opera pensata per questo luogo?
Maria Letizia Paiato: L’opera di cui parliamo è il video Millennial Tears, già ospitato nel 2017 alla Sinagoga di Reggio Emilia. Il progetto, pertanto, trova a Ferrara una sorta di continuità come riflessione sul tema della cultura e dove la Sinagoga della Scola Italiana rappresenta uno dei luoghi imprescindibili per la storia della città. Pensiamo a Bassani, per esempio, che con eleganza narra dei Finzi Contini descrivendo una famiglia le cui radici, oltre a quelle ebraiche, si riconoscono anche nei luoghi della città stessa, così come mise in evidenza il grande Vittorio De Sica nell’omonimo film del 1970. Ecco, Millennial Tears parla astrattamente di queste doppie componenti culturali che appartengono a questo luogo e a ciascuno di noi, invitando simultaneamente alla scoperta della Sinagoga di Ferrara, troppo poco conosciuta dalla comunità cittadina stessa e chiusa dal 2012 per via del terremoto. Con questa mostra essa si riapre alla città e non solo. Che si decida di farlo con il linguaggio dell’arte contemporanea, significa semplicemente essere consapevoli del tempo presente in cui si vive.
Quale legame caratterizza la ricerca di Aqua Aura e la storia delle comunità ebraiche? Che riflessioni suscita nello spettatore?
Serri: Aqua Aura ha studiato e “frequentato” per ragioni personali la cultura ebraica, approfondendone gli aspetti storici e dottrinali. Nel 2017, guidato anche da una forte componente ambientalista, ha individuato nel ghiaccio una possibile capsula del tempo, custode di memorie e attese. Da qui, il parallelismo tra storia millenaria delle comunità ebraiche e l’eredità ambientale della Terra, segnata dal progressivo scioglimento dei ghiacciai. L’ulteriore domanda che l’artista si pone – e ci pone – con il video Where the Lost Things Are è la seguente: quanto tempo rimane al nostro pianeta?
Il tema generale è quello del “paesaggio”, come viene affrontato e come si inserisce nella ricerca dell’artista?
Paiato: Il primo riferimento, che si evince anche nel titolo, è nella teoria di Lisa Randall sull’universo pluridimensionale. Da qui si dipana un discorso sulla rappresentazione della natura che conduce lo spettatore, opera dopo opera, verso una rivelazione (la connessione con la storia del genere in tal senso è fortissima) la quale si chiude con una serie di possibili domande: Cosa resta del Sublime? Cosa documenta veramente il reale? Fino a porre, nell’osservazione dei fenomeni naturali, riflessioni di matrice ecologica che aprono a loro volta la strada a meditazioni filosofiche sull’uomo contemporaneo.
Quali nuovi e inediti lavori sono presenti nelle mostre? Ce li raccontate brevemente?
Serri: Come dicevamo sarà presentato in anteprima il video Where the Lost Things Are: alcune inquadrature in esterno anticipano un piano sequenza ambientato in un magazzino industriale, dentro al quale si è testimoni di un evento enigmatico, innescato da un paesaggio glaciale che genera l’antico sentimento della meraviglia, con finale a sorpresa. Accanto al video, ci saranno le video-sculture in resina sintetica della serie The Cages, caratterizzate da un volo di farfalle che ci porta ad interrogarci sulla caducità della vita, e le composizioni fotografiche della serie Museum Highlights, musealizzazione impossibile di elementi che fanno parte della natura e del freddo, rilanciati dall’artista come oggetto estetico tendente al sublime. Nel corso della mostra, ci auguriamo, inoltre, di poter presentare il primo video della serie The Farewells Rooms, che ripercorre gli ultimi istanti di vita dell’essere umano: pochi secondi dilatati, immersi in una luce etera. Un lento lasciare che si contrappone allo struggente canto d’addio che troviamo in Where the Lost Things Are e, ancora prima, nella fragorosa caduta del ghiaccio in Millennial Tears.
I vostri testi hanno preso due indirizzi differenti, pur complementari, in uno si parla di “spazio” (Maria Letizia Paiato) e nell’altro di “tempo” (Chiara Serri), che letture avete dato delle opere di Aqua Aura? Ci date una traccia della vostra visione?
Paiato: Pensiamo a uno dei concetti Rinascimentali per eccellenza: La Città Ideale. In esso si spiega con semplicità l’essenza dell’Umanesimo. Seppure assente sia l’uomo si parla di esso, perché si parla della sua presenza misurabile nello spazio. Nelle opere di Aqua Aura l’uomo non c’è mai eppure è lui il protagonista. È come se, per certi aspetti, l’artista mostrasse l’idea di un nuovo e contemporaneo Umanesimo.
Serri: Tutte le opere esposte si potrebbero leggere come un tentativo estremo per preservare e conservare la natura, anche attraverso processi di musealizzazione o ricostruzione onirica, tesi a tramandare quella forma di bellezza che ci avvicina al senso del sublime, all’assoluto, al divino. Nelle mani di Aqua Aura, l’ultimo ghiaccio diventa oggetto estetico, opera d’arte capace di fermare il tempo, anelando all’eternità.
Cosa sono i “paesaggi curvi”? Cosa intendete riassumere questo titolo?
Paiato: Lo abbiamo già accennato. Esso si riferisce al volume e alla teoria di Lisa Randall sull’universo pluridimensionale, prima donna, ricordiamolo, a ottenere una cattedra al dipartimento di Fisica all’Università di Princeton, e a quello di Fisica teorica al Mit e ad Harvard. Abbracciando questo concetto, ossia quello delle dimensioni nascoste che sfuggono alla nostra percezione, Aqua Aura mette in luce, attraverso l’esercizio artistico, i limiti estremi della conoscenza umana, sicché per dirla alla Picasso: L’arte è [più che mai in questo caso] quella bugia che ci fa realizzare la verità.
Come si deve porre il pubblico rispetto al tema della mostra e alle opere presenti? Come vanno “lette” e “affrontate”?
Paiato: Basta lasciarsi condurre dalle opere stesse, accogliendo in primo luogo il dato estetico ed emotivo che esse generano. Non bisogna avere paura della bellezza, semmai ci dobbiamo riabituare a riceverla, avendola per troppo tempo – probabilmente – esclusa dall’esercizio del vedere. In questa contemplazione nasce spontaneo chiedersi cosa stiamo osservando e saranno le opere stesse a offrirsi come risposte, secondo un viaggio narrativo e visuale che dalla filosofia conduce alla fisica, fino ad agganciare il tema più strettamente legato all’ecologia. Le opere, pertanto, più che essere lette, vanno vissute.
Serri: Oltre a quanto riportato correttamente da Letizia, aggiungerei che le opere vanno “sentite”, in quanto il tappeto sonoro di alcune di esse crea una naturale predisposizione all’ascolto e alla visione. A volte il nostro battito cardiaco si allinea con il “respiro” del video o della scultura al punto che diventiamo un tutt’uno con il lavoro.
Che esperienza rimane, alla fine, al visitatore?
Paiato: Questo è davvero difficile da dire. La comprensione o meno di un’opera o di una intera esposizione rimane, in ultima analisi, sempre legata alla percezione e alla sensibilità personale. Se l’arte ha una funzione nella contemporaneità, forse questa risiede nel sollecitare un’etica del dubbio, sicché ci auguriamo che il visitatore esca da questa esperienza non con delle risposte ma con nuove domande.
Aqua Aura. Paesaggi Curvi
a cura di Maria Letizia Paiato e Chiara Serri
in collaborazione con i Musei Civici d’Arte Antica; Comunità Ebraica di Ferrara
con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna; Comune di Ferrara; Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS)
con il sostegno di Co.O.Pe.Ra.Te. srl
catalogo Vanillaedizioni con prefazioni di Tiziano Tagliani, Sindaco del Comune di Ferrara; Andrea Pesaro, Presidente della Comunità Ebraica di Ferrara; testi critici di Maria Letizia Paiato e Chiara Serri
16 marzo – 16 aprile 2019
Inaugurazione sabato 16 marzo ore 18.00
Sinagoga Grande della Scola Italiana
Via Mazzini 95, Ferrara
Orari: mercoledì e giovedì 15.00-19.00; venerdì 10.00-13.00 e 14.00-17.30; domenica 10.00-13.00 e 15.00-19.00
Ingresso libero
16 marzo – 5 maggio 2019
Palazzina Marfisa d’Este
Corso della Giovecca 170, Ferrara
Orari: da martedì a domenica 9.30-13.00 e 15.00-18.00; chiuso il lunedì; Pasqua chiuso, aperto Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio
Ingresso intero €4.00; ridotto €2.00 (gruppi 15 persone, oltre i 65 anni); gratuito fino ai 18 anni.
Info: Servizio Informazioni e Prenotazioni Ferrara Mostre e Musei
+39 0532 244949
diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it
Comunità Ebraica di Ferrara
+39 0532 247004
comebraicafe@gmail.com