VENEZIA | 56. Esposizione Internazionale d’Arte | Padiglione della Repubblica di Albania | 9 maggio – 22 novembre 2015
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Intervista ad ARMANDO LULAJ di Gabriele Salvaterra
È già molto conosciuto per essere uno degli artisti albanesi contemporanei più significativi. In Italia ci sono state più occasioni di vederlo nelle diverse mostre che lo hanno coinvolto. Nei suoi video, episodi di storia recente diventano occasione per riflettere sui sistemi di potere oppressivi e su delicati rapporti di conflitto internazionale. Armando Lulaj (Tirana, 1980) è l’artista che rappresenta l’Albania alla 56.Biennale di Venezia con il progetto Albanian Trilogy. In questa intervista ci parla di alcuni dei nodi concettuali del suo intervento.
“Solo un’altra mostra”. Così nel 1968 Pino Pascali commentava la sua partecipazione alla Biennale. Cos’è per te questa chiamata?
Direi semplicemente “Just another call”.
Okwui Enwezor ha lanciato il tema All the world’s futures, dando alla Biennale un’impostazione in progress. Hai tenuto conto del tema del Padiglione Centrale mentre progettavi il tuo intervento?
In realtà dopo mesi di lavoro con Marco Scotini, abbiamo proposto il tema del Padiglione albanese nell’ottobre 2014, quando abbiamo vinto il concorso: la prima e unica vera “open call” del Ministero della Cultura Albanese. Ciò avveniva quindi prima dell’annuncio fatto da Enwezor. Subito dopo ci siamo resi conto che il tema della Biennale di quest’anno combacia molto con il progetto che presentiamo. Il tema della storia, della memoria e Il Capitale stesso verranno presentati nel Padiglione albanese attraverso trasformazioni, livelli d’interpretazione, strutture monumentali e stratagemmi subdoli.
Ce ne puoi parlare più approfonditamente? Ti affidi totalmente al video o hai inserito anche altri elementi nella tua opera?
Il concetto della Guerra Fredda è centrale nei lavori che presento, perché tutti e tre i film prendono spunto da incidenti o fatti assurdi di quei tempi. Questi fatti, in cui sono stati coinvolti Russia, Cina e America, ci portano a pensare non al passato ma al presente e direi anche più al futuro. Oltre ai video ci saranno diversi elementi monumentali o documenti che fanno parte dei film, materiali d’archivio e oggetti importanti della trilogia.
Oltre a It Wears as It Grows (2011) e NEVER (2012) presenterai una nuova produzione, di cosa si tratterà?
Si tratta di un altro lavoro video, l’ultimo che chiude il cerchio della trilogia. Il suo titolo è Recapitulation e racconta l’atterraggio del pilota americano Maggiore Howard J. Curran, avvenuto nel 1957 all’aeroporto di Rinas, vicino Tirana.
I temi della storia, della politica, della memoria e della rimozione fanno parte da sempre del tuo linguaggio e credo anche che siano estremamente attuali. Pensi che la storia ancora viva dell’Albania possa dare spunti profondi per il pubblico internazionale?
Penso proprio di sì. Il territorio, la posizione, la situazione politica ed economica subìta dagli albanesi, la geopolitica stessa, giocano un ruolo fondamentale nella sfera internazionale. Queste storie, raccontate nei video, anche se lasciate in sospeso, sono simboli per dimostrare qualcosa che è già presente ma che si svilupperà di più nel futuro. Sono come le gemme di un albero spezzato che cerca di generare nuove foglie.
La Biennale è spesso kermesse modaiola e confusionaria, mentre il tuo intervento si definisce per essere profondamente politico. Come vorresti che reagisse il pubblico?
Definirei il mio intervento da un lato molto politico ma dall’altro monumentale e giocoso. Per quanto riguarda il pubblico personalmente non mi interessa come reagirà, perché a quello modaiolo io non potrò mai dire nulla. Secondo me il problema non è il pubblico ma gli artisti stessi! Non c’è niente di peggio che vedere artisti nel ruolo di “compositori di corte” al servizio della politica e del sistema. Spesso il padiglione lo fanno artisti di questo tipo e così si genera chiaramente un significato problematico di “nazione” che è incorporato nel concetto stesso della Biennale. Oggi vedi artisti affermati fare questo, seguiti nel loro esempio dalle giovani generazioni. Così mi domando: “Perché non fare il guastafeste per vedere cosa può succedere?”.
In che cosa consiste la strategia subdola (A Series of Devious Stratagems) che presenterai?
È una ripetizione del crimine che regge il mondo. Il progetto è un parallelismo tra ciò che è stato e ciò che viviamo oggi. Una ripetizione che, come dice Marco Scotini, non agisce soltanto per creare differenze ma più che mai contro il tempo, per evidenziare similitudini.
Come artista continui a vivere e lavorare a Tirana. Come valuti il sistema artistico italiano e questo sprazzo di globalità che si può osservare alla Biennale?
Tirana è il posto peggiore per un artista e per questo mi piace. Per quanto riguarda l’Italia direi che per molti artisti contemporanei la mediocrità sta diventando la norma, forse anche perché c’è una grande percentuale di collezionismo mediocre.
Stai già pensando al post-biennale? Su cosa stai lavorando?
Sto lavorando a tanti progetti ma forse sarò morto domani… o forse riceverò “another fucking call”.
Armando Lulaj
Albanian Trilogy: A Series of Devious Stratagems
Curatore: Marco Scotini
9 maggio – 22 novembre 2015
56. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia | Padiglione della Repubblica di Albania
Arsenale, Venezia